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Nuova DeLorean DMC-12: al via le prenotazioni

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Se la DeLorean DMC-12 è l’auto dei vostri sogni, meglio affrettarsi: si sono aperte da pochi giorni le prenotazioni online per ordinare una delle ‘nuove’ vetture che entreranno in produzione nel 2017. Poche per la verità: si parla di 300 esemplari fino al 2021.

Come i lettori di Ruoteclassiche sapranno (ne abbiamo parlato nel numero di giugno 2016) la sfortunata auto anglo-Usa-francese-irlandese divenuta una icona grazie alla trilogia di “Ritorno al futuro”, sarà ricostruita a Houston, in Texas, a partire dal prossimo anno con i fondi di magazzino della fallita DeLorean. Una sorta di DMC-12 identica all’originale tranne che nel motore e in alcune parti. A produrla la società DeLorean Motor Company, rinata sulle ceneri della precedente per iniziativa di Stephen Wynne, un ex meccanico restauratore di Liverpool trasferitosi in California nel 1980 e poi in Texas.

L’operazione è resa possibile grazie al Motor Vehicle Manufacturers Act, una legge statunitense approvata nel dicembre 2015 che consente alle piccole imprese di avviare una ridotta produzione di “repliche” di vetture con almeno 25 anni di età, fino al massimo di 500 unità. A condizione che soddisfino gli standard tecnici del Clean Air Act Usa. Ovvero, che siano dotate di motori in linea con le emissioni di legge attuali.

Per ovvie ragioni la “nuova” DMC-12 non potrà quindi montare l’originale V6 di 2,8 litri e 130 Cv prodotto da Peugeot/Renault/Volvo. Non è però ancora stato svelato quale sarà il nuovo motore. Wynne lo rivelerà entro novembre quando svelerà il primo prototipo della nuova vettura, insieme al costo di listino, che dipenderà dalla scelta del motore. L’intenzione di Winne è di riuscire a fissare un prezzo compreso tra gli 80.000 e i 100.000 dollari, tenendo presente che una DeLorean originale in eccellenti condizioni viene quotata a poco più di 40 mila euro (con tutte le limitazioni tecniche e di circolazione dei modelli storici).

“Stiamo trattando con quattro aziende e penso che arriveremo a una decisione nei prossimi mesi” aveva detto Wynne a Ruoteclassiche senza sbilanciarsi su un nome. Che sia un motore Ford, General Motors, Chysler o elettrico però poco importa: per i puristi sarà sempre una replica anche se costruita dalla stessa Casa automobilistica e con 2.800 componenti originali (solo il 20 per cento dei componenti sarà rinnovato). Per l’esercito di appassionati di questo modello si tratta invece una rinascita, di un ritorno alla vita con prestazioni più consone allo stile di questo modello. E proprio per questo è probabile che ci sarà una corsa all’acquisto della nuova produzione.

Disegnata da Giorgetto Giugiaro su telaio Lotus, la DMC-12 è stata penalizzata da difficoltà economiche di ogni sorta, ritardi nella produzione, l’arresto del titolare dell’azienda John DeLorean con l’accusa di spaccio di droga, fino al fallimento dell’azienda stessa (lo stabilimento produttivo era in Irlanda). Il primo prototipo De Lorean apparve infatti alla fine del 1976 e solo nel 1981 venne prodotta la prima vettura. Nel 1983, con una produzione di 9200 unità la DeLorean cessò praticamente di esistere.

Gilberto Milano


Tissot: il tempo sportivo tra le storiche di Loris Kessel

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Tissot, Kessel, motorsport, vetture storiche. Sono tutte facce della stessa medaglia. Il marchio svizzero ha un solido legame con il mondo delle competizioni: iniziò negli Anni 60 ma ebbe il suo periodo migliore a partire dal ’76, anno del suo ingresso in F1 come sponsor di Loris Kessel. Oggi, con Kessel Racing e Kessel Classic, Tissot è in prima fila nel motorismo sportivo con le auto d’epoca (nel 2016 una doppia vittoria: con la Renault Alpine A110 al rally storico di Montecarlo – Kessel/Perfetti – e con una Ensign al Grand Prix Monaco Historic con al volante l’ex F1 Alex Caffi).

TISSOT NELLE CORSE
Sono oltre 50 anni che Tissot dichiara la sua passione per l’automobilismo sportivo. Nel 1965 il marchio svizzero creò il PR 516, già allora pensato per richiamare, nello stile, l’universo automobilistico (gli indici fluttuanti sul quadrante ispirati alle strumentazioni, il bracciale forato idealmente accostato alle parti strutturali alleggerite). Verso la fine egli Anni 60 questo modello era al polso dal rallysta Henry Bradley, icona del motorismo sportivo sudamericano.

Nel ’68 Tissot entrò ufficialmente nel motorsport avviando una collaborazione con Renault e nel ’76, in partnership con Bertone, nacque il Tissot Stratos, pioniere tra i quarzi a cristalli liquidi. In quel periodo Tissot entrò in Fomula 1 scegliendo come testimonial un giovane Loris Kessel, promessa della classe regina dell’automobilismo sportivo. E non passò molto tempo prima che una nuova idea si concretizzasse. E’ infatti del 1978 il Tissot F1, modello declinato in numerose versioni.

Fu proprio Tissot che, credendo in Kessel, diede la possibilità al pilota ticinese di entrare nel circus e, successivamente, di rimanere nel settore come imprenditore: titolare di un concessionario Ferrari per la Svizzera italiana. Oggi Kessel, guidata dal giovane Ronnie, figlio di Loris, è una realtà internazionale con un importante ruolo anche nel motorsport e nel settore delle storiche (argomento Ferrari, naturalmente!).

Nel 1987 Tissot si legò al Team Lotus di Colin Chapman (piloti Andretti e Reutemann), già sponsorizzato Martini. Da questa triangolazione derivò il Tissot Martini Racing, cronografo al quarzo con misurazione dei tempi parziali al decimo di secondo. La relazione tra Tissot e Martini era, in quel periodo, attiva già da molti anni: le due aziende erano stati insieme nel ’74 sulla carrozzeria di una Porsche 911 Carrera RS alla 24 Ore di Le Mans.

TISSOT OGGI
Questo percorso storico non si è interrotto ma rivive nei modelli delle collezioni attuali. Il PRS 516 ne ha raccolto il testimone: proposto con movimento al quarzo o automatico, versione “solo tempo” o cronografo, presenta gli stessi tratti dell’illustre predecessore. In versione automatica propone un movimento modificato, con autonomia di carica quasi raddoppiata rispetto all’architettura di base. Il modello al quarzo dispone di tecnologia Powerdrive (migliora il funzionamento del cronografo) e Precidrive (meno di 10 secondi di scarto l’anno). Le stesse caratteristiche tecniche sono riproposte nella collezione V8, un altro modo, per Tissot, con cui raccontare una grande passione per i motori ma strizzando l’occhio alle atmosfere vintage.

Tradizione e innovazione, infine, si fondono nella collezione di punta, Chemin de Tourelles (dal nome della via dove tuttora è stabilita la storica sede dell’azienda). A contraddistinguere i modelli di questa linea è il movimento meccanico-automatico Powermatic 80. E’ caratterizzato da una ampia riserva di carica ma fa del buon rapporto qualità/prezzo uno dei suoi valori fondanti.

Alvise-Marco Seno

Classiche d’Oltremanica, un mercato milionario

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Sembrano numeri da report finanziario e invece sono solo alcuni dei risultati del National Historic Vehicle Survey 2016, frutto del sondaggio su un campione di popolazione unito all’analisi di dati ufficiali effettuati dalla Federazione dei veicoli storici inglese che ogni 5 anni si dedica a fotografare “lo stato delle cose” d’Oltremanica legato alle classiche.

Business, valori economici ma anche passione in senso allargato. L’edizione 2016 del report fotografa la realtà fatta di auto registrate come veicoli storici (1.039.950 per l’esattezza, di cui 512.498 auto, 124.812 bus, van o camion, 105.703 mezzi agricoli o da lavoro e 298.936 motociclette) e pareri su questo mondo raccolti tra coloro che auto non ne possiedono ma sono interessati al tema. E qui si arriva a numeri e considerazioni sorprendenti: ben 8.2 milioni di abitanti in Inghilterra sono interessati al tema auto classica e prevedono di leggere notizie che li riguardano partecipando a eventi o semplicemente sono felici di vederle su strada.

Addirittura 23 milioni, vale a dire quasi 1 abitante su due, vedono le auto storiche come parte della tradizione del paese e pensano che debbano essere preservate in futuro come memoria storica. Un dato davvero eclatante che fa capire come le classiche siano davvero parte del patrimonio culturale della nazione. Passione, affetto e tradizione che poi si traduce in altre considerazioni che emergono scorrendo le pieghe di numeri e risposte date da proprietari e cittadini comuni su base demoscopica: ben 16 milioni di cittadini sarebbero favorevoli a vederle girare su strada piuttosto che chiuse in museo.

