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Lancia Fulvia Sport, che chic la firma Zagato!

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La declinazione sportiva della Fulvia è facilmente riconoscibile grazie all’inconfondibile firma dello storico carrozziere milanese

Le Lancia che nel corso degli anni si sono sottoposte alle “cure” della Zagato sono molteplici. Uno dei lavori più interessanti è rappresentato dalla Lancia Fulvia Sport Zagato, figlia dei gloriosi anni 60. In quel periodo, come già avvenuto in precedenza con Appia, Flaminia e Flavia, il marchio di Chivasso affida a Zagato il compito di realizzare la variante Sport della Fulvia. Così, il team guidato da Ercole Spada - responsabile del design dell'atelier milanese – nel 1964 comincia ad elaborare una serie di proposte stilistiche da sottoporre al giudizio dei vertici Lancia. Il progetto scelto come base di partenza viene aggiornato e affinato più volte fino all’anno successivo, quando la vettura debutta in pubblico nelle sue vesti definitive.

Quattro versioni in sette anni. Oltre alla personalizzazione estetica, una delle peculiarità del modello è rappresentata dall’impiego del peralluman, lega che a differenza del duralluminio permette lo stampaggio dei lamierati. La Fulvia Sport Zagato, spinta dal 1200 da 80 CV, garantisce prestazioni di tutto rispetto. L’auto piace e le vendite si attestano su valori consueti per la Zagato. Non molto tempo dopo avviene un cambiamento significativo in seguito alla presentazione della Sport 1.3, che fa letteralmente decollare le vendite. Successivamente, nel 1968, in parallelo con l’evoluzione della Coupé, debutta la Sport 1.3 S, mentre due anni più tardi entra a listino la Lancia Fulvia Sport seconda serie. Prima di concludere definitivamente la propria carriera, il modello sarà proposto anche nella versione Sport 1.6.

La quotazione attuale. L’esclusività tipica del carrozziere milanese, logicamente, influisce sul prezzo. Attualmente, per acquistare una Lancia Fulvia Sport Zagato (1965-67) occorre essere pronti a sborsare da un minimo di 20.300 a un massimo di 46.000 euro, per un modello conservato in maniera impeccabile o completamente restaurato. Leggermente inferiore la quotazione delle 1.3 e 1.3 S: i nostri listini ufficiali riportano infatti un range compreso tra 12.500 e 37.500 euro. Nel caso della 1.6, invece, i valori passano rispettivamente a 27.800 e 63.000 euro.

Diteci la vostra. L’elenco dei modelli realizzati dalla Zagato è davvero lungo. Proprio per questo motivo, ci piacerebbe sapere qual è la vostra classifica personale di gradimento inerente alle vetture prodotte dal carrozziere milanese. Ancora: preferireste mettervi in garage una Fulvia Coupé oppure una Fulvia Sport Zagato? Fatecelo sapere attraverso i commenti. Se poi avete un racconto originale legato a questo modello, scriveteci la vostra storia all’indirizzo mail redazione@ruoteclassiche.it.

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Torino: Auto d’epoca? No grazie, preferisco di no

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Dal 1° ottobre a Torino entra in vigore la nuova ordinanza antismog. Cancellate tutte le deroghe per i veicoli d'interesse storico e collezionistico: mai più auto d’epoca, nemmeno il sabato e la domenica 

Lo scorso luglio, come un fulmine a ciel sereno, l'addio al Parco Valentino, il salone dell’auto all’aperto dei record che negli ultimi cinque anni aveva in qualche modo fatto riscoprire alla città la sua anima più profonda, quella di metropoli industriale operaia e operosa. Oggi la notizia che le auto storiche probabilmente non potranno circolare mai più sul suolo cittadino, nemmeno il sabato e la domenica. Un bello smacco per la città che ospita le sedi dell'Asi e della Fiva.Addio alla passeggiata domenicale con l’auto d’epoca. Nonostante l'Automotoclub Storico Italiano e la Fédération International des Véhicules Anciens, cioè le più importanti istituzioni del nostro settore, abbiano entrambe sede a Torino, il connubio tra la città della Mole e l’auto sembra finito per sempre. Quella in arrivo è una stangata di proporzioni inaudite per gli appassionati di auto storiche e per l’intero comparto e, allo stato attuale dei fatti, rischia di essere la pietra tombale sulla motor city italiana, in cui le auto storiche erano già state fortemente penalizzate dalle recenti ordinanze per i blocchi del traffico. Mortificarle alla stregua di passeggiatrici occasionali della domenica, imbottigliate nel traffico cittadino tra supercar e Panda a metano, evidentemente non era abbastanza. E così dal 1° ottobre 2019 sono bell’e pronte a entrare in vigore le nuove misure antinquinamento disposte dalla Regione Piemonte, che interesseranno Torino, l’intera area metropolitana e i comuni con più di 20.000 abitanti.

Nessuna deroga. Nel quadro della progressiva limitazione alla circolazione dei veicoli più inquinanti, oltre che su tutti i veicoli Euro 0 (diesel, benzina, metano e Gpl), il cappio si stringe anche attorno a tutti i veicoli diesel Euro 1, sette giorni su sette e ventiquattro ore su ventiquattro. E poco importa se insieme al libretto di circolazione i proprietari esibiranno il tagliandino che attesta la classificazione del mezzo come “di interesse storico e collezionistico”. Decadranno infatti tutte le deroghe per i veicoli storici precedentemente in essere, con il risultato che le auto d’epoca Euro 0 non potranno circolare nemmeno il sabato e la domenica, se non in occasione di eventi e raduni. 

Non restano che i musei. Una notizia che lascia l’amaro in bocca e manda su tutte le furie gli appassionati di tutta Italia e non soltanto i torinesi, che se vorranno tenere vivo e coltivare il patrimonio storico dell’auto non avranno molta scelta: dovranno andare al Mauto. O al Centro Storico Fiat di via Chiabrera, tra Corso Massimo d’Azeglio e la sponda ovest del Po: si può visitare solo la domenica ed è gratis. Appena varcata la porta, un gruppo di volontari ex dipendenti Fiat è pronto ad accogliervi col sorriso. E a raccontarvi vita, morte e miracoli della Fabbrica che 120 anni fa cominciò, auto dopo auto, a mettere in moto l’Italia. Bei tempi…

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Monza Historic, un weekend all’insegna della passione

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L’Autodromo di Monza ha ospitato l’interessante manifestazione dedicata alla grande storia dei motori, con il 5° appuntamento della serie internazionale di Peter Auto

L’Autodromo Nazionale di Monza ci ha regalato (dal 20 al 22 Settembre scorsi) un grande weekend Italiano di gare classiche, sostenuto da un clima generalmente favorevole e in parte soleggiato. Lo straordinario palcoscenico di Monza è quanto di più iconico si possa immaginare per le competizioni classiche in pista, specialmente se pensiamo che solo il Catino di Indianapolis, inaugurato nel 1909, ha più storia alle spalle.Presenti circa 300 vetture. La sua fama di Tempio della Velocità non è stata smentita nemmeno in questo caso dato che, tra le circa 300 vetture al via, più o meno attempate, numerosi erano i “mostri” in grado di impressionare. Uno per tutti la Nissan R90 CK che ha superato i 306 Km/h con al volante la coppia francese Pierre-Alain France e Raymond Narac, quest’ultimo espertissimo pilota/gentleman con alle spalle anche vittorie in Classe GT alla 24H di Le Mans. Com’è noto le Griglie di partenza sono state 8, con in più la bella sorpresa della Coppa Geki Russo che ha accumunato F3 e F Junior, che hanno dato luogo a velocissimi duelli.

Tra imprevisti e novità. Nello splendido spettacolo generale non sono mancati momenti di vera suspense, come il distacco di una ruota in piena Parabolica a danno del #67, una Giulia TZ del 1964 che correva in ambito del Greatest’s Trophy. Inoltre il notissimo gentleman driver giapponese Katsuaki Kubota ha subito un durissimo incidente in piena velocità alla curva del Serraglio, finendo la sua corsa carambolando fino alla Ascari. Danni gravissimi alla sua Nissan Gruppo C #25, ma solo grande spavento per il 58enne pilota. Per tornare a Monza, la buona notizia di queste ore è la pubblicazione del nuovo Calendario 2020 della Serie Europea di Peter Auto, che prevede nuovamente un evento in ambito italiano. L’Autodromo Nazionale è confermato come sede anche per l’anno a venire.

