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Alfa Romeo 2000 GTV, il canto del cigno della Giulia GT

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Massima espressione della coupé sportiva della famiglia Giulia, la 2000 GT Veloce ancora oggi toglie il fiato per la bellezza delle linee e la grinta del motore

Certe auto ti entusiasmano solamente a vederle e l’Alfa Romeo 2000 GT Veloce è una di queste. Le sue origini risalgono alla fine degli anni Sessanta, precisamente al 1967, quando la Giulia Sprint GT Veloce esce di scena e passa il testimone alla 1750 GT Veloce, modello che perde la dicitura “Giulia” nel nome. Una vettura dall’importanza strategica, dalla quale gli uomini del Biscione traggono ispirazione per realizzare un’ulteriore evoluzione ancora più sportiva, la 2000 GT Veloce, presentata nel 1971.Look mozzafiato, motore grintoso. Le modifiche apportate rispetto al modello da cui deriva sono molteplici, a partire da alcuni dettagli della carrozzeria. La 2000 GT Veloce è facilmente riconoscibile grazie a gruppi ottici posteriori ridisegnati e a una calandra con otto listelli cromati che, sporgendo nella zona centrale, disegnano lo scudetto Alfa. Un particolare estetico che distingue le 2000 GT Veloce è poi lo stemma riportato sui montanti posteriori, che raffigura un biscione verde smaltato al posto del convenzionale quadrifoglio verde oppure oro. L'interno aggiornato in maniera consistente sfoggia un’inedita console, rivestimenti più curati e sedili anteriori più avvolgenti. Le innovazioni di maggior rilievo, però, si trovano sottopelle. Il motore della 1750, alimentato da due carburatori doppio corpo, cambia in numerosi componenti. La cilindrata sale a 1962 cm³, la potenza massima a 132 CV. Numeri che si traducono in prestazioni brillantissime: lo 0-100 km/h viene coperto in appena 7,2 secondi, mentre la velocità di punta sfiora i 200 km/h. Sportiva di razza, la 2000 GT Veloce verrà elaborata da numerosi appassionati per essere impiegata nelle corse. La sua carriera si concluderà a cinque anni dal lancio, nel 1976.

La prova di Quattroruote. Le prime impressioni, datate giugno 1971, evidenziano molti aspetti positivi e pochi punti deboli. Piace l’estetica, ma soprattutto convince la guida: sterzo e cambio sono molto gradevoli da azionare. Il motore, potente ed elastico, spinge forte a partire dai 2500 giri/min., senza avere più l’incertezza di erogazione ai bassi regimi riscontrata sulle 1750. Ad andature sostenute s'apprezzano la visibilità e la facilità di lettura della nuova strumentazione, anche se, per essere davvero completa, dovrebbe arricchirsi con un indicatore della temperatura dell’olio. Fastidioso il riflesso del piano del cruscotto sul parabrezza, migliorabili i supporti laterali dei sedili.

La quotazione attuale. Non è semplice trovare un esemplare originale e ben conservato della 2000 GT Veloce, proprio perché venne prodotta per un periodo limitato di tempo. Inoltre, la valutazione cambia radicalmente in base alle condizioni del veicolo. La sua quotazione, riportata sui nostri listini ufficiali, può infatti variare da un minimo di 16.000 euro a un massimo di 48.000 per un esemplare in condizioni praticamente pari al nuovo.

Diteci la vostra. A questo punto attendiamo i vostri commenti, (quasi) certi che la maggioranza di voi si schiererà dalla parte degli estimatori di questo modello. Non tutti, però, lo metteranno sicuramente nei primi posti nel personale elenco delle Alfa migliori di sempre. Proprio per questo, ci piacerebbe sapere quali sono, per voi, le Alfa più belle di sempre. Fatecelo sapere attraverso un commento. Se poi avete dei ricordi particolari legati alla 2000 GT Veloce, e vi va di condividerli con la community di Ruoteclassiche, non vi resta che una cosa da fare: scrivere la vostra storia all’indirizzo redazione@ruoteclassiche.it.