Il valore complessivo del parco classiche inglese ammonta a 17.8 miliardi di sterline, normale quindi che l’84% trovi sicuro ricovero in garage ma non solo: in tempi di crisi economica fa piacere notare che l’indotto legato a compravendite, manutenzione, eventi e altro ancora produca 34.900 posti di lavoro, con molti operatori che si lamentano di non trovare abbastanza manodopera giovane e qualificata.

Fin qui i dati attuali, ma come spesso accade, per rendersi conto del quadro evolutivo meglio mettere in fila i risultati del 2016 con quelli delle precedenti analisi: i partecipanti a eventi e attività di club sono passati in soli 10 anni da 1.1 milioni a 5,5 milioni. Il numero di veicoli storici che nel 2011 era pari a 850.000 ora arriva a 1.039.950 e il giro d’affari complessivo e’ passato da 1.6 milioni di sterline a oltre 5,5. E il futuro? Secondo il 54% dei commercianti il business legato alle storiche crescerà ancora.

Luca Pezzoni

I Sepolcri: dove riposano i grandi dell’auto

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A Modena Enzo Ferrari giace nella tomba di famiglia insieme ai suoi cari, a pochi passi da Alejandro de Tomaso. Sempre a Modena riposa anche un altro grande dell’automobilismo: Gigi Villoresi, milanese di nascita ma modenese di adozione. A Milano le ceneri dei protagonisti  del mondo dell’auto sono conservate invece al Cimitero Monumentale, dove sono custodite quelle di Antonio e Alberto Ascari, Giancarlo Baghetti e  Giuseppe Campari mentre nel cimitero di Lambrate, sempre a Milano, si trova la tomba di Lorenzo Bandini.

Un milanese d’adozione che ha reso celebre nel mondo la città lombarda, Nicola Romeo, ha scelto invece per sé e la sua famiglia la pace del cimiterino di Magreglio, con una splendida vista sul Lago di Como, a fianco del celebre Santuario della Madonna del Ghisallo, tanto cara agli appassionati di ciclismo. Anche Vincenzo Lancia, fondatore in questi giorni di 110 anni fa della azienda di famiglia (ne parliamo ampiamente nel numero di novembre di Ruoteclassiche) ha voluto essere sepolto nella sua amata Fobello, un paesino di poche anime all’estremità della Valsesia, dove non si arriva per caso.

Molti di coloro che in questi giorni si recano a far visita ai propri cari forse non sanno che tante personalità giacciono a pochi metri dai loro defunti. E molti altri vorrebbero rendere omaggio a chi li ha avvicinati in modo indissolubile alla passione per l’auto ma non sanno dove riposano. È a questi appassionati che abbiamo pensato nel redigere l’elenco dei ‘sepolcri ‘ proposto qui di seguito. Un elenco sicuramente incompleto che ha il solo scopo di suggerire un modo diverso di ricordare le celebrità dell’auto che non ci sono più.

FIRENZE
CIMITERO DI TRESPIANO
-Clemente Biondetti

FOBELLO (VC)
-Vincenzo Lancia

LODI
CIMITERO MAGGIORE
-Eugenio Castellotti

MAGREGLIO (CO)
-Nicola Romeo

MANTOVA
Tazio Nuvolari

MILANO
CIMITERO MONUMENTALE
-Alberto Ascari
-Antonio Ascari
-Giancarlo Baghetti
-Giuseppe Campari

CIMITERO DI LAMBRATE
-Lorenzo Bandini
-Gioacchino Colombo

MODENA
CIMITERO DI SAN CATALDO
-Enzo e Dino Ferrari
-Alejandro De Tomaso

-Gigi Villoresi

MOLVENO (TN)
-Attilio Bettega

MONZA
-Vittorio Brambilla

ROMA
CIMITERO DEL VERANO
-Elio De Angelis
-Ignazio Giunti

TORINO
CIMITERO MONUMENTALE
-Carlo Biscaretti di Ruffia

-Pietro Bordino
-Nino Farina
-Vittorio Jano
-Giovanni Michelotti
-Biagio Nazzaro
-Battista ‘Pinin’ Farina
-Sergio Pininfarina
-Andrea Pininfarina
-Ludovico Scarfiotti
-Vittorio Valletta

VERONA
CIMITERO MONUMENTALE
-Luigi Musso

 

ALL’ESTERO
Jim Clark –
Chirnside Parish Church Cemetery – Chirnside – Scozia
Manuel Fangio Balcarce (Buenos Aires) – Argentina
Graham Hill Cimitero di Saint Bololph -Shenley  – (Hertfordshire) – UK
Phil Hill Cimitero di Woodlawn – Santa Monica (California) – Usa
James Hunt Putney Vale Cemetery – Wimbledon (Londra) – UK
Bruce McLaren Waikumete Cemetery – Auckland – Nuova Zelanda
Clay Regazzoni Cimitero di Porza (Lugano) – Svizzera
Jochen Rindt
Cimitero Centrale di Graz (Austria)
Ayrton Senna Cimitero di Morumbi – San Paolo – Brasile
Gilles Villeneuve Cimitero di Berthierville (Québec) – Canada

“Roadbook” al Posche Museum di Stoccarda

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“Roadbook. The Porsche Museum on the road around the world” è il titolo di una nuova mostra inaugurata il 30 ottobre (fino al 23 aprile 2017) al museo ufficiale della Casa di Stoccarda. L’esposizione – con 21 esemplari – racconta l’impegno delle vetture della collezione del museo in giro per il mondo come ambasciatrici del brand.

Alle automobili che compongono la collezione del Museo Porsche di Stoccarda è affidato l’onore – onere di raccontare storia, filosofia, conquiste tecnologiche, innovazioni e vittorie in gara dell’azienda nei suoi quasi 70 anni di storia. Ma l’impegno e lo sforzo vanno ben oltre l’intensa attività degli spazi museali. La sede di Porsche Platz 1, infatti, è certamente il quartier generale da cui si irradia il messaggio culturale del marchio Porsche nei cinque continenti. Ma, in realt-, ogni vettura ha una sua “missione” ai quattro angoli del pianeta come “ambasciatrice” del brand.

La nuova mostra Roadbook. The Porsche Museum on the road around the world, inaugurata il 3o ottobre e in programma fino al 23 aprile, racconta l’attività delle macchine del Museo nel mondo: oltre 200 automobili Porsche impiegate per 365 giorni l’anno in oltre 30 Paesi per le più svariate iniziative organizzate dalla Casa Madre o dalle sue realtà nazionali.

L’iniziativa ha raggruppato 21 modelli, accompagnati da una serie di fotografie che documentano il loro impegno. Tra le protagoniste l’esemplare di 911 2.0 “Around the World“ del 1966 che nel 2013 festeggiò i 50 Anni della 911, la 911 Carrera RSR utilizzata alla Targa Florio in Sicilia, la 911 SC Targa del Top City China Rally e la 356 A 1600 Speedster che ha partecipato alla California Mille in America.

C’è un mondo attorno a ognuna di queste vetture Porsche, un’organizzazione molto complessa che si occupa di loro in qualsiasi istante del loro viaggio: pianificazione, assegnazione all’equipaggio che la piloterà (quasi sempre personaggi del mondo dello spettacolo, della cultura e dello sport), assistenza in tempo reale per permettere alla macchina di essere sempre efficiente. Ogni destinazione, quindi, è una vera sfida: strategica e logistica.

Alvise-Marco Seno

Audi: 17 anni di dominio con le Sport Prototipo

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Nella seconda metà degli Anni 90 tutte le principali Case automobilistiche mondiali erano impegnate nelle massime categorie delle competizioni a ruote coperte, che continuavano a opporre i prototipi alle vetture GT in differenti stadi di modifica rispetto alle versioni stradali. Così nelle classi LM P1 e P2 e GT1 e GT2 si davano battaglia BMW, Ferrari, McLaren, Mercedes, Nissan, Panoz, Porsche e Toyota. Per tutte, un obbiettivo più importante della vittoria stessa di un campionato: il successo alla 24 Ore di Le Mans, la madre di tutte le corse. McLaren, sotto il diluvio, aveva vinto nel ’95 con la F1, TWR-Porsche nel ’96 e ’97 e Porsche nel ’98 con la 911 GT1.