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Tributo Sic58: la Mini Cooper che omaggia Simoncelli

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A otto anni dalla tragica scomparsa del Sic, Just Minis ha personalizzato una Mini Cooper in suo onore. Donata alla fondazione Marco Simoncelli verrà battuta all’asta sulla piattaforma benefica Charitystars

La Mini Cooper Tributo Sic58 nasce, come facilmente intuibile dal nome, per rendere omaggio a Marco Simoncelli. La base di partenza è una Rover Mini Cooper SPI del 1993, personalizzata con una livrea ufficiale “Sic58”. Oltre alle grafiche dedicate la vettura vanta un assetto completamente regolabile, abbinato a uno scarico racing e specifici cerchi da 13 pollici. L’elenco delle modifiche comprende inoltre kit dei tubi freno in treccia aeronautica, filtro dell’aria K&N, dischi anteriori baffati, interni rossi con sedili sportivi, cruscotto/profili in fibra di carbonio e molte altre finezze.Una finalità nobile. Il suo debutto in società è avvenuto all’edizione 2019 della Spurtlèda58, gara di kart tra i piloti della Moto GP ideata (proprio dal Sic) per accogliere al meglio il weekend agonistico di Misano Adriatico. A darle il battesimo su pista Emanuele Pirro, uno dei re della 24 ore di Le Mans. Nonostante l’indole corsaiola, è doveroso sottolineare che si tratta di una Mini omologata per un uso stradale. L’aspetto più importante di questo progetto, frutto di un’idea di Marco Pinzauti (fondatore di Just Minis), è rappresentato dalla finalità nobile. L’auto, donata alla Fondazione Marco Simoncelli, verrà infatti battuta all’asta sul portale benefico CharityStars. Se siete interessati, non vi resta che fare un’offerta. Avete tempo fino a lunedì 7 ottobre.

In onore del grande Sic. Marco Simoncelli Fondazione ONLUS è un'organizzazione di utilità sociale senza scopo di lucro: ha finalità esclusivamente umanitarie e morali, ed è stata costituita dalla famiglia per onorare in modo degno e duraturo la memoria di Marco. Mantenendo vivo l'impegno di solidarietà e di attenzione verso i più deboli che contraddistingueva il SuperSic. La Fondazione sostiene e promuove progetti di solidarietà e cooperazione a favore dei soggetti svantaggiati, anche intervenendo direttamente, quando necessario, verso situazioni di disagio e bisogno.

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Torino e auto storiche: il Comune ora apre alle deroghe

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A poche ore dall'introduzione del divieto di circolazione imposto alle auto inquinanti dalla Regione Piemonte e dal Comune di Torino, s'intravede la possibilità di un dietrofront. L'ASI e la politica al lavoro per mediare.

Nella Giornata nazionale del veicolo d’epoca che si celebra oggi  fra città e borghi italiani che ospitano centinaia di raduni, esposizioni, mostre e convegni, arriva una risposta dalla Regione Piemonte dopo la levata di scudi promossa da Ruoteclassiche contro le limitazioni alla circolazione di auto e moto storiche a Torino, imposte dall’adozione dal parte dell’amministrazione del sindaco Chiara Appendino della legge regionale sulla qualità dell’aria condivisa - seppur con alcune differenze - da tutto il territorio del bacino padano che comprende Lombardia, Piemonte, Veneto ed Emilia Romagna.La prima reazione. Al divieto generico di circolazione imposto dal Comune ai mezzi storici sette giorni su sette -  fatti salvi quei veicoli i cui conducenti sono in grado di dimostrare la partecipare ad una manifestazione regolarmente organizzata - ha replicato ieri la Regione Piemonte, che tramite l’assessore all’Ambiente, Matteo Marnati, ha dichiarato l’intenzione della giunta di Alberto Cirio, di inserire anche le auto storiche nell’elenco dei veicoli che potranno circolare in città, senza incappare nelle sanzioni previste per i veicoli immatricolati Euro 0.

Un patrimonio da preservare. "I possessori di questi veicoli – ha commentato all’Ansa l’assessore Marnati - non scorrazzano in città per il gusto di inquinare, e solitamente non li utilizzano neppure per il trasporto ordinario. Le auto storiche -  prosegue l’assessore regionale all’Ambiente - sono musei, sono la nostra storia, un patrimonio che il mondo ci invidia e che qualcuno vorrebbe chiudere in garage nel nome di un’ecologismo ideologico, abborracciato e sgangherato. Torino ha già dovuto subire la cancellazione del Salone dell’Auto, adesso basta". Marnati spiega quindi come i "possessori di questo tipo di veicoli paghino iscrizioni e rispettino i vincoli legali di questi mezzi e una parte di questi soldi sono tasse e imposte. Impedire loro di utilizzare un bene mobile per il cui possesso lo Stato e le Regioni incassano quattrini, è una stupidaggine".

Torino accoglierà la deroga. Pronto ad accogliere la deroga, quindi dare il via libera alle auto storico, il Comune di Torino: "Se la Regione  - ha commentato l’assessore comunale all’Ambiente Alberto Unia - porrà prontamente rimedio, noi ci adegueremo senza problemi applicando a nostra volta tale deroga".

La posizione dell'Asi. Soddisfazione è stata espressa in serata dal presidente dell'Asi, Alberto Scuro: "Il motorismo storico - ha detto il presidente dell’Asi - è patrimonio nazionale e industria sociale, perché valorizza la storia del Paese e perché crea un indotto economico che comprende le attività produttive e tantissime iniziative solidali. Dopo i monumenti, il paesaggio, l’enogastronomia, il calcio e la moda, il motorismo storico è ciò che più muove l’interesse di italiani e stranieri.  Confido in un dialogo serio aperto e produttivo che possa continuare sia a livello romano che delle singole regioni. Il nostro impegno e massimo e spero di poterlo comunicare presto anche al presidente della Regione Piemonte, Alberto Cirio con cui confido si possa continuare il dialogo costruttivo avviato".

Roberto Manieri

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La Seat Leon festeggia 20 anni, con oltre 2 milioni di unità vendute

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Presentata per la prima volta nel 1999, la Seat Leon è stata prodotta finora in tre differenti generazioni, con un’escalation di gradimento: ad oggi è stata venduta in oltre 2 milioni di esemplari.

La Seat Leon compie vent’anni. Dal debutto in società, nel 1999, è stata prodotta in tre differenti generazioni. Tutte disegnate, progettate e realizzate nello stabilimento di Martorell, in Spagna. Giorgetto Giugiaro ha disegnato la prima, Walter De Silva la seconda e Alejandro Mesonero-Romanos la terza. Oltre alla marcata personalità estetica, uno dei tratti distintivi della vettura, diventata un modello cardine per il brand, è rappresentato dal suo animo sportiveggiante. Già al momento del lancio, si è imposta come il modello più potente del marchio, con un propulsore da 180 cv, cambio a sei rapporti e trazione integrale. Un primato attualmente detenuto dalla Leon Cupra R, con i suoi 310 cv. Il dna dinamico dell’auto è stato inoltre accentuato grazie a due importanti record messi a segno sul prestigioso tracciato del Nürburgring: nel 2014 la Cupra, guidata da Jordi Gené, ha ottenuto il primato di velocità per una trazione anteriore mentre l’anno successivo si è imposta come vettura familiare più veloce di sempre, fermando il cronometro a 7:58:12. Last but not least, bisogna ricordare che nel 2008 e 2009 la Leon si è aggiudicata il WTCCC, trasformando Seat nel primo marchio capace di vincere il campionato con propulsori Diesel.Vendite in crescita. Design interessante e dinamica di guida sportiva non sempre bastano per sancire il successo di una vettura. L’ultima parola spetta al pubblico, e in questo caso i numeri delle vendite non lasciano spazio a dubbi. La Seat Leon non solo ha da poco superato i due milioni di unità vendute, ma l’ha fatto segnando una crescita costante delle vendite nel corso delle sue tre generazioni. L’attuale, presentata nel 2012 e tuttora sul mercato, ha superato il milione di unità vendute. Quasi il doppio della prima e un terzo in più della seconda. Nuovi mercati e l’ampliamento della gamma, con la declinazione familiare, sono le principali chiavi della crescita della compatta di Barcellona.