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Milano Monza Open-Air Motor Show, ecco tutte le novità

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L'ormai ex "Parco Valentino" si svolgerà dal 18 al 21 giugno 2020 e si chiamerà Milano Monza Open-Air Motor Show. Organizzata in collaborazione con Aci, la sesta edizione del salone si presenta come un evento dedicato ai motori a tutto tondo. Attesi 500.000 visitatori

Un motor show dinamico all'aperto con test drive e tutto quanto riguarda il mondo delle quattro ruote a portata di mano. È questo il concept di Milano Monza, grande motor show italiano che vedrà la luce all'autodromo di Monza dal 18 al 21 giugno 2020 con l'intento di “avvicinare le auto alle persone”, come ha evidenziato stamani l'ideatore Andrea Levy alla presentazione dell'evento a Milano, nell'Auditorium HQ Pirelli. Il riferimento è un po' quello della tenuta di Goodwood, in Inghilterra, dove si svolgono tre eventi motoristici all'anno in uno spazio pieno di diverse attrattive che vanno oltre il circuito. A Monza, allo stesso modo, si svolgerà uno spettacolo motoristico di quattro giorni in cui la pista di Formula 1 è solo una parte degli scenari d'azione.Location unica al mondo. “L'autodromo va immaginato in un modo diverso dal solo uso della pista cui siamo abituati”, ha spiegato ancora il presidente del Milano Monza Open-Air Motor Show. D'altronde si tratta anche di un circuito che, con la presenza ancora del vecchio anello e il fatto di essere incluso nel parco recintato più grande al mondo, non teme rivali in nessun'altra parte del pianeta. E allora perché non mettere a frutto in toto una tale risorsa esclusiva?

Le nuove auto. All'interno del Parco di Monza, le case automobilistiche di ogni segmento di  mercato (40 marchi) esporranno le proprie novità in stand modulari e con test drive sviluppabili in diversi percorsi: cittadino, tra i viali del parco, country, sull’antica sopraelevata e sul circuito di Formula 1. Non mancherà anche un’area off-road, in cui i visitatori potranno provare fuoristrada e 4x4 in circuiti creati appositamente.

Omaggio al passato. E i motori d'epoca? Ci saranno anche loro. A cura di un appassionato e collezionista come Corrado Lopresto a cui le idee non mancano di certo. Spazio alla cultura, quindi, con conferenze e momenti dedicati alla storia della motorizzazione. Si andrà a ritroso fino alle centenarie, in un'area Heritage che nel tempio della velocità comprenderà anche velivoli, motociclette e molta nautica, prevalentemente a motore.

Passioni da diporto. Le imbarcazioni, in particolare, saranno grandi protagoniste di una sfilata nel tracciato di Formula 1: insieme a suv di alta gamma percorreranno la pista, sfilando tra le curve, e nel celebre rettilineo. Una Yacht parade che si annuncia tra le passerelle più suggestive del calendario eventi. Sempre rimanendo fedele all'ottica di riscoprire e valorizzare “la produzione italiana che tutto il mondo ci invidia”, ha sottolineato stamani l'architetto, che intende coinvolgere nelle iniziative anche gli istituti scolastici.

Ogni giorno il Milano Monza Open-Air Motor Show sarà aperto fino alle 24. Il biglietto d’ingresso è giornaliero e costa 20 euro, acquistabile già dai prossimi giorni sulla piattaforma Ticket-One. Per maggiori informazioni vi invitiamo a consultare il sito della manifestazione. 

la conferenza stampa di presentazione del milano monza open-air motor show - 1Ruoteclassiche
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Lancia Beta prima serie, la berlina della svolta

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Nel 1969 la Lancia viene assorbita dalla Fiat. Dopo tre anni vede la luce il primo modello della nuova era, la Beta, a cui alcuni lancisti rimproverano l’ampio uso di componenti e tecnologia Fiat

La storia della Lancia Beta è legata indissolubilmente a un grande cambiamento ai vertici della Casa di Chivasso. Rappresenta infatti il primo modello prodotto dopo il “fatidico” 1969, anno in cui la Fiat incorpora la Lancia. Le origini del progetto, però, risalgono a qualche anno prima, quando il marchio incomincia a pensare di costruire un nuovo modello, per ottenere una nuova credibilità sul palcoscenico nazionale e non solo. Così, vengono delineate le peculiarità della futura vettura: dovrà presentare un look con linee originali, abbinate a un'impostazione meccanica all'altezza. Dopo l'acquisizione da parte del colosso torinese, lo studio prosegue e prende il nome di "Y1", quasi a sottolineare il ruolo di "atto primo". Vengono definite le dimensioni della nuova berlina: 4,29 metri in lunghezza e 1,69 in larghezza, con un passo di 2,54 metri, al fine di agevolare lo spazio a bordo.Esordio difficile. Le motorizzazioni scelte per equipaggiare l’auto di serie sono invece propulsori