In questa lotta di giganti decise di scendere in campo anche l’Audi. La casa dei Quattro Anelli poteva vantare heritage e know-how consistenti nelle competizioni: i Grand Prix negli Anni 30 con le mostruose Auto Union; i rally nei primi Anni 80 con la Quattro e la Sport Quattro S1 a trazione integrale; la Pikes Peak; le gare Trans-AM e le competizioni IMSA (in quest’ultimo caso con la 90 da 700 cavalli) in America e la serie Turismo in Europa. Con un ricco palmares, con una incisiva offensiva della concorrenza e con l’imminente nascita nell’American Le Mans Series in USA e Canada (ispirandosi ai principi della 24 Ore di Le Mans e in partnership con l’Automobile Club de l’Ouest – organizzatore della Classica francese), ce n’era abbastanza per “aggredire” anche la categoria dei prototipi e tentare nuovamente di giocare un ruolo da protagonista

1999: R8R e R8C
La classe GT1 era stata creata dagli organizzatori di Le Mans come raggruppamento per automobili stradali debitamente modificate per la pista. In realtà l’esito era stato diverso e le GT1 erano auto da corsa in tutto e per tutto e da cui veniva ricavato “qualche” esemplare con una minima configurazione stradale. Per il ’99, allora, i regolamenti cambiarono: via la GT1 per dare avvio a due nuove classi: GTS e LMGTP (quest’ultima raggruppava le “ex” GT1 ma sotto il regolamento dei prototipi e senza l’obbligo di poterne derivare versioni stradali).

Audi iniziò la progettazione di una barchetta che sarebbe stata affidata in costruzione alla Dallara e sarebbe scesa in pista nel 1999, gestita dall’esperta scuderia Joest Racing. Nello stesso tempo, però, dovette tenere in considerazione l’esito della 24 Ore di Le Mans del ’98, vinta dalla Porsche con la 911 GT1 con carrozzeria chiusa. Desiderando, quindi, tenersi aperte più opportunità, commissionò alla RTN (Racing Technology Norfolk) la realizzazione di una versione coupé della stessa vettura.

Le nuove Audi R8R (“Roadster”) e R8C (Coupé) erano entrambe basate su una struttura telaistica in fibra di carbonio e con un motore V8 biturbo di 3,6 litri. Differivano, tuttavia, in modo sostanziale dal punto di vista dell’aerodinamica. La barchetta, infatti, avendo una peggiore aerodinamica, poteva montare soluzioni più estreme. Quest’ultima fu completata in anticipo rispetto alla R8C e portò regolarmente a termine lo sviluppo. Debuttò alla 12 Ore di Sebring del ’99 mostrando un grande valore e riuscendo a concludere al terzo posto assoluto.

Diversamente andò per le R8C, che furono pronte solo per Le Mans e nemmeno senza aver potuto svolgere un adeguato programma di test. Sulla Sarthe le R8R della Joest Racing si qualificarono in 9° e 11° posizione alla partenza ma in gara furono all’altezza dei concorrenti e agguantarono un 3° e 4° posto finale (vittoria della BMW V12 LMR). Negativo, invece, fu l’esito della gara per le R8C dell’Audi Sport UK, minate da problemi di stabilità alle alte velocità e, durante la corsa, da noie al cambio che le costrinse entrambe al ritiro.

2000: NASCE L’R8
Il risultato della 24 Ore e la decisione da parte di gran parte delle case di abbandonare la classe LMGTP fornì l’assist per chiudere il programma della R8C (che fu “salvato” dalla Bentley e sulle cui ceneri nacque la EXP Speed 8, vincitrice della 24 Ore di Le Mans del 2003) e sviluppare la promettente R8R.

La nuova Audi R8 dell’Audi Sport Infineon Team Joest debuttò (e vinse) a Sebring ma, soprattutto, regalò ai Quattro Anelli la prima vittoria alla 24 Ore di Le Mans: il trio Biela/Kristensen/Pirro giunse vittorioso al traguardo seguito da altre due vetture sorelle (affidate a Aiello/McNish/Ortelli e Abt/Alboreto/Capello).

Negli anni successivi, con piccole modifiche e aggiornamenti, l’Audi R8 vinse ancora alla 24 Ore di Le Mans: nel 2001 (Audi Sport Infineon Team Joest, Biela/Kristensen/Pirro), 2002 (Audi Sport Infineon Team Joest, Biela/Kristensen/Pirro), 2004 (Audi Sport Japan Team Goh, Ara/Capello/Kristensen) e 2005 (ADT Champion Racing, Kristensen/Letho/Werner). Permise, inoltre, la conquista di 7 titoli consecutivi (dal 2000 al 2006) dell’American Le Mans Series, dell’European Le Mans Series del 2001 e della Le Mans Series del 2004.

2006: CON LA R10 TDI INIZIA IL DOMINIO DEL DIESEL BY AUDI
Per cercare di contrastare il dominio Audi e aumentare l’indice di competitività con le altre marche, l’Automobile Club de l’Ouest (ACO) aggiunse una serie di successive modifiche ai regolamenti e che portarono – nel 2006 – allo sviluppo di un nuovo modello: R10 TDI.

La nuova macchina, ancora con carrozzeria barchetta, portava una serie di somiglianze con la sua progenitrice anche se, naturalmente, il progetto era completamente nuovo: il telaio – innanzitutto – era realizzato al 90% in casa; il passo era allungato il pacchetto aerodinamico differente ma, soprattutto, vide il debutto del motore Turbodiesel nelle gare Sport Prototipo. Non si trattava di una novità assoluta, tanto meno lo era per Le Mans (all’edizione del ’49 riuscì a qualificarsi una Delettrez Diesel, nel 2004 si ripeté con una Lola). Questo consisteva in un’unità 12 cilindri di 5,5 litri con 2 turbocompressori per complessivi – si dice – 700 cavalli.

Al suo debutto, la 12 Ore di Sebring del 2006, l’R10 TDI conquistò poleposition e vittoria. Considerato ancora non completato lo sviluppo, fu temporaneamente sostituita dalla “vecchia” R8 quantunque l’appuntamento di Le Mans fosse troppo importante per essere affrontato con la vettura dell’anno prima. L’R10 TDI dell’Audi Sport Team Joest, guidata da Biela/Werner/Pirro passò per prima sotto la bandiera a scacchi, seguita da una Pescarolo C60 e dall’altra R10 di Capello/Kristensen/McNish. Nel successivo mese di settembre l’R10 a gasolio vinse ancora la Petit Le Mans a Road Atlanta.

La stagione 2007 vide ancora la supremazia della R10 TDI sebbene forte fosse l’opposizione della nuova Porsche RS Spyder (soprattutto nelle gare americane) e della Peugeot, che con la 908 HDI schierava a sua volta una Turbodiesel. Ciononostante l’R10 TDI conquistò la vittoria alla 24 Ore di Le Mans per la seconda volta. Il successo sulla Sarthe (e la vittoria dell’Audi nel campionato Le Mans Series, al suo debutto ufficiale) fu ripetuto nel 2008 e, a fine stagione, seguì l’annuncio di un nuovo modello: L’R15 TDI.

2009: L’Audi R15 TDI
La nuova macchina differiva per l’utilizzo di un nuovo motore 10 cilindri, ancora ad alimentazione Turbodiesel e con cilindrata di 5,5 litri per una potenza di oltre 600 Cv. Tra le altre novità si segnalava la presenza di una batteria al litio per l’alimentazione dell’impianto elettrico. Grazie alla presenza di un motore più compatto, spostato più in avanti, l’R15 risultava più equilibrata dal punto di vista dinamico.

Le R15 del team Joest debuttarono a Sebring nel marzo 2009 dove conquistarono la vittoria. Peugeot, tuttavia, rovinò i piani dell’Audi alla successiva 24 Ore di Le Mans: le 908 HDi FAP trionfarono alla classica francese rompendo il ciclo di vittorie consecutive dei tedeschi, che andava avanti dal 2004. Delle tre Audi schierate, due si ritirarono (per incidente) e l’unica superstite riuscì ad agguantare un terzo posto finale nonostante molti problemi.

2010: Audi R15 TDI Plus
L’anno successivo l’ACO ha organizzato l’International Le Mans Cup (3 gare in 3 continenti diversi: 6 Ore di Silverstone in Europa, Petit Le Mans in USA e 1000 km di Zhuhai in Asia). Nonostante i regolamenti avessero introdotto nuovi restrittori e pressione di sovralimentazione ridotta rispetto all’anno prima, il team dei progettisti ottenne, con la nuova R15 TDI Plus, praticamente la stessa performance del modello precedente migliorando il rendimento del motore e l’aerodinamica della carrozzeria.

La nuova macchina vinse alla 8 Ore di Le Castellet battendo l’Aston Martin, suo diretto inseguitore. Le Plus, quindi, trionfarono a Le Mans (prima, seconda e terza al traguardo) approfittando del disastro del loro principale oppositore: Peugeot dovette infatti assistere al ritiro di tutte e tre le macchine ufficiali. Nelle tre gare successive le tedesche dovettero soccombere di fronte alla forza delle avversarie francesi. Alla 12 Ore di Sebring del 2011 l’Audi R15 TDI Plus concluse la sua carriera con una vittoria.

2011, L’AUDI R18 TDI: RITORNO AL COUPE’
Seguendo le indicazioni delle nuove regole dell’ACO per il 2011, intese ad aumentare l’efficienza delle vetture e a limitare i consumi in favore di una coscienza maggiormente eco green, l’Audi R18 TDI è radicalmente evoluta rispetto alla R15, tecnicamente molto diversa: essa segna, innanzitutto, il ritorno alla carrozzeria chiusa, motore 6 cilindri a V (naturalmente Turbodiesel) con singolo turbocompressore e cilindrata limitata a 3,7 litri, telaio monoscocca in un solo pezzo (a differenza delle architetture precedenti, costituite da più pezzi uniti insieme), cambio a 6 marce con attuatori elettrici (al posto di quelli pneumatici).