Distribuzione globale. Una crescita assimilabile a quella del marchio, che dal 2010 ha visto le sue vendite crescere del 60 %. Se la prima generazione raggiungeva 43 mercati, l’attuale è distribuita in 48 Paesi. Con la prima generazione di Leon, la Seat ha totalizzato nel mercato di casa, la Spagna, il 38% delle vendite, mentre oggi questa percentuale si è abbassata al 20%, dando spazio ad altri mercati del Gruppo. La Germania, per esempio, è passata dal 13% della prima generazione al 24 dell’attuale. Un altro virtuosismo arriva dal Regno Unito, mercato in cui l’attuale generazione ha totalizzato oltre il doppio delle vendite rispetto alla prima serie. Con queste premesse, le aspettative della dirigenza sulla prossima generazione non possono che essere rosee. 

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Grande attesa per la “10 Ore delle Valli Piacentine”

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È alla seconda edizione ma è già un must. Sabato 12 ottobre il Cpae, Club Piacentino Automoto d’Epoca, e Piacenza Corse Autostoriche organizzano la “10 Ore delle Valli Piacentine”, raduno per auto storiche da competizione con prove di abilità

La gara raccoglie l’eredità culturale e sportiva di un capitolo fondamentale del rallysmo soprattutto perché, come in quasi tutte le rassegne promosse dal Cpae, il senso della rievocazione non è dato semplicemente dal nome, quanto piuttosto dalla capacità “filologica” di riportare in strade le auto da competizione protagoniste negli anni Settanta e Ottanta.

 Sulle strade dei campioni. Il nome ha, naturalmente, il suo peso. Il “Rally delle Valli Piacentine” è stata una delle gare più importati del panorama europeo, tanto da vedere altri 300 equipaggi iscritti all’edizione 1978. Il percorso, di circa 160 chilometri, è lo stesso di allora e si snoda lungo le valli appenniniche. Qui si sfidarono grandi piloti. Ripercorrendo strade e passi dove grandi piloti, da Bacchelli a Cambiaghi, da Tony a Verini e Vudafieri, intrecciarono sfide entrate nella storia del motorismo sportivo.

Proprio come una volta. La gara ebbe la massima titolazione nazionale e vide spesso al via le squadre ufficiali. Nel 1975, giusto per fare un esempio, la Fiat schierò la debuttante 131 Abarth, la Lancia la collaudata Stratos, mentre l'Alfa Romeo e la Opel cercarono di rubare loro la scena rispettivamente con la la GTV 3.0 e con la Commodore. Come nella gara d'un tempo, anche la rievocazione partità dal capoluogo emiliano. Quindi i concorrenti affronteranno la salita del Passo del Cerro e quello di Santa Barbara, raggiungeranno Pradovera quindi giù in picchiata a Farini, ancora Bettola e infine rientreranno a Piacenza per la passerella e le premiazioni in centro città. Nel tracciato non ci sono più le prove speciali ma, negli stessi tratti, sono previste 24 prove di abilità secondo la formula della regolarità. È una manifestazione impegnativa sia per le vetture sia per i partecipanti. Ma anche il Valli lo era. Per questo ha conquistato i campioni del volante e oggi ritorna con tutto il suo fascino. 

Tre le categorie al via. Accanto alle auto della regolarità classica, gli organizzatori prevedono anche un raduno Abarth ed una parata di vetture in allestimento corsa proprio per ricreare – pur nel massimo rispetto della sicurezza – l’atmosfera delle corse degli anni Settanta e Ottanta. Informazioni e iscrizioni sul sito del club piacentino.

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Farer Universal, nuova collezione Hand Wound Chronograph

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Farer Universal presenta tre cornografi a carica manuale dedicati alla Bernina Granturismo per auto d’epoca

Farer Universal ha recentemente introdotto alla Bernina Granturismo una collezione di tre cronografi a carica manuale. I nuovi modelli celebrano le cronoscalate che si svolgevano negli Anni 20 e 30 sulle strade e i passi di queste montagne e la manifestazione che ogni anno rievoca queste atmosfere sulle salite del Passo Bernina. La collezione si ispira ai valori della giovane azienda britannica fondata nel 2015: l’universo delle corse, le cronoscalate, lo stile e l'eleganza tipicamente britannici.Farer Bernina Chronograph. È un cronografo a tre contatori con un mix di motivi stilistici bianchi alternati al rosso, il colore delle competizioni. La cassa in acciaio da 41 mm (12,9 mm di spessore e corona con inserto in bronzo) ha il quadrante in bianco opaco. Sulla parte esterna è posizionata la lunetta in ceramica con scala tachimetrica incisa; all'interno la scala telemetrica per la misurazione della velocità del suono. Il quadrante (con cristallo di zaffiro che lo protegge) presenta la lancetta dei secondi del cronografo di colore rosso e i suoi piccoli quadranti: minuti parziali (fino al 30) al 3, ore crono (fino al 12) al 6 e secondi continui al 9 (con piccola lancetta blu). Sul quadrante principale troviamo lancette in stile Dauphine. Il fondello è in acciaio spazzolato e permette, grazie alla trasparenza, di ammirare il movimento. Sulla parte esterna è inciso il numero dell'esemplare. Al suo interno monta il calibro Sellita SW 510 BH a carica manuale con 28.800 alternanze l’ora e 58 ore di autonomia. E' impermeabile fino a 100 metri ed è corredato da cinturino in pelle. Prezzo: 1675 GBP (circa 1490 €).

Farer Cresta Chronograph. Rispetto al Farer Bernina presenta: lunetta blu che indica 60 minuti, quadrante centrale blu con piccolo quadrante dei minuti cronografici in bianco, lancetta dei secondi centrali azzurra. Prezzo: 1675 GBP.

Farer Moritz. Si riconosce per lunetta in acciaio con scala tachimetrica, quadrante nero, lancetta dei secondi del cronografo verde e indici di grande spessore trattati con superluminova di grado A per aumentare la visibilità al buio. Si indossa con cinturino in pelle nera con grandi fori che amplifica l’atmosfera automobilistica. Prezzo: 1675 GBP.

Farer Bernina LE. Farer ha aggiunto alla collezione una serie speciale di venti esemplari (già tutti venduti) del Bernina personalizzati con un quadrante speciale dedicato all’edizione 2019 della Bernina Granturismo. Prezzo: 1675 GBP.

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Tag-Heuer, serie speciale per i 50 anni del Monaco

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Presentata la quarta versione del modello che celebra cinque decadi dello storico cronografo lanciato nel 1969

La quarta versione del Monaco si ispira alla decade 1999-2009 e propone una spiccata attenzione al contrasto tra il bianco e il nero. L’abbinamento tra queste due tinte è studiato per consentire alla forma anticonvenzionale della cassa quadrata (acciaio, 39 x 39 mm) di emergere e imporsi con il suo significato forte e originale.Com’è fatto? Sul quadrante nero pece risalta il grande contatore di ore e minuti (datario al 6) con indici segnati da tocchi di rosso e arancione. Al centro è posizionata la grande lancetta rossa dei secondi del cronografo, un forte richiamo alle competizioni. Ai lati stanno i piccoli contatori di minuti cronografici (30 minuti) e secondi continui; uno stile elegante, rigoroso e composto. Tutte le Limited Edition del Monaco montano il Calibre 11 di Tag Heuer, meccanico a carica automatica con frequenza di oscillazione di 28.800 alternanze l’ora e autonomia di 40 ore. Il cronografo si gestisce con i pulsanti sulla parte destra della cassa. La corona è invece posizionata, secondo tradizione, a sinistra. È corredato con cinturino in pelle, differente a seconda della versione.

Le altre Limited Edition. La prima versione speciale commemorativa del modello storico, che rende omaggio alla decade 1969–1979, è stata lanciata lo scorso maggio in occasione del GP di F1 di Monaco. Presenta quadrante verde con motivo Côtes de Genève e accenti marroni e ambrati, contatori con effetto soleil placcati oro nero e cinturino in pelle marrone. La seconda serie speciale è stata presentata la successiva metà di giugno alla 24 Ore di Le Mans 2019 ed è dedicata alla decade 1979 - 1989. Si presenta con quadrante rosso acceso con accenti neri e argento e contatori argento. È abbinato a un cinturino in pelle nera. Il terzo Tag Heuer Monaco Limited Edition si riferisce alla decade 1989 – 1999 e ha fatto il suo ingresso ufficiale nel mese di luglio al Gran Prix Formula E a New York. Ha quadrante grainé grigio con accenti blu e rossi, contatori grigi e cinturino blu in pelle con interno rosso.

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Bonhams, vanno a ruba le auto del dittatore

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La giustizia svizzera ha messo all’asta con successo una collezione di supercar sequestrata per illeciti finanziari al vice presidente della Guinea Equatoriale Obiang Nguema, figlio del dittatore Teodoro Nguema

I denari, infatti, non mancavano a colui che molto probabilmente succederà al padre alla presidenza del piccolo stato equatoriale (è poco più grande del Piemonte), uno dei principali produttori di petrolio dell’Africa con una popolazione di solo 1,2 milioni di persone.

 Il nababbo col vizio delle supercar. Con quei soldi Obiang Nguema conduceva una vita da nababbo e aveva dato sfogo anche alla sua passione per le supercar. Vetture prestigiose e rare tra le quali sette Ferrari, tre Lamborghini, cinque Bentley, una Maserati, una McLaren, una Koenigsegg e una Bugatti Veyron. Venticinque vetture che la giustizia svizzera gli ha confiscato nel 2016 e che il 29 settembre 2019 la casa d’aste Bonhams ha venduto senza prezzo di riserva provocando molta competizione tra i presenti.

Usate col contagocce. Le stime basse hanno, infatti, attirato l’interesse di collezionisti da tutto i mondo e portato i prezzi di aggiudicazione molto più in alto di quelli previsti; spinti anche dalla ridottissima percorrenza di tutti i modelli, praticamente “come nuovi”. Il futuro dittatore, a quanto pare, si accontentava di lustrarsi gli occhi nel proprio garage godendosi i suoi gioielli probabilmente solo per piccole gite nei dintorni di Ginevra.

Le più care. Il record della collezione è andato a una Lamborghini Veneno del 2014, prodotta in soli nove esemplari per commemorare il 50° anniversario della nascita della Casa di Sant’Agata Bolognese, con solo 325 km di percorrenza da nuova, aggiudicata a 7.624.310 a fronte di una stima di 4,4 – 5,0 milioni di euro. A seguire una Koenigsegg One del 2015, solo sei esemplari costruiti, con 597 km percorsi, stimata tra 1,6 e 2.0 milioni di euro e aggiudicata a più del doppio: 4.235.627 euro.

Cavallini rampanti. Una Ferrari Enzo del 2003, stimata 1,6 – 1,8 milioni di euro, è stata invece aggiudicata a 2.859.115 euro. Questo esemplare presentava una percorrenza di 21 km da nuova. Sicuramente la Enzo con la percorrenza più bassa oggi esistente. Dietro di loro una Ferrari LaFerrari del 2015, 894 km da nuova, stimata 2,4 – 2,6 milioni di euro e aggiudicata a 2.012.000 euro. Una delle poche supercar della collezione ad essere state aggiudicate a un valore inferiore a quello stimato.

Tedesche e inglesi non deludono. Ottimo il risultato ottenuto anche da una Porsche 918 Spyder del 2015 con solo 582 km percorsi. Stimata tra gli 875.000 e 1,1 milioni di euro è stata aggiudicata a 1.429.560 euro. Tra le inglesi in collezione, ha brillato per il risultato una Aston Martin One-77 del 2011, la n°35 di 77 costruite. La stima di 1,3 – 1,7 milioni di euro è stata rispettata: la One-77 è stata infatti aggiudicata a 1.429.560 euro.

Sotto le attese. Meglio in termini di rivalutazione è andata a una Bugatti Veyron EB 16.4 del 2010 con 4500 km di percorrenza da nuova. La stima d’asta di 600-800.000 euro è stata superata fino a toccare il valore finale di 1.207.182 euro. Sotto la stima invece una McLaren P1 del 2014 con solo 973 km percorsi. Valutata tra 1,3 e 1,6 milioni di euro, ha visto il suo prezzo di aggiudicazione fermarsi a 1.164.825 euro.

 

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Opel Manta A 1.6 SR, l’auto che sfidò la Capri

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Pensata come l’anti Ford Capri, con linee di carattere e una dinamica di guida sportiva, non riuscirà nell’impresa di eguagliare il successo della rivale

La storia odierna è ambientata in Germania e ha come protagonista la Opel Manta, presentata nel 1970. La nuova vettura del marchio tedesco, destinata a succedere alla Opel GT, nasce con il chiaro intento di tenere testa alla Ford Capri.Look originale, differenti motorizzazioni. La Manta è una creatura di Chuck Jordan, famoso designer americano della General Motors, che ha lavorato per anni alla Opel. Stilisticamente l’auto appare decisamente diversa rispetto agli altri modelli, con linee da coupé sportiveggiante capaci di garantire uno spazio a bordo sufficiente per conducente e passeggeri. Per quanto concerne l’aspetto tecnico, adotta un’impostazione convenzionale per l’epoca e la categoria di appartenenza, ovvero trazione posteriore, cambio manuale a quattro rapporti e motori già impiegati su altri modelli della Casa. Filosofia costruttiva nella quale il marchio nutre piena fiducia, tanto che la utilizzerà anche sulla nuova Ascona. La prima generazione, denominata Manta A, rimane in commercio per cinque anni (1970-1975), durante i quali la gamma può contare su differenti motorizzazioni. Inizialmente, una delle versioni più interessanti è rappresentata dalla Manta 1.6 SR da 80 CV. Non è la più potente (la 1.9 arriva infatti ad erogare 90 cv) ma rappresenta perfettamente la filosofia del modello, nato per avere un carattere dinamico e al tempo stesso offrire spazio e comodità ai propri passeggeri.

La prova di Quattroruote. La prima prova della Manta 1.6 viene pubblicata sul numero di maggio del 1971. Se l’aspetto esteriore, nel complesso, convince per il suo carattere, l’abitacolo ha una serie di elementi non pienamente convincenti. La strumentazione ben leggibile, per esempio, viene definita come non adatta a una vettura che, seppur da famiglia, ha ambizioni sportive: nella dotazione di serie manca il contagiri, che si può avere solo su richiesta, pagando un sovrapprezzo. In compenso gli interni risultano particolarmente curati nelle finiture. Sobrie e senza pretese lussuose, a differenza di quanto si trova su altri modelli della Casa. Rivestimenti in materiale uso pelle, moquette sul pavimento e plastica sul padiglione sono di buona qualità. Il motore, poco elastico, è piuttosto pigro ai bassi regimi: manca quello sprint che ci si attenderebbe da una 1.6 sportiva. Il cambio, molto preciso e dolce nell’innesto, è dotato di un’ottima sincronizzazione, mentre lo sterzo è leggero ma troppo demoltiplicato. Inadatto quindi a una sportiva.

La quotazione attuale. La prima generazione della Opel Manta, indipendentemente dalla motorizzazione e dall’allestimento, può essere acquista a un prezzo decisamente interessante. Il nostro listino ufficiale, infatti, riporta una quotazione che va dai 2500 ai 7500 euro per un modello in perfette condizioni o completamente restaurato.

Diteci la vostra. Nell’eterna sfida con la rivale, la Ford Capri, voi per chi tifate? Ancora: prendendo in considerazione la storia (completa) della Manta, quale versione preferireste acquistare? Fatecelo sapere nei commenti qui sotto. Inoltre, se avete un ricordo particolare legato a questo modello, condividetelo con la nostra community. Scriveteci una mail all’indirizzo redazione@ruoteclassiche.it.  

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Maserati Tipo V4, un’auto da record

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Nel settembre del 1929 la Maserati Tipo V4 stabilì a Cremona un importante record, il primato mondiale sui 10 chilometri con partenza lanciata

Tempo di ricorrenze in casa Maserati: il 28 settembre di novant’anni fa Mario Umberto “Baconìn” Borzacchini, alla guida di una Tipo V4, stabilì infatti il primato mondiale sui 10 chilometri con partenza lanciata. La gara si svolse lungo la vecchia strada statale n. 10-Padania Inferiore che, partendo da Cremona in direzione est-nord-est, vantava un rettilineo di circa 17 chilometri. I dieci chilometri partivano dal municipio di Gadesco Pieve Delmona, con arrivo a Sant’Antonio d’Anniata.Una media da record. Il regolamento internazionale prevedeva un’andata e un ritorno, con la media dei tempi omologata per ottenere il record. Borzacchini fece registrare un tempo medio di 2’26”30/100, corrispondente a una velocità di 246,069 km/h, ovvero il nuovo record mondiale per la classe C (da 3000 a 5000 cc). Un risultato notevole che andava a surclassare il primato precedente del 1927 ottenuto da Ernest Eldridge a Montlhéry, con 225,776 km/h e un tempo di 2’39”45/100. Questo record è stato un evento eccezionale, festeggiato a Bologna con una cena offerta dall’Automobile Club alla presenza delle massime autorità cittadine, dei piloti e di Enzo Ferrari che, proprio in quell’occasione, riuscì a convincere due facoltosi imprenditori emiliani, Alfredo Caniato e Mario Tadini, a costituire la scuderia che avrebbe portato il suo nome.