Il debutto, alla 6 Ore di Spa-Francorchamps degli inizi di maggio, seconda gara nell’ambito della seconda stagione dell’Intercontinental Le Mans Cup (12 Ore di Sebring, 1000 KM di Spa, 24 Ore di Le Mans, 6 Ore di Imola, 6 Ore di Silverstone, Petit Le Mans e 6 Ore di Zhuhai), si concluse con un 3°, 4° e 5° posto dietro le Peugeot 908. Al successivo – fondamentale – impegno di Le Mans, R18 TDI dell’Audi Sport Team Joest conquistarono poleposition (non avveniva dal 2006) e vittoria finale (Fassler/Lotterer/Treluyer), precedendo ben tre Peugeot 908. Le francesi hanno quindi dominato il resto di stagione.

2012: SULLA R18 ARRIVA L’IBRIDO
Il 2012 ha visto la nascita del FIA World Endurance Championship, organizzato dalla FIA e dall’ACO, suddiviso in 4 classi (LMP1, LMP2, LMGTE Pro e LMGTE AM) e articolato in 8 gare. La più importante novità tecnica dell’R18 per la stagione è stata l’acquisizione del modulo ibrido per la propulsione: nella nuova serie hanno debuttato l’R18 TDI “ultra” e l’ancora più sofisticata R18 TDI e-tron quattro, quest’ultima caratterizzata dalla presenza di un sistema ibrido accoppiato al V6 3.7 Turbodiesel: un motore elettrico situato sull’asse anteriore (si ricarica in frenata) comanda le ruote motrici (entra in azione da 120 km/h) creando, di fatto, una trazione integrale. Novità tecniche hanno interessato anche la trasmissione (un nuovo cambio con scatola in fibra di carbonio) e la carrozzeria.

Nella massima categoria, l’LMP1, il campionato ha visto il dominio incontrastato dell’Audi, con la Toyota a recitare il ruolo di avversaria principale nella classe con un suo modello ibrido, la TS030 Hybrid. La casa tedesca ha vinto la prima edizione del WEC portando le R18 alla vittoria in cinque gare e, soprattutto, alla 24 Ore di Le Mans. In Francia le R18 ibride dell’Audi Sport Team Joest sono giunte prima, seconda e quinta, con il quarto esemplare, dell’Audi Sport North America in terza posizione (entrambe ritirate le Toyota).

Per il 2013 i tecnici Audi hanno portato l’R18 E-tron quattro a un nuovo livello di efficienza con piccoli miglioramenti di dettaglio alla vettura. Con un prodotto già straordinario, la Casa tedesca ha nuovamente trionfato nel campionato WEC e vinto ancora la 24 Ore di Le Mans.

2014: SI CAMBIA ANCORA
La principale novità della stagione 2014 ha riguardato l’ingresso di una limitazione di consumo, norma che ha incentivato lo sviluppo di soluzioni ibride. Questo ha portato a rivedere profondamente il progetto dell’R18. A prima vista “somiglia” all’auto che a vinto il campionato il FIA WEC 2013 e la 24 Ore di Le Mans. Il punto di partenza è il motore V6 TDI (i regolamenti hanno eliminato il limite di cilindrata), un benchmark fondamentale in termini di efficienza. Ma poiché il consumo medio di carburante avrebbe dovuto essere del 30% inferiore rispetto all’R18 E-Tron quattro 2013, sono stati progettati 2 sistemi ibridi: una Motor-Generator-Unit (MGU) che, in frenata, recupera energia cinetica e un’innovativa sovralimentazione elettrica con turbo collegato a un motore elettrico.

Il nuovo regolamento ha diviso la classe LMP1 in 3 sottoclassi: Le Mans Prototype 1-Hybrid (LMP1-H), 1-Lightweight (LMP1-L), and 2 (LMP2). Nel primo sotto-raggruppamento, L’Audi R18 e-tron quattro si così trovata affiancata alle Toyota e alla rediviva Porsche con la nuova 919 Hybrid.

La stagione del WEC ha visto la netta superiorità della Toyota (vincitrice finale del titolo Piloti e Costruttori) e l’ascesa della Porsche. L’Audi, tuttavia, ha ancora una volta messo il sigillo alla gara più importante, la 24 Ore di Le Mans (vittoria numero tredici).

2015 e 2016
Nel 2015 la nuova R18 e-tron quattro, finemente aggiornata nella meccanica (motore leggermente più potente e capace di un consumo leggermente inferiore) ha vinto le prime due gare del mondiale WEC (Silverstone e SPA) ma nel resto della stagione Porsche ha esercitato un dominio incontrastato, 24 Ore di Le Mans inclusa.

Quest’anno, nell’ultima stagione in cui Audi sarà presente nel campionato WEC, l’R18 TDI ancora rinnovata ha ottenuto un solo successo (Spa-Francorchamps) per la grande forza del team ufficiale Porsche, vero protagonista dell’anno.

Alvise-Marco Seno

Gratis con Ruoteclassiche di novembre l’allegato “Tempo”

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Lo scorso anno è nata l’idea di regalare ai nostri lettori un allegato dedicato agli orologi, convinti che gli appassionati di motori (e genericamente di meccanica) potessero essere interessati anche ai… “segnatempo”. E il successo raccolto dalla nostra iniziativa è stato tale da indurci a ripetere l’esperimento anche nel 2016: arriva quindi in edicola, allegato gratuitamente a Ruoteclassiche di novembre, il nuovo Speciale “Tempo”. In tutto, 64 pagine e otto marchi d’alta orologeria orgogliosi di vantare una solida presenza nel mondo dell’automobilismo sportivo: A. Lange & Söhne, Cartier, Eberhard & Co., Girard Perregaux, IWC, Richard Mille, Rolex e Tag Heuer.

Una raccolta di storie, curiose e interessanti. In più, dalle grandi gare agli assi del volante, raccontati dal punto di vista di chi misura le perfomance ed è al contempo sinonimo di personalità e di stile. Infine, una vetrina di prodotto con 28 orologi per tutti i gusti e per tutte le tasche.

 

 

Le regine dei rally e i loro re: Munari e Biasion (video esclusivo)

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Nell’occasione dei 110 anni del marchio Lancia (ai quali abbiamo dedicato un ampio speciale su Ruoteclassiche di novembre), abbiamo portato sulla nostra pista di Vairano (PV) cinque regine dei rally che hanno reso grande il nome della balsonata Casa torinese per oltre vent’anni nelle competizioni su terra e asfalto di mezzo mondo. E le abbiamo affidate a due assi che su quelle stesse sono stati gli interpreti maggiori: Sandro Munari (Il “Drago” di Cavarzere, classe 1940, che vinse il titolo iridato della specialità nel 1977) e Miki Biasion (Bassano del Grappa, classe 1958, campione del mondo nel 1988-89).

Il primo si è messo al volante della Fulvia Coupé Rallye 1.6 HF e della Stratos HF; il secondo si è cimentato con con i suoi cavalli di battaglia dei tempi d’oro: la Rally 037, la Delta S4 e la Delta HF Intergrale 16V Safari. Una grande emozione vederli tornare in pista e sentirli raccontare aneddoti unici. Come quella volta che Cesare Fiorio…

 


Uno sguardo a Ruoteclassiche di novembre

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È in gran parte dedicato alla Lancia, in occasione dei 110 anni dalla nascita del blosonato marchio torinese, il numero di novembre di Ruoteclassiche: in tutto, una cinquantina di pagine per rivisitarne la storia, nonché l’avventura commeciale e sportiva. Si comincia con una “Regina del passato” d’inizio ‘900: la Lancia 12 HP Double Phaeton Miller Bros del 1908, dieci esemplari costruiti, solo tre oggi in Italia (quella del nostro servizio appartine e al collezionista Corrado Lopresto).

Lancia RallySi prosegue una panoramica sui modelli – dal 1908 a oggi – che hanno contribuito a rendere grande il nome Lancia nel mondo. È poi la volta di un “Test a test” tra quattro grosse berline, diversissime per stile e scelte meccaniche e appartenenti a epoche lontane tra loro: Dilambda (1935), Aurelia B12 (1955), Flaminia 2.5 (1963), Thema 3.0 V6 LX (1992). A seguire, occhi puntati sull’ammiraglia Lancia più anticonformista di sempre: la Gamma, in tutte le sue versioni e declinazioni, berlina a due volumi e coupé.

L’articolo clou, quello che offre anche il soggetto di copertina, schiera un parterre de rois di cinque icone dei rally, che hanno imposto per oltre vent’anni il marchio Lancia nelle competizioni su terra e asfalto: Fulvia Coupé Rallye 1,6 HF, Stratos HF, Rally 037, Delta S4, Delta HF Intregrale 16V Safari, che abbiamo portato sulla nostra pista di Vairano (documentando tutto in un video esclusivo), per affidarle ai due maggiori interpreti di quell’epoca d’oro a cavallo degli anni Ottanta, Sandro Munari e Miki Biasion.