Auto innovativa e performante. La Maserati Tipo V4 segna un importante traguardo per Maserati in termini di innovazione. L’obiettivo era quello di realizzare una motorizzazione possente unendo due motori uguali a otto cilindri in linea. Questo complesso progetto prevedeva due motori Tipo 26B affiancati collegati da un unico basamento contenente i due alberi motore. Ognuno dei due gruppi aveva la propria accensione a magnete, il proprio carburatore con compressore e il proprio albero motore, per una potenza di oltre 280 cv. La configurazione tecnica della vettura era completata da un telaio appositamente rinforzato, un cambio a quattro marce e una trasmissione composta da un unico albero che terminava al ponte posteriore di tipo rigido, con sospensioni a balestra semi ellittiche.

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Lancia Gamma Speciali, incomprese o incomprensibili?

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La Gamma doveva riportare sulla breccia la Lancia. Così, vennero studiate una serie di varianti molto originali nelle linee, basate sulla meccanica dei modelli tradizionali. La loro storia, però, si limiterà alla realizzazione di prototipi unici

Presentata nel 1976, la Lancia Gamma ha il compito di insediare la vetta di un segmento parecchio competitivo, quello delle berline di alto livello, lasciato scoperto dopo l’uscita di scena (nel 1974) della 2000. Rispetto a quest’ultima e alla Flavia, sua progenitrice, la Gamma presenta un notevole cambiamento sotto il profilo estetico. L’ammodernamento stilistico porta la firma di Pininfarina, a cui è stato affidato il disegno sia della versione berlina sia della coupé. Il suo look si distingue grazie a linee capaci di trasformare in un tutt’uno l’abitacolo e la coda, accorpati a un frontale progettato secondo il nuovo canone del fast back, che comporta un’accentuata inclinazione del lunotto. Il proseguo della storia della Gamma è già stato argomento di un nostro articolo di approfondimento, pertanto ora vogliamo porre l’attenzione sullo stile adottato da delle versioni derivate. Vi avevamo già parlato dell'innovativa Lancia Megagamma: ora tocca a modelli ideati per intrigare con le loro particolari forme un vasto pubblico, rimasti però confinati nella cerchia dei prototipi mai trasformati in modelli di serie. Ci riferiamo, in particolar modo, alle Gamma Olgiata, T-Roof, Scala e 3V.Esemplari unici. La Lancia Gamma Olgiata rappresenta un’originale station wagon, esposta per la prima volta in pubblico al Salone di Parigi del 1982. Disegnata da Pininfarina sfrutta la base meccanica della coupé seconda serie convenzionale, mossa dal propulsore di 2.5 litri da 140 cv. Le particolari forme della carrozzeria sono state pensate per esaltare l’aspetto sportiveggiante grazie a una serie di specifici dettagli come lo spoiler posteriore e i montanti neri, che si combinano sapientemente con i vetri leggermente oscurati. La porzione anteriore si contraddistingue invece per un inedito paraurti, con grandi gruppi ottici sporgenti. Altrettanto eccentrica la Gamma T-Roof, ovvero una versione “targa” della coupé. L’aspetto stilistico di maggior rilevanza, in questo caso, è rappresentato logicamente dalla modifica apportata al tetto, in quanto la restante porzione della carrozzeria rimane fedele agli stilemi convenzionali. Decisamente più sobria ed elegante la Gamma Scala, una piacevole versione berlina derivata dalla versione coupé in produzione.

L’interpretazione di Giugiaro. La Gamma 3V può essere definita come una prova di una versione a tre volumi, realizzata partendo da una Gamma berlina 2.5 I.E. del 1980. Un esercizio di stile condotto sulla falsa riga di quanto fatto in precedenza con la Beta Trevi.  Anche la realizzazione in larga scala della 3V non prenderà mai il via, mentre il prototipo costruito verrà targato e utilizzato per diverso tempo da alcuni dirigenti della casa automobilistica. Dopo aver citato i progetti del famoso carrozziere torinese, non resta che ricordare la particolare interpretazione firmata da Giorgetto Giugiaro, la Lancia Megagamma: presentata al Salone di Torino del 1978, anticipa le caratteristiche delle MVP (Multi-purpose Vehicle), modelli con una configurazione a metà tra monovolume e familiare che si affermeranno sul mercato dell'auto soltanto due decenni più tardi. Giugiaro alza il tetto di 25 centimetri riuscendo, nonostante il taglio in lunghezza di circa 30 centimetri, ad aumentare lo spazio a bordo per passeggeri e bagagli: è una prima, coraggiosa esplorazione di una frontiera che, negli anni a venire, diverrà terreno di conquista per diversi costruttori automobilistici (basti pensare ai traguardi raggiunti dalla Renault Espace e dalla Fiat Multipla). 

Diteci la vostra. Ora, siamo curiosi di conoscere una vostra opinione su questi originali modelli. Li ritenete dei progetti incompresi o incomprensibili? Quale vi sarebbe piaciuto, maggiormente, vedere trasformato in versione di serie? Ancora: nel più ampio discorso dei vari esercizi di stile realizzati dai vari designer nel corso degli anni, qual è il vostro prototipo preferito in assoluto?

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Ruoteclassiche di ottobre: dalla Fiat 128 alla Pagani Zonda

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È in edicola Ruoteclassiche di ottobre con, a richiesta, un inserto speciale che accende i riflettori sui più importanti musei dell’automobile europei

Una rarità assoluta sulla copertina di Ruoteclassiche di ottobre. E per due motivi: la prima, perché si tratta di un’automobile fresca ventenne, insomma una sorta di “baby” tra i modelli che sono di solito argomento della nostra rivista; la seconda, è che si tratta di una vettura che ha cambiato il modo d’intendere (e di costruire) le hypercar. Stiamo parlando della Pagani Zonda C12, telaio n. 001.Tre generazioni. Salto indietro agli anni Settanta con il “Test a test” che mette a confronto tre generazioni di Fiat 128: dalla prima serie del 1971 alla Nuova 128 1100 CL del 1979, passando per la 1100 del 1974. Le “Impressioni”, con relativa coda di “Guida all’acquisto”, sono appannaggio della Jaguar MK2, da noi portata su strada nella versione 3,8 Litre del 1967.

Icona sportiva Alfa. “Nate per correre” e “Tecnica” sono legate a una sportiva che ha scritto, a cavallo degli anni Settanta, un capitolo importante della storia sportiva del Biscione: l’Alfa Romeo 1750 GT Am. Nella sezione “Repliche”, spazio alla passione e alla fedeltà pressoché assoluta con una Ferrari 275 P, costruita ex novo da un appassionato carrozziere e battilastra con un lavoro certosino conclusosi nel 1989. Chiude la sezione “Automobili” il viaggio Barcellona - Milano in Seat Ibiza prima serie e la Lamborghini Urus, protagonista della pagina “Classiche domani”.

Novità di stagione. Particolarmente ricco e variegato il contenitore “Fatti e Persone”, che apre con la Continuation DB5 Goldfinger, che sarà commercializzata in 25 esemplari nel 2020, per poi continuare con due “Nostre iniziative”: la rinascita - in forma completamente rinnovata e con cadenza trimestrale - della storica nostra testata AutoItaliana e lo Street Show Quattroruote svoltosi lungo tutto corso Buenos Aires, a Milano, domenica 15 settembre. Tra i grandi eventi del secondo semestre dell’anno si parlerà del Goodwood Revival Meeting, del Concorso d’Eleganza di Pebble Beach e dell’International Mini Meeting.

Star della pista e dell’industria. Rispettivamente tra gli “Incontri ravvicinati” e i “Protagonisti” le figure mitiche di Jody Scheckter, a quarant’anni dal suo titolo iridato con la Ferrari, e il grandissimo “Car Guy” Ferdinand Piëch, recentemente scomparso.

Saloni e gare. L’“Ultima ora” guiderà il lettore tra le novità dell’ormai imminente Auto e Moto d’Epoca di Padova, dopo averci mostrato lo spettacolo della Drivers’ Parade in occasione del Gran Premio d’Italia di Formula 1. Per “Gareclassiche” un’anticipazione sulla Coppa Franco Mazzotti e il reportage dall’ultima edizione di Passione Engadina.

Occhio agli affari. La sezione “Mercato” viene introdotta da alcune gustose anticipazioni sulla prossima asta Finarte al Salone di Padova, per proseguire poi con i risultati degli incanti durante la Monterey Car Week agostana e “Il punto dell’esperto” a cura questo mese di Simon Kidston.

I grandi musei d’Europa. Ricordiamo che allegato a richiesta con il numero di Ruoteclassiche di ottobre troverete in edicola il secondo Speciale dedicato ai “Grandi Musei dell’Auto”, che dopo l’uscita di settembre sulle strutture italiane, si sofferma sulle grandi realtà espositive europee.

 

Fiat 127 Rustica, una “dura” di campagna

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Con la versione Rustica, basata sulla scocca della 147 costruita in Brasile, la Fiat 127 veste i panni di auto tuttofare. Adatta sia per svolgere attività professionali che per il tempo libero. Una declinazione indubbiamente originale, non particolarmente apprezzata dal pubblico dell’epoca

La Fiat 127 lascia un segno indelebile nella storia dell’automobilismo. In sedici anni di onorata carriera riuscirà sempre a rimanere al passo con i tempi, grazie a un’evoluzione costante e molteplici versioni. Non solo modelli convenzionali ma anche declinazioni particolari, ideate per risultare delle ottime tuttofare. A tal proposito, sebbene la sua storia sarà breve e non molto redditizia, merita una menzione speciale la 127 Rustica.Aspetto da “dura”. Presentata nel 1979 s’identifica in una sorta di modello a ruote rialzate, l’equivalente di una moderna crossover compatta. La Casa torinese la definisce, più semplicemente, come un’auto da campagna. La 127 Rustica si contraddistingue per un aspetto da “dura” generato dall’adozione di una vernice semiopaca, abbinata a cerchi neri, paraurti tubolari e griglie parasassi davanti ai gruppi ottici. A richiesta, l’allestimento può comprendere inoltre un grande portabagagli a barre sul tetto. Gl’interni spartani sfoggiano sedili in finta pelle, con imbottitura sottile, e una strumentazione essenziale. A livello tecnico la 127 Rustica rappresenta una variante della 147 - la versione con motore 1050 (da 50 cv) prodotta in Brasile - dotata di scocca e sospensioni particolarmente robuste, al fine di adattarsi al meglio su tutti i tipi di strade.

Allestita dalla Lamborghini. Prendendo in considerazione l’aspetto costruttivo, la vettura vanta un’ulteriore originalità: la 127 Rustica, infatti, viene allestita nello stabilimento Lamborghini di Sant’Agata Bolognese, su scocche provenienti dal Brasile. Le modifiche alla meccanica riguardano la rivisitazione della trasmissione e l’assetto rialzato, con molloni anteriori tipo “Tropico” e balestra posteriore a tre lame. Nel complesso l’auto beneficia di un motore vivace e sospensioni discretamente confortevoli, ma è rumorosa e fin troppo vistosa. Il verdetto del grande pubblico ne decreta una sonora bocciatura, a tal punto che la sua produzione cesserà (già) nel 1981.

La prova di Quattroruote. La prova su strada, effettuata nel mese di novembre del 1979, evidenzia nel complesso una valutazione soddisfacente. Convincono la tenuta di strada e l’ormai collaudato motore 1050 cc: sufficientemente brillante, sale rapidamente di giri. Meno gradevole il comportamento dello sterzo, giudicato più pesante e meno preciso rispetto al comando installato sulla versione convenzionale. Inoltre, nella 127 Rustica si nota subito la mancanza del servofreno: lo sforzo necessario è piuttosto elevato. A velocità sostenute occorre premere a fondo sul pedale, per ottenere una risposta adeguata.

Diteci la vostra. E voi, cosa ne pensate della 127 Rustica? Siamo curiosi di sapere se in quel periodo avreste optato per lei oppure per una versione più convenzionale. Fatecelo sapere attraverso i commenti qui sotto. Inoltre, se avete dei ricordi particolari legati a questo modello di carattere, potete scriverci una e-mail con la vostra storia all’indirizzo redazione@ruoteclassiche.it.

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In edicola i Grandi Musei dell’Auto in Europa

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Con l’allegato al numero di ottobre di Ruoteclassiche continua il nostro viaggio alla scoperta dei musei dedicati ai motori: questa volta però abbiamo varcato i patri confini per visitare le più interessanti e curiose esposizioni europee.

Un’Europa che ancora una volta affascina col suo carico di ricchezza e diversità, un patrimonio che non ha eguali al mondo. La nostra esplorazione ha posto in evidenza una realtà alquanto diversa da quella del Belpaese; le risorse a disposizione di privati e fondazioni, unitamente a una cultura collezionistica e archivistica decisamente più radicate, fanno infatti la differenza: basti pensare che persino le istituzioni più piccole vendono oltre diecimila biglietti all’anno.Gran tour d'Europa. La prima sezione del volume è il resoconto di un tour compiuto in agosto per visitare diciotto santuari dell’automobilismo sparsi tra Svizzera, Austria, Germania, Lussemburgo, Belgio, Francia e Inghilterra. Prima tappa è stato il Rolls-Royce Museum, situato a Dornbirn, in Austria, dove una collezione di oltre sessanta Rolls d’anteguerra riunite da Franz Vonier in circa cinquant’anni di ricerche è oggi contesa dai suoi tre figli. E che dire del Technik Museum Sinsheim (Germania), una sorta di parco dei divertimenti nel quale 250 vetture convivono con aerei, fra cui il Concorde, treni e macchine a vapore? Un’esposizione di notevole interesse, dove peraltro a settembre è stata inaugurata una mostra dedicata ai capolavori dell’Alfa Romeo. Da rimanere poi a bocca aperta, colpiti da una sorta di sindrome di Stendhal, nelle sale del Musée de l’Auto Mahymobiles, dell’Autoworld, della Cité de L’Automobile (14.000 metri quadri con quasi 400 automobili, di cui 139 Bugatti), del Brooklands Museum, del Conservatoire Citroën e del Musée de L’Aventure Peugeot. Senza dimenticare, ovviamente, le avveniristiche installazioni dei musei Mercedes-Benz e Porsche.

Da Amburgo a Zwickau. Ma accanto a queste strutture abbiamo inserito anche altri 17 musei visitati in precedenza, che per ragioni di tempo non abbiamo potuto inserire nel nostro “grand tour” estivo. Alcuni sono ovviamente molto noti, come Audi Mobile, Autostadt e BMW, altri più “defilati”. Tra questi, il Museu do Caramulo in Portogallo, il Torre de Loizaga (a una trentina di chilometri da Bilbao), dove una delle più importanti collezioni private al mondo di Rolls-Royce è ospitata all’interno di una fortezza medievale, l’Automuseum Prototyp di Amburgo, l’August Horch Museum di Zwickau o l’Hellenic Motor Museum di Atene.

Con Ruoteclassiche di ottobre. Una guida che vi porterà a conoscere complessivamente ben 35 musei, in 13 nazioni diverse, dalla Finlandia alla Grecia. Ma ora è il momento di iniziare a leggere il nostro vademecum. L’allegato Grandi Musei dell’Auto Europa viene proposto insieme a Ruoteclassiche di ottobre a 7,40 euro in più rispetto al prezzo della sola rivista.