Padova AutoMotoCompletano la sezione auto del numero la Triumph Herald Coupé del 1960 (Impressioni), la Honda SNX del periodo 1990-2006 (Youngtimer) e la Land Rover Defender Heritage (Classiche domani).

Fine anno ricco di eventi, che segnano la chiusura di una stagione piuttosto frizzante sul piano della partecipazione degli appassionati: la sezione è dominata da un ampio reportage da Auto e Moto d’Epoca di Padova (a cui si aggiunge un paio di pagine sulla Modena Motor Gallery), ma anche dalle ultime gare di questo 2016: RallylLegend, Mitteleuropean Race e Raid dell’Etna. Un capitolo a parte merita la succosa anticipazione sull’ormai imminente asta RM Sotheby’s “Duemila Ruote”, prevista per fine mese nel corso di Milano AutoClassica: suddivise per fasce di prezzi, vi suggeriamo le occasioni imperdibili di un incanto che si annuncia come il più importante mai organizzato nel vecchio Continente.

Rally LegendLa rubrica “Tecnica” è dedicata al servofreno; quella “Fai da te” al rimessaggio invernale. Gli appassionati di mezzi militari troveranno pane per i loro denti nella sezione “Vendite all’asta”, dove sono presentati i lotti principali dell’incanto svoltosi a Catz, in Francia, nei pressi di una delle spiagge dello sbarco in Normandia.

Il “Flashback” ci riporta indietro di sessant’anni, alla repressione nel sangue della rivolta ungherese. Chiudono il numero la rubrica “Fatti e Persone”, il nostro mercato e le nostre preziose quotazioni.

Ricordiamo che gratuitamente in edicola con Ruoteclassiche di novembre troverete l’allegato “Tempo” dedicato alle grandi maison di orologeria che vantano un’importante presenza nel mondo del motorismo sportivo.

Buona lettura!

Uno sguardo a Ruoteclassiche di novembre

Rally Legend
Padova AutoMoto
Lancia Rally
Cover Orologi DEF

Brexit: l’analisi del Financial Time sulle auto storiche

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Come ha inciso sui collezionisti di auto storiche la Brexit secondo il Financial Time, che ha dedicato all’argomento una sua inchiesta. Ecco in sintesi le conclusioni a cui è arrivato il quotidiano economico inglese. In attesa di capire come la presa di posizione delle autorità inglesi possano cambiare ancora una volta le carte in tavola.

Il Financial Times (FT) non fa in tempo a dedicare una fotografia al mercato delle auto classiche che arriva da Londra, notizia di ieri, un nuovo elemento a sparigliare il gioco: l’Alta Corte britannica ha accolto il ricorso di due cittadini (una consulente finanziaria e un parrucchiere) rimettendo nelle mani del Parlamento la pronuncia prima che il Governo possa avviare le procedure di recesso dall’Europa. Nei momenti successivi all’annuncio, il valore della Sterlina è tornato in recupero e quindi, al di là della concitazione attuale e di quello che davvero accadrà, vale comunque la pena dare un occhiata ai dati della prestigiosa testata inglese tendendo conto però che, molto, potrebbe ancora cambiare.

A pochi mesi dalla Brexit si iniziano comunque a vedere i primi effetti sul mercato dei beni da collezione e quindi anche delle auto classiche. Come avevamo anticipato nei mesi scorsi, ci possono essere notizie positive e negative in base a tipologia e residenza degli acquirenti al di qua e al di là della Manica. Ad occuparsi del tema è il Financial Times e, semplificando, si potrebbe dire che dopo i primi entusiasmi ora iniziano i primi problemi, per gli appassionati e per gli operatori inglesi, derivanti dalla sterlina bassa e svalutata rispetto a Euro o Dollaro.

Il FT rileva che per i beni da collezione – che si tratti di vini, auto o stampe antiche – dopo gli incrementi delle vendite, derivanti in particolare dall’arrivo di acquirenti con valute che si erano apprezzate nei confronti della Sterlina, e i primi momenti di euforia, in molti casi l’approvvigionamento delle “merci” o dei “beni” oltre confine sta diventando problematica. Agli operatori del settore non rimane che la scelta tra aumentare i prezzi, trasferendo i maggiori costi di acquisto all’utente finale (fatto che non aiuta evidentemente le vendite) oppure ridurre i margini di guadagno, cosa non sempre possibile in business “sottili” (ovvero con margini risicati) anche se si tratta di beni di lusso.

Due esempi per tutti riportati nell’articolo rendono l’idea: una bottiglia di prestigioso vino francese Chateaux Lafite oggi costa 7.800 Sterline contro le 6.400 preBrexit; una Ferrari F40 che prima veniva venduta  a 850.000 Sterline dopo la Brexit, a parità di condizioni, costerebbe 950.000. Oltre al fattore aumento di prezzi legato alla valuta, nel caso delle auto classiche ci sono da tenere in conto altri fattori interessanti. Per esempio: che le auto sopra le 500.000 Sterline sono solitamente vendute a collezionisti abbienti, che magari ragionano su varie valute e si muovono in ottica globale. Il FT non lo dice, ma normalmente chi detiene patrimoni milionari e ricche collezioni non ragiona e non maniene tutte le sue ricchezze in una sola valuta, proprio per “proteggersi”, mentre le auto meno costose sono tipicamente acquistate da clienti inglesi e non necessariamente paperoni globali. Che quindi con la Brexit hanno visto ridursi il loro potere di acquisto.

Se un appassionato o un commerciante inglese vuole acquistare una Lancia Stratos in Italia piuttosto che una Sierra Cosworth in Germania ora deve spednere di più causa il deprezzamento della sterlina. Tutto questo avrebbe portato a un raffreddamento della domanda interna ed un aumento di acquirenti stranieri che, però, trattano duramente sul prezzo. Tutto lascia pensare che l’altalena non si fermerà e un 10% di rivaltazione della Sterlina sull’Euro o viceversa potrebbe prtare a fare profitti interessanti su auto di grande o medio valore, anche con le valutazioni ferme, nell’arco di pochi mesi.

Altri temi più specialistici di cui il FT non si occupa sono i servizi e ricambi nonché la partecipazione ad aste e gare storiche da parte di appassionati inglesi in Europa (per loro saranno piu costosi) e viceversa più vantaggiose per chi in Inghilterra non ci vive. I contorni della Brexit e la loro influenza sul valore della Sterlina e regole di importazione e tassazione saranno argomento caldo nei prossimi mesi sia per chi le classiche le ama sia per chi ne ha fatto un business o vede il proprio posto di lavoro legato all’indotto.

Luca Pezzoni

London to Brighton sale: il momento delle Veteran

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Chiude con il 90% dei lotti venduti la consueta asta di Bonhams che precede la corsa più antica del mondo. Quasi tutta l’automobilia e nove auto pre-1904 su 14 aggiudicate.

I nuovi proprietari della Humberette “Royal Beeston” 6,5hp Doctor’s Limousine del 1904 hanno intenzione di passare molto tempo a bordo della loro prima “Veteran car” appena acquistata. Moglie e marito di mezza età, sono determinati a usarla niente meno che dal Dorset, dove vivono, per tutta Europa. Il progetto è iniziato con 50mila sterline: tanto hanno pagato ieri sera (circa 65mila euro, premio d’asta incluso) il loro esemplare Humber top di gamma nella sede di Bonhams a Londra.

L’asta era collegata alla London to Brighton Veteran Car Run, la famosa corsa di auto costruite ante 1905 che ogni prima domenica di novembre si snoda dalla capitale inglese fino al mare, nel sud dell’Inghilterra. Come sempre, l’incanto ha preceduto di due giorni la manifestazione per consentire a chi fosse sprovvisto di vettura sufficientemente “anziana” di rimediare al volo e partecipare. E’ il caso dei due coniugi, che stamani con ogni probabilità avranno testato la vettura nello spazio messo a disposizione da Bonhams per far impratichire i nuovi proprietari. Pronti, via. Ma la loro non è solo una delle auto già iscritte all’evento: è anche una delle poche che ha registrato un risultato d’asta entro le stime. La sala di New Bond Street era gremita e nove dei 14 lotti in lista sono stati venduti.

Un’altra macchina comprata più o meno secondo quanto stimato dalla Casa d’aste è la Daimler Rougemont Wagonette del 1897. Per poco non è scattata una standing ovation nel momento in cui è stata battuta e di sicuro si è trattato di uno degli acquisti più festeggiati, seguito da una pioggia di congratulazioni. Del resto la otto posti con motore Panhard a doppio cilindro (4 hp) è stata la regina della serata, esposta in cima alla sala e in una gigantografia enorme all’ingresso. Per 266.530 euro, partendo da una base d’asta di 100mila, se l’è aggiudicata una giovane coppia inglese già proprietaria di vetture simili. Domani all’alba si avventurerà con lei da Hyde Park, nel centro di Londra, verso i 97 km della Corsa lungo la A23 fino a Brighton.

Per una Renault Type N-B (1904), ancora più prestigiosa, il battitore ha voluto lanciarsi in un invito per tutti a bere più champagne, già servito copiosamente. Così, per aiutare a rompere gli indugi, dato che non molti sembravano lasciarsi andare. E dopo la risata generale è partita l’offerta vincente, di 306.886 euro: come prevedibile è stato il maggiore acquisto. La macchina, una delle prime 4 cilindri della Casa francese, ha mantenuto la stessa proprietà per sessant’anni.

Per la Aster 16/20 hp four cylinder Entrance Tonnneau da quattro posti, datata  anche lei 1904 e anche lei fra le rarità più importanti, 237.523 euro sono bastati (sempre premio d’asta incluso). Le stime davano un range di 260-310mila euro.

L’unica vettura che ha superato le previsioni è stata la Decauville del 1901 Twin-Cylinder 8 1/2 HP Four Seat Rear Entrance Tonneau. Il signore olandese che l’ha comprata ha dovuto strapparla ai contendenti per 168.160 euro (la stima era di 110 – 140.000 euro). La porterà nel suo museo The Garage, in quel di Rotterdam, senza partecipare alla London to Brighton, che comunque si godrà da spettatore per la settima volta.

Nonostante la maggioranza di offerenti British, il signor Van Der Dussen non era comunque l’unico partecipante straniero. L’asta ha avuto un grande respiro internazionale con avventori europei e anche da Oltreoceano. Come i due appassionati, marito e moglie, arrivati appositamente dal Quebec per godersi lo spettacolo della Corsa e capire come funziona. E magari chissà, forse l’anno prossimo realizzeranno il sogno di partecipare.

Intanto alla Run 2016 ci sarà anche Ruoteclassiche. Stay tuned.

Laura Ferriccioli

Accumulatori seriali, prezzi stracciati per la Collezione Gombert

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Ci sono dei tratti fisici e comportamentali che caratterizzano gli accumulatori seriali: la negligenza nella cura dell’aspetto che si manifesta con barbe e chiome incolte e un abbigliamento molto trascurato. Il tutto accompagnato da un carattere scontroso, frutto di una vita solitaria, e dal bisogno ossessivo e patologico di acquisire oggetti (gli psicanalisti la definiscono “Sindrome di Diogene”).

Almeno così pare se si osservano le immagini dei due personaggi di cui si parla molto in questi giorni e delle loro collezioni di auto, moto, biciclette, barche e automobilia storiche: Gérard Gombert, francese, scomparso lo scorso aprile, e Luigi Compiano, protagonista occulto dell’asta Duemilaruote, la vendita all’incanto europea più famosa di sempre che RM Sotheby’s terrà a Milano il 25-26-27 novembre, in occasione della seconda edizione del 2016 di Milano Autoclassica (oltre 800 lotti).

La prima ad essere battuta sarà la collezione di Gérard Gombert, che andrà all’asta il 10 novembre a Fointanebleu, nei pressi di Parigi, ad opera del banditore Jean-Pierre Osenat. In vendita 328 lotti raccolti dagli anni 70 e accantonati alla meglio nel suo grande giardino in Provenza, dove viveva in compagnia di cinque cani e un asinello. O meglio: i lotti ‘sopravvissuti’ al saccheggio degli sciacalli che hanno approfittato del suo ricovero in un ospedale psichiatrico (dove Gombert è deceduto il 16 aprile scorso) per accaparrare numerosi pezzi della sua particolare collezione, e sopravvissuti ai furti subiti sin dagli anni ’90, quando la fama della sua ha hacienda “La Gombe” aveva varcato i confini di Francia per diffondersi in tutta Europa.

Gérard Gombert non poteva permettersi dei capannoni, come invece ha potuto fare per la sua collezione Luigi Compiano, e conservava tutto quello che aveva all’aperto, senza nessuna protezione, senza nessun tetto. Dalla morte del padre, alla fine degli anni ’90, Gombert aveva bloccato anche la minima attività di manutenzione di alcuni pezzi, lasciando che la natura facesse il suo corso. Ma anche senza cedere alle lusinghe dei numerosi acquirenti che bussavano alla sua porta (non ha venduto quasi niente del suo tesoro).

Era infatti quello spettacolo di lamiere invase da ruggine e sterpi a rendere affascinante e malinconico il suo giardino incantato. Qualcosa di simile a quanto scoperto lo scorso anno con la collezione Baillon, costituita da rarissime vetture anteguerra ridotte in pezzi di ruggine dopo 50 anni vissuti all’aria aperta; tutte poi aggiudicate a prezzi da capogiro. La collezione di Gombert non è allo stesso livello di prestigio, si tratta di auto, moto, biciclette e automobilia più comuni, ma con la formula del prezzo ‘senza riserva’ è sicuro che non resterà un lotto invenduto.

LE AUTO
Ex pilota di moto negli anni ’70 poi passato ai rally quindi, seguendo le orme del padre, alla riparazione di vetture in fibra di carbonio, Gérard Gombert ha conservato numerose vetture sportive dell’epoca, prevalentemente francesi. Tra i suoi gioielli: una Alpine A210 prototipo realizzato per la 24 Ore di Le Mans del 1967, una delle nove realizzate (si parte da 80.000 euro, ma è un prezzo troppo basso per una vettura così rara, crescerà molto); la AC Bristol del 1958 della scrittrice francese Francoise Sagan (si parte da 50.000 euro); mezza Miura ma con il motore completo di ogni sua parte (20.000 euro); numerose Alpine con prezzi che partono da poche migliaia di euro, tra cui una A 110 Competizione del 1969 e una Alpine A 108 del 1962 (a 15.000 euro l’una); una Alfa Romeo Montreal che fino al 1978 è stata di un unico proprietario prima di passare a Gombert (20.000 euro); Lotus Elan da 2000 euro; Lotus Eclat da 1.000 euro; Peugeot 304 Cabriolet da 100 euro; un lotto di tre Fiat 500 (250 euro); Alfa Romeo GTV (100 euro); Chevrolet Camaro (100 euro) e via di questo passo. Qui si può consultare il catalogo completo.

LE MOTO
Nella sterminata (e malridotta) collezione di mezzi d’epoca che Gérard Gombert ha lasciato ai posteri ci sono anche molte moto. Purtroppo tenute nelle stesse condizioni in cui il pittoresco accumulatore seriale di motori ha conservato i mezzi a quattro ruote. Le moto rappresentano il lato meno noto di Gombert, che da giovane era stato anche un discreto pilota di Endurance e non aveva mai dimenticato il suo “primo amore”. Tant’è che in una nicchia della sua camera da letto spiccava una Norton Manx che gli venne donata anni addietro dall’ex imperatore vietnamita Bao Dai.

All’asta andranno decine di mezzi abbandonati nella sua tenuta della regione del Var che però, per il valore storico e il prezzo spesso irrisorio (tutti i lotti di moto non hanno prezzo di partenza fissato, in sostanza si parte da zero) possono rivelarsi degli ottimi affari, soprattutto per chi avrà voglia di metterci mano.

FRANCESI D’EPOCA
Nella rugginosa collezione di “Gombe” spiccano molti esemplari della storia del motociclismo francese. In sostanza, si tratta di un gigantesco museo malandato che raccoglie alcuni dei più rari pezzi della storia più remota delle due ruote d’Oltralpe. Tra i lotti, spiccano una Gnome et Rhône 500 Junior databile attorno agli Anni 30, una Dresch 500 sempre dello stesso decennio, e un rarissimo (se fosse ben conservato…) motore bicilindrico a V con cui Peugeot equipaggiava le sue moto nei primi anni del ‘900. Oltre a queste, anche una Model 250 D del 1924 prodotta dalla lionese Rhony’x (nata proprio in quell’anno e chiusa 10 anni dopo) o una Terrot 350 del 1930.

PEZZI DA TUTTO IL MONDO
Nella cinquantina scarsa di lotti dedicati alle due ruote compaiono anche moto di diversa estrazione, come la Honda 750 Four da competizione con la quale Lagombe corse il Bol d’Or del 1970, una Honda CB750 elaborata in assetto da corsa, cinque motori di Honda CBR 1000 con tanto di scappamento e altre moto assortite. Tra queste, due Norton 750 Café Racer (una intera, l’altra smontata), un telaio di un raro sidecar prodotto da Triumph per uso militare tra la prima e la seconda guerra mondiale, una Indian Power Plus del 1917, una MV Agusta 125 del 1952 e una Harley-Davidson 750 WLA con motore flathead del 1942.

Gilberto Milano e Marco Gentili

Accumulatori seriali, prezzi stracciati per la Collezione Gombert

ALPINE A 210 PROTOTYPE châssis # 1725

Bollo ultraventennali, torna l’esenzione?