I grandi musei dell'auto in Europa (ottobre 2019) - 1Ruoteclassiche
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Toyota Yaris, una “piccola” dalle grandi ambizioni

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Grintosa il giusto, piccola fuori e spaziosa dentro. La Yaris ha convinto tutti fin dal suo esordio, anche i giornalisti di Quattroruote che la sottoposero a meticolosi test

Senza ombra di dubbio il 2019 per la Toyota Yaris è un anno molto importante: la vettura nipponica, capace di rivoluzionare il concetto stesso di utilitaria, compie vent’anni. Anniversario che noi di Ruoteclassiche abbiamo celebrato, nei mesi scorsi, attraverso uno specifico articolo di approfondimento. Il focus dell’appuntamento odierno, pertanto, non vuole essere un remake di quanto (già) fatto, bensì un’occasione per riproporre ulteriori elementi inerenti la citycar nipponica, come le valutazioni di Quattroruote dell’epoca.Passaporto da vincente. Prima di andare oltre, però, ci sembra doveroso effettuare un breve ripasso delle sue generalità. La linea della Yaris nasce dalla matita del designer greco, Sotiris Kovos, con il chiaro intento di riuscire a conciliare due esigenze diametralmente opposte: un’auto piccola fuori (lunga 3,61 metri, ovvero 15 centimetri meno di una Punto) ma grande dentro. Interessante il risultato finale, con un’originale forma simile a quella di una monovolume, caratterizzata da fiancate piuttosto verticali, un’altezza da terra di rilievo (1,5 metri) e una volumetria interna da record (2,5 metri cubi). L’aspetto maggiormente interessante, però, riguarda il propulsore. Il mille della Yaris è un sofisticato quattro cilindri, con distribuzione bialbero a quattro valvole per cilindro, dotato di un variatore di fase per le valvole dal lato aspirazione. La potenza specifica -50 kW/litro- è la più alta della categoria. Con queste credenziali la Yaris riesce da subito a convincere e interessare il grande pubblico, tanto che nel 2000 si aggiudica il titolo di Auto dell’Anno. Nei mesi successivi alla premiazione la gamma si amplierà grazie a nuovi allestimenti e motori, accompagnati poi dal classico aggiornamento di metà carriera. La prima serie uscirà di scena nel 2005, per far spazio a un modello capace di rimanere sempre al passo coi tempi. Ma questa è storia recente… 

La prova di Quattroruote. Subito dopo il debutto in società la Yaris si sottopone a molteplici test dalla “nostra” rivista, a partire dall’analisi incentrata sul comportamento dinamico. Il verdetto globale è decisamente soddisfacente: la Yaris è improntata alla massima sicurezza. Evidentemente non sarà mai una macchina da corsa, me neppure vuole esserlo, visto che il suo scopo è quello di conciliare l’elevata spaziosità con un comportamento il più possibile facile. Molto morbida, si disimpegna con facilità sui percorsi tortuosi, grazie e soprattutto alla gommatura larga (175/65 su cerchi da 14) e all’azione progressiva del servosterzo, che mantiene sempre un ottimo feeling con l’asfalto. L’impostazione della traiettoria è sempre piuttosto precisa, nonostante sia evidente una rapidità non immediata. Per quel che riguarda il motore, la Toyota non ha voluto progettare un’unità particolarmente grintosa, nonostante il valore della potenza specifica sia al top della categoria. In altre parole, se si va piano la piccola giapponese avanza pacificamente, senza particolare fretta. Se si affonda in maniera decisa sul pedale del gas, allora, i giri vengono presi con facilità, ottenendo prestazioni di lodevole spessore.

Il verdetto del Direttore. La bontà del progetto è ulteriormente confermata da una prova speciale su strada: da Milano a Onnaing (in Francia del Nord, dove sorgerà la nuova fabbrica Toyota) e ritorno, per un totale di oltre 2700 chilometri, effettuati in tre giorni. Un test effettuato niente meno che dall’attuale Direttore di Quattroruote, Gian Luca Pellegrini. La partenza per la Francia avviene alle sei di un venerdì sera dalla redazione (Rozzano), giusto in tempo per “godersi” il caotico traffico delle tangenziali milanesi durante l’esodo di fine settimana. Cala la sera e il viaggio di avvicinamento alla Francia prosegue. A 150 km da Parigi, il Direttore abbandona l’autostrada in favore della “routes nationales”, dove ha modo di apprezzare l’efficacia del cambio, definito eccellente. Il giudizio più che soddisfacente fino a quel punto deve essere aggiornato con un appunto, dopo aver affrontato la pioggia. Col bagnato la tenuta di strada diminuisce: i pneumatici faticano a mantenere la traiettoria impostata dal volante leggerissimo, inducendo un sottosterzo che consiglia di alleggerire il gas. Nonostante ciò, dopo aver macinato oltre mille chilometri, definisce la Yaris come una bella macchinetta, comoda e piacevole da guidare, soprattutto quando si viaggia ad andature tranquille. Impressioni confermate anche nella restante parte del viaggio, tanto da ritenere quasi diminutivo definirla solo come utilitaria.

La quotazione attuale. Indipendentemente dalla versione scelta, il valore di una Yaris prima serie è compreso tra i 500 e i 1500 euro, per un modello in perfette condizioni.

Diteci la vostra. Comoda, versatile ed efficiente. Indubbiamente, la Yaris  è una proposta interessante per molti clienti. Proprio per questo, siamo curiosi di conoscere la vostra opinione sul suo conto. Dovendo acquistare una citycar la scegliereste, oppure optereste per modelli di altri marchi? Se avete un ricordo particolare legato alla Yaris raccontateci la vostra storia attraverso una mail indirizzata a redazione@ruoteclassiche.it.

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La mobilità sostenibile del Museo Nicolis al Ci.Te.Mo.S

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In occasione della terza edizione del Ci.Te.Mo.S, rassegna della tecnologia e della mobilità sostenibile, il Museo Nicolis espone in pubblico due originali mezzi a zero emissioni

Il Nicolis sarà infatti presente alla manifestazione - organizzata da Confartigianato Imprese Vicenza - con l’auto elettrica Baker, Rauch & Lang del 1919, che quest’anno festeggia i 100 anni, e la bici del pompiere, costruita per i vigili del fuoco che operavano all’interno delle industrie petrolchimiche.

Auto e bici a zero emissioni. Nei primi anni del secolo scorso la trazione elettrica ha un discreto successo, specialmente negli USA, tanto che nel 1912 sono circa diecimila i veicoli a zero emissioni prodotti. La trazione elettrica dagli Anni ‘20 verrà utilizzata prevalentemente per usi commerciali come, per esempio, i furgoncini dedicati alla distribuzione del latte. L’esemplare della Baker, Rauch & Lang esposto al Ci.Te.Mo.S si può guidare, tramite una barra, sia dai sedili anteriori che dai sedili posteriori. In tal caso i sedili anteriori ruotano formando un perfetto salotto. Le sue peculiarità sono completate da una potenza pari a 11 cv, una velocità massima di 60 km/h e un’autonomia di circa 70 chilometri. La dotazione della bicicletta da pompiere, invece, comprende la manichetta per l’acqua arrotolata nel telaio, un becco a lancia, un piede di porco, una piccola ascia, la sirena (funzionante tramite attrito sulla ruota anteriore ) il casco e un fanale a carburo. Le manopole e i pedali sono in legno, mentre il freno è previsto solo sulla ruota anteriore.

Ci.Te.Mo.S. Giunto alla sua terza edizione, il festival diventa una manifestazione nazionale e affronta, nei dibattiti che si susseguiranno dal 4 al 12 ottobre, il tema della sostenibilità coniugata alla mobilità sorretta dalle nuove tecnologie, ovvero l’energia propulsiva della nostra era. Nel corso della settimana raccoglierà istanze, progetti e idee sui grandi temi che impongono ad amministratori pubblici, esperti, manager e politici un massiccio impegno per salvaguardare il futuro delle nuove generazioni.

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Simca 1000, longeva utilitaria con origini italiane

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All’inizio degli anni sessanta, più precisamente nel 1961, la Simca, fino ad allora nota soprattutto per l’Aronde, presenta la nuova Simca 1000, una vettura capace di conquistare un ampio pubblico

La sua storia è legata in maniera indissolubile all’Italia. Molti di voi già sapranno che la Simca, acronimo di Société Industrielle de Mécanicque et Carrosserie Automobile, nasce dall’inventiva di un imprenditore italiano, Enrico Teodoro Pigozzi, che nel 1935 incomincia a costruire su licenza delle vetture Fiat in Francia. Verso la fine degli anni cinquanta i due marchi stanno lavorando in parallelo allo sviluppo di una nuova utilitaria, ma dopo alcuni ripensamenti la Fiat decide di cessare il proprio lavoro. Così, si presenta l’occasione per Pigozzi di acquisire l’esperienza del progetto maturato dal marchio torinese e farla confluire nel proprio, dando vita a un modello nato in maniera autonoma.Upgrade costante. Le origini Fiat della Simca 1000 appaiono quindi nitide fin dalla progettazione dell’impostazione meccanica (da parte di Dante Giacosa e Rudolf Hruska) e di quella estetica, nata dall’ispirazione di alcuni schizzi di Mario Revelli sotto la supervisione di Felice Mario Boano, direttore del Centro Stile di Mirafiori. Prima vettura a motore posteriore - un quattro cilindri da 45 cv - che la Casa mette sul mercato, la Simca 1000 risulta fin da subito competitiva, sia per la sua estetica sia per la sua praticità: quattro porte, quattro posti, prestazioni brillanti, prezzo e cilindrata abbordabili da una clientela numerosa. Le prime novità della gamma avvengono a due anni dal debutto, nel 1963, con l’aumento della potenza del motore, da 45 a 50 cv, abbinata ad alcuni dettagli rivisitati per gl’interni. Da qui in poi l’auto verrà sottoposta a varie modifiche, per migliorare costantemente il prodotto e renderlo sempre più competitivo. Non mancheranno neppure delle versioni sportive, come la Simca-Abarth 1150 e le Simca Rallye. Aggiornamenti allo stile, ai contenuti e alle motorizzazioni garantiranno alla Simca 1000 una carriera longeva e proficua, durata ben 17 anni.