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Più che esultare è il momento di incrociare le dita, ma la notizia è di quelle che potrebbero cambiare il corso delle storiche, intese come auto con età compresa tra i 20 e i 30 anni: tra gli oltre mille emendamenti del ddl di conversione del decreto fiscale 2017 c’è anche l’abolizione del bollo per le auto di età compresa tra i 20 e i 30 anni introdotto con la legge di Stabilità 2015.

Tutto dipende dall’esito dell’esame di ammissibilità da parte della commissione Bilancio della Camera alla quale l’emendamento è stato sottoposto. Entro la giornata di oggi se ne dovrebbe sapere di più: sul sito della Camera saranno pubblicati gli emendamenti che la Commissione riterrà ammissibili. I tempi stretti sono determinati dal termine per la presentazione degli emendamenti alla legge di Bilancio stabilito per giovedì 10 novembre.

G.M.

Hai voluto la Packard da concorso? Impara a usare il freno a mano!

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Come si suol dire, capita anche nelle migliori famiglie: magari però ci si limita a graffiare lo specchietto entrando in garage o a segnare il paraurti durante una manovra in retromarcia. Il proprietario di questa splendida Packard 1605 Super Eight del 1938, carrozzata Bohman-Schwartz, ha invece fatto di meglio: ha dovuto assistere impotente al tuffo nell’acqua del suo gioiello al

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// ]]>Port Royal Golf Club, dove si teneva l’Hilton Head Concours d’Elegance, uno dei più apprezzati sul territorio americano.

Pochissime, al momento, le notizie trapelate sul curioso incidente. Pare comunque che la vettura sia stata improvvidamente parcheggiata in pendenza senza che venisse inserito il freno di stazionamento. A quel punto, il lento scivolamento… in buca. L’occasione ha scatenato ovviamente, accanto alla reazione inorridita di molti presenti, anche il flash di smartphone e macchine fotografiche, che hanno imortalato la macchina completamente immersa nell’acqua e la successiva riemersione con al volante un pompiere in tuta da sommozzatore…

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Mitteleuropean Race, buona la prima

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Buona la prima. L’esordio della Mitteleuropean Race, gara di regolarità ideata da Maurizio De Marco, Susanna Serri e Riccardo Novacco col loro team Adrenalinika, va in archivio con un successo. E, con ogni probabilità, è candidata a diventare sul serio la “nuova ultima classica” a calendario, così come recitava lo slogan degli organizzatori.

All’evento hanno preso parte una quarantina di equipaggi. Tra questi alcuni top driver di assoluto rispetto, tra cui Andrea Vesco, Sergio Sisti e Alessandro Gamberini, pronti a sfidarsi a colpi di “netto” nelle oltre ottanta prove cronometrate messe a punto da De Marco. Che, con la sua passione ed esperienza (tantissimi anni vissuti da protagonista come pilota e navigatore, compagno di Luciano Viario nella vittoriosa Mille Miglia del 2005) ha studiato un percorso bello ma al tempo stesso tosto, che ha impegnato non soltanto i neofiti della regolarità, ma anche i professionisti del cronometro. Sono state particolarmente “toste” quelle concatenate della domenica mattina a Cormons, storica cittadina di stampo asburgico in provincia di Gorizia. Complici due vigili comunali non propriamente in sintonia con lo spirito della gara, praticamente tutti hanno sbagliato strada dovendo poi fare i salti mortali per passare correttamente sui successivi pressostati.

Molto meno tecniche, ma decisamente più spettacolari per il paesaggio, sono state invece le prove a Portopiccolo Sistiana, suggestivo complesso di 460 abitazioni affacciate sul mare, con botteghe di eccellenza e 124 posti barca, una Montecarlo in miniatura nata da una ex cava del golfo di Trieste.

Alla fine l’ha spuntata Andrea Vesco su Fiat 508 S Coppa d’Oro del 1934, che in questa gara era navigato da Manuela Tanghetti. Una stagione da incorniciare per il giovane e fortissimo regolarista di Gardone Val Trompia (Brescia), che conclude un anno memorabile, impreziosito da numerosi primi posti tra cui spiccano quelli alla Mille Miglia, al Gran Premio Nuvolari e al Terre di Canossa.

Al secondo posto si è piazzato Alessandro Gamberini, in coppia con Leonardo Fabbri su Fiat 508 C del 1937, al terzo figura Marco Gatta ed Eugenio Piccinelli su Amilcar CGSS del 1926.

Gaetano Derosa


London to Brighton 2016, la vittoria a una Mercedes del 1903

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Decisamente è stato un anno dedicato alla Germania: era la nazione celebrata, in onore dell’Automobile Patent Motorwagen del 1886 considerata pioniera assoluta della storia. E tedesca è stata anche la “Veteran” che ha varcato per prima l’arrivo a Madeira Drive, sul lungomare di Brighton, poco dopo le 10: ovvero la Mercedes da corsa del 1903 guidata dall’americano Chris Scott. Stiamo parlando della famosissima London to Brighton Veteran Cars Run, riservata alle automobili costruite fino al 1904, che ieri si è svolta come da tradizione tra Hyde Park, nel centro di Londra, e la località turistica sulla costa meridionale inglese.

A fianco delle marche più conosciute non sono mancate le rappresentanze di quelle ormai dimenticate come De Dion Bouton, Colliot e Milwaukee. Ed è stata un’edizione di successo per una percentuale altissima di partecipanti, anche perché nonostante i contrattempi dovuti a guasti, che hanno costretto molti driver a fermarsi lungo i 97 km della A23, solo una quarantina di auto su circa 400 hanno mancato l’arrivo. Un risultato positivo supportato dal consueto clima festoso di appassionati, reso ancora più acceso dalla bellissima giornata di sole che ha fatto aumentare i fan durante il percorso. 

L’importante, come sempre, era arrivare: la London to Brighton non è una competizione, semmai una sfida di per sé dato che concluderla a bordo di automobili motorizzate più di cento anni fa non è cosa da dare per scontata. E deve avvenire entro le 16,30, prima che sia buio. Per questo la partenza è prevista all’alba, subito dopo il rituale taglio della bandierina che ogni anno ripete il gesto simbolico dell’Emancipation Run del 1896, di fatto la prima edizione.

Nata per festeggiare l’aumento dei limiti di velocità da 4 a 14 miglia all’ora imposti ai veicoli leggeri del tempo, all’epoca la Run ha avuto inizio con la distruzione di una delle bandiere rosse impugnate dagli uomini che controllavano i limiti precedendo a piedi ogni auto. Ieri il primo gruppo di ultra storiche è partito alle 7, e a compiere il “Red Flag Act” è stato l’ex imprenditore di Formula Uno Eddie Jordan, che poi si è messo al volante di una delle Benz arrivate direttamente dal museo Daimler Benz di Stoccarda.

La corsa è un appuntamento annuale della prima domenica di novembre dato che questo è il mese in cui l’Highway Act entrò in vigore alzando la velocità massima consentita per la circolazione. E pazienza se le temperature che contraddistinguono il periodo non sono tra le migliori. Anche ieri, nonostante il sole, hanno fatto gelare i Veterans della London to Brighton numero 120, quasi tutti in costume d’epoca. Ma le tradizioni, si sa, vanno rispettate, e nella capitale di un Paese dove la passione motoristica è fortemente parte della cultura nazionale, le celebrazioni organizzate dal Royal Automobile Club vanno avanti per una settimana. 

Tra gli eventi ci sono anche mostre, forum e reading, in un crescendo di emozioni che trova il suo culmine a cominciare dall’asta di auto pre 1905 di Bonhams – il venerdì prima della Run – passando per il concorso d’eleganza del sabato in Regent’s Street. Nel cuore dello shopping londinese più prestigioso, la vincitrice 2016 è stata una delle 4-5 auto costruite da August Kristin – emigrato dalla Lettonia in Ohio all’inizio del Novecento-, prima che la sua fabbrica si incendiasse facendolo finire sul lastrico. Inutile dire che si tratta di un esemplare unico.

Laura Ferriccioli

Auto e Moto d’Epoca, i tesori delle Case e le migliori occasioni (video)

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Auto e Moto d’Epoca 2016, il Salone di Padova dedicato ai veicoli storici e da collezione negli ultimi anni, ha  sempre più nel corso degli anni anche il ruolo di vetrina per le novità in ambito premium e sport. Per questo motivo erano presenti a Padova ben 16 Case automobilistiche internazionali – con i loro ultimi modelli esposti in anteprima accanto a preziosi pezzi dei musei. Quello che vi mostriamo è il racconto degli stand più significativi presenti all’evento di quest’anno. Ma anche le occasioni più interessanti che hanno animato la curiosità degli appassionati in questa edizione…

Automotoretrò 2017, ecco date e rassegne tematiche

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È iniziato il conto alla rovescia per Automotoretrò 2017, rassegna motoristica dedicata all’automobile classica e da collezione in programma a Lingotto Fiere – Torino – dal 3 al 5 febbraio 2017. Per festeggiare 35 anni dell’evento sotto la Mole, l’organizzazione ha anticipato l’evento rispetto alla consueta data di metà mese.

Dopo il fitto programma di appuntamenti di Automotretro 2016 (che ha portato un record di oltre 65.000 visitatori e più di 1.200 espositori), anche il calendario di eventi programmati per il prossimo weekend del 2017 (ad Automoretrò sarà affiancata l’ottava edizione di Automotoracing con protagoniste le corse e automobili ad alte prestazioni) prevede una serie di celebrazioni di importanti anniversari nello scorrere delle vicende motoristiche:

– 60 Anni della Fiat 500
– 60 anni della Jaguar XKSS
– 70 anni della Ferrari 166 Spyder Corsa
– 90 anni dell’Aston Martin International
– 70 anni della Lambretta

Quest’anno Automotoretrò compie 35 anni – afferma Beppe Gianoglio, organizzatore di Automotoretrò -. Per noi è un traguardo importante, che ci ricorda quanta strada abbiamo fatto per arrivare fino a qui. Oggi siamo certi di riuscire ad offrire al nostro pubblico un salone di altissima qualità, capace di rinnovarsi ogni anno e di regalare ai visitatori un’esperienza motoristica unica oltre che completa. Vogliamo raccontare il mondo dei motori a 360°, spaziando dalle vetture più ancienne alle supercar più performanti, richiamando così un pubblico sempre più vasto ed eterogeneo.”

Alvise-Marco Seno

Auto classiche tra business, turismo e cultura: il giro d’affari della London-Brighton

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Torniamo a parlare di auto classiche e valori economici: secondo uno studio dell’Università’ di Brighton datato 2011 (si tratta di cinque anni fa ma la sostanza non cambia) la London to Brighton vale oltre 1 milione di sterline di giro d’affari (1.136.000 euro al cambio di oggi) senza contare i ritorni di immagine legati all’evento. Il mondo delle auto storiche, come quello dell’arte, genera valore e ogni nazione, città o paese dovrebbe fare il massimo per agevolarne la sua diffusione. In ballo ci sono turisti, spesa in alberghi e ristoranti e vantaggi per il “brand cittadino” tra foto, conoscenza di luoghi e condivisione social con gli amici dell’esperienza. Quante persone e interessi muove?

Nel caso della Veteran Car Run – London to Brighton si può partire da alcune certezze: al di là del milione e oltre di sterline di giro di affari si calcola che siano oltre 20.000 i turisti richiamati dall’evento (i dati del 2011 sono presumibilmente più bassi di quelli attuali). Ma analizzando le pieghe dello studio dell’Università’ di Brighton sulla Veteran Car Run 2010 ci sono molti altri dati e considerazioni interessanti soprattutto tenendo conto di un altro studio molto  recente che ci offre i valori in gioco a livello di “contesto paese”: la  Federazione dei  veicoli storici d’Oltremanica ha quantificato in circa 8.2 milioni il potenziale pubblico interessato in UK al mondo delle gare storiche e potenzialmente interessato a parteciparvi anche in veste solo di spettatore. Altri numeri interessanti a livello complessivo sono gli oltre 5.5 milioni di partecipanti agli eventi legati alle auto storiche e oltre 5 miliardi di sterline di business complessivo legato al mondo delle storiche (vedi articolo).

Lo studio relativo alla Veteran Car Run diventa quindi perfetto per un approfondimento verticale sul tema, in primis perché in questi anni i dati non sono certo peggiorati (lo stesso studio sopra citato valuta in un milione l’aumento dei partecipanti agli eventi dal 2011 a oggi) e poi perché si tratta di un evento top al mondo con riferimento le storiche: la Londra – Brigton esiste dal 1896 e nei giorni scorsi ha appena archiviato l’edizione 2016.

Secondo lo studio dell’Università’ di Brighton, la “corsa” che parte da Hyde Park passa per Crawley e  e Preston Park per poi salutare la folla su Madeira Drive a Brighton, sei anni fa ha mosso numeri e persone non di poco conto. A partire dal totale complessivo di spettatori, calcolato tramite questionari sondaggi e videoriprese delle strade e quantificato in ben 20.300 unità, delle quali circa il 37% erano cittadini residenti a Brighton, mentre la restante parte erano turisti provenienti da località limitrofe in maggior parte ma anche da luoghi remoti come ad esempio l’Australia o la Birmania.

Analizzando in profondità il dato circa il 76% degli spettatori provenienti da fuori città era venuto specificamente a Brighton per assistere alla gara. Andando più sul prosaico e analizzando il “giro d’affari” per l’indotto ogni spettatore di Brighton ha speso in media circa 8.9 sterline, numero che sale fino a 43.9 in media per quelli provenienti da fuori città che, evidentemente, hanno dovuto affrontare come minimo le spese legate al vitto e alloggio anche se molti si sono limitati al mordi e fuggi giornaliero.

Lo studio in merito è stato molto accurato perché ha escluso da questo computo i soldi spesi da turisti che non sono arrivati a Brighton o zone limitrofe specificamente per la gara. Anche sotto il profilo demografico non mancano le sorprese: primo fra tutte una quota rosa talmente elevata da non richiedere “obblighi di legge”: 44% gentil sesso e 56% uomini. Ma non solo, in media i gruppi di spettatori sono composti da coppie, il 17% del totale sono soci di un club di auto storiche e tutte le fasce di età sono rappresentate: quella sopra i 45 anni predomina ed era facilmente prevedibile, ma anche la fascia minori di 24 e fino a 34 anni è tutt’altro che trascurabile e questo era meno scontato.

Altro elemento che fa riflettere sono i dati relativi alla fedeltà, indice di un gradimento complessivo della manifestazione: ben il 65% del campione intervistato aveva già assistito a precedenti edizioni e il 92% dichiarato l’intenzione di tornare nelle edizioni successive.

Numeri e percepito negli spettatori che fanno sì che non ci si possa poi stupire se dai calcoli complessivi dello studio emerge che, in totale, gli incassi per la città comprendendo anche le spese dei partecipanti arrivi a 1.121.500 sterline cui contribuiscono in maggior parte visitatori extra città in arrivo proprio per la gara (425.000 sterline) e poi i 570 partecipanti con meccanici amici e familiari al seguito (320.500 sterline).

Lo studio evidenzia inoltre come ci siano benefit intangibili relativi al brand della città e alla miriade di altri eventi più o meno importanti legati ad alcuni marchi, modelli o altre iniziative.

Un ultimo passaggio, in attesa di uno studio più aggiornato, lo aggiungiamo noi e riguarda proprio il mondo social che nel 2011 non era ancora così pervasivo come ora: migliaia di spettatori valgono migliaia di post, tweet o foto sui vari social e anche questo genera valore sul brand, non solo della corsa ma anche per i luoghi attraversati e immortalati. Ecco perché chi ha la fortuna di avere questi eventi in casa, vale per l’Inghilterra ma anche per l’Italia (basti pensare alla Mille Miglia) farebbe bene a coccolare e a incoraggiare investimenti e passione legate a questo mondo che unisce motori, cultura e costume e genera crescita economica.

Luca Pezzoni

Concorso d’Eleganza Villa d’Este, svelato il tema del 2017

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Dalle origini al futuro dell’auto. Questo in sintesi l’argomento su cui ruoterà il prossimo Concorso d’Eleganza Villa d’Este, previsto dal 26 al 28 maggio a Cernobbio. Il motto dell’evento sarà: ”Around the World in 80 Days – Voyage through an Era of Records“. In pratica una storia dall’avvento dell’auto fino all’oggi, senza rinunciare a uno sguardo al futuro.

Il Selecting Committe, la commissione preposta alla selezione dei concorrenti, ha anche definito le prime cinque classi (saranno nove probabilmente in tutto) nelle quali saranno inserite le vetture in concorso:
1. Demoni della velocità: pioniere dell’endurance nell’Età dell’Oro, riservata ai modelli sportivi pre-bellici e alle automobili da primato che uniscono lo stile alleprestazioni.
2. Più veloci, silenziose, affusolate: eroine nell’Era dei Jet, riservata alle auto di grandi prestazioni sulle lunghe distanze costruite a partire dagli Anni 50.
3. Viaggiare con stile: il giro del mondo in 40 anni, riservata alle auto più lussuose del primo decennio del secolo scorso.
4. Il Grand Tour continua: i successivi 40 anni, riservata alle più lussuose vetture costruite tra il 1946 e il 1986.
5. Piloti su strada: i “giocattoli” dei latin lover, riservata alle auto stradali trasformate in vetture da corsa.

Una classe a parte sarà riservata come consuetudine a Concept Cars e Prototipi, mentre un concorso a parte sarà dedicato alle due ruote. Anche nel 2017 il Concorso di Motociclette offrirà agli appassionati una sfilata in corteo di rarità sulle strade di Cernobbio. Il tutto sotto il patrocinio del BMW Group Classic. (G.M.)

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