La prova di Quattroruote. La “nostra” rivista ha dedicato diversi servizi alla Simca 1000. Uno dei più interessanti riguarda una minuziosa esamina della Simca 1000 LS, con un giudizio complessivo discretamente soddisfacente. Nel test il giornalista evidenziava un aspetto importante: tenendo presente che si tratta di un’utilitaria, non si può fare a meno di apprezzare alcune fondamentali qualità. Una certa silenziosità di funzionamento e un comportamento, tutto sommato, abbastanza brillante, però non sportivo.  La sterzata è precisa e diretta, e permette di effettuare rapidamente tutte le correzioni necessarie senza le incertezze che si riscontrano nelle primissime versioni. La 1000 LS si destreggia bene in città, grazie alle sue dimensioni e al buon raggio di sterzata. Anche le doti di elasticità del motore permettono di guidare nell’intricato traffico in modo abbastanza rilassante, senza ricorrere troppo al cambio. La sua guida non presenta particolari criticità, neppure per chi si mette al volante per la prima volta. La frenata, pur non avendo la potenza di quelle con freni a disco, risulta efficace. Caratteristica del motore della Simca 1000 LS è una certa lentezza nel raggiungere la temperatura di funzionamento ottimale.

La quotazione attuale. Tutte le versioni convenzionali della Simca 1000 prodotte dal 1961 fino al 1972 hanno una valutazione che varia dai 1800 ai 5300 euro, per un esemplare in perfette condizioni. I modelli prodotti dal 1973 in poi hanno invece una quotazione leggermente più bassa: 1500/4500 euro. Il range incrementa i propri valori se si prendono in considerazione le 1000 Rallye (4000/12000 euro), 1000 Rallye1 (5000/15000 euro) e 1000 Rallye2 (6000/18000 euro). In precedenza non vi abbiamo volutamente parlato della 1000 Coupé Bertone, perché meriterebbe un approfondimento dedicato, ma per correttezza vi segnaliamo che potreste acquistarne una sborsando dai 5000 ai 15000 euro.

Diteci la vostra. E voi, cosa ne pensate della Simca 1000? Siamo curiosi di sapere se in quel periodo avreste optato per lei oppure per una diretta concorrente. Fatecelo sapere attraverso i commenti qui sotto. Inoltre, se avete dei ricordi particolari legati a questo modello, potete scriverci una e-mail con la vostra storia all’indirizzo redazione@ruoteclassiche.it.

Simca 1000 (1961-1978) - 1Ruoteclassiche
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Citroën GS, un’interessante anticonformista

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Linee originali e soluzioni meccaniche di prim’ordine: la GS risulta indubbiamente una vettura interessante e fuori dal coro

Al Salone di Parigi del 1970 debutta la Citroën GS, in grado di attirare numerosi sguardi grazie a forme anticonformiste. Le Citroën d’altronde hanno sempre avuto carrozzerie personali, mai banali. Vista di fianco la GS ha l’aspetto di una berlina con un muso appuntito e profilato, abbinato sapientemente a una coda piuttosto alta. La sensazione di originalità si avverte anche nell’abitacolo, dove svetta una plancia progettata all’insegna della razionalità. Sul tachimetro a tamburo rotante sono indicati anche gli spazi di frenata. L’abitabilità, da sempre vanto della Citroën, offre spazio per cinque persone adulte.Meccanica raffinata. Sotto il profilo tecnico, la GS si contraddistingue per l’adozione di un’inedita soluzione di raffreddamento ad aria, che semplifica la manutenzione del motore (4 cilindri boxer di 1015 cc). Degni di nota pure i quattro freni a disco servoassistiti e le sospensioni idropneumatiche regolabili in tre differenti altezze da terra, capaci di rendere la vettura particolarmente confortevole. La scelta della cilindrata, giudicata da molti come troppo piccola, è suggerita dalle esigenze fiscali francesi: per entrare nel novero delle 6 cv fiscali, infatti, l’auto non può superare i 1135 cc.

Evoluzione continua. Nel 1971 la Citroën GS viene proposta anche in versione Break, con la quale si consolida una tendenza particolarmente diffusa in Europa: le vetture familiari perdono la connotazione di veicoli improntati a un uso prettamente commerciale per acquisire quella di auto da famiglia. Privilegiando così la comodità, la spaziosità e la versatilità. Due anni più tardi il modello si aggiorna con la presentazione di nuovi allestimenti e versioni, tra cui la GS Birotore, spinta da un motore rotativo Wankel (1990 cc, 107 cv). La crisi petrolifera del ‘74, abbinata a dei consumi elevati, sancisce però l’insuccesso del modello, che esce di scena dopo solo un anno e meno di 850 esemplari prodotti. La carriera delle GS convenzionali, invece, prosegue ottenendo risultati commerciali soddisfacenti. Dal 1976 la gamma verrà progressivamente aggiornata negli equipaggiamenti e nei listini/motorizzazioni fino al 1979, anno in cui la GS cambia la propria denominazione in GSA. A livello pratico la vettura presenta accorgimenti stilistici, abbinati a un cambio manuale a cinque rapporti e al noto motore 1.3 da 65 cv della Casa. Gli ultimi upgrade avvengono a inizio anni ottanta, prima che la carriera si concluda definitivamente nel 1986, con circa 2.5 milioni di esemplari prodotti.

La prova di Quattroruote. Qualche mese dopo la presentazione ufficiale, nel novembre del 1971, la “nostra” rivista effettua un approfondito test. Nel complesso, la valutazione della Citroën GS è decisamente soddisfacente. Al motore boxer viene dedica un’attenta disamina: risulta tra i 1000 più brillanti in commercio. Rende bene sopra i 3000 giri/min e raggiunge il meglio a 5000 giri/min, ma sotto questi valori c’è poco da sperare. Alla scarsa elasticità si contrappone una buona equilibratura delle masse a ogni regime. Inoltre, pur con una cubatura contenuta, la GS raggiunge una velocità massima (151 km/h) che la pone ai vertici della categoria. Buona anche l’accelerazione, a patto di tenere il motore “allegro”. A mancare è soprattutto lo spunto iniziale. Le perplessità sull’elasticità della GS trovano conferma nella fase di ripresa: quando si scende sotto un certo regime è molto difficile riprendere con scioltezza senza ricorrere al cambio. Quest’ultimo, non è particolarmente apprezzato, specialmente sotto il profilo della manovrabilità. Ottimo, invece, l’impianto franante. Dolce e preciso lo sterzo.

La quotazione attuale. Il nostro listino ufficiale, per le GS berlina e break (prodotte fino al 1979), riporta una valutazione compresa tra i 1800 e i 5300 euro, per un modello in perfette condizioni o completamente restaurato. Un range di prezzi identico è riservato alle GSA berlina e break (1979-1986).

Diteci la vostra. A questo punto la parola passa a voi, perché siamo curiosi di sapere cosa ne pensate della Citroën GS. Le sue linee vi piacciono oppure preferite lo stile adottato da auto di altri marchi? Dovendovene comprare una, scegliereste la prima versione o le più recenti GSA? Fatecelo sapere attraverso i commenti qui sotto. Inoltre, se avete dei ricordi particolari legati alla vettura francese, e volete condividerli con la community di Ruoteclassiche, questa è l’occasione giusta. Scriveteci una e-mail con la vostra storia all’indirizzo redazione@ruoteclassiche.it.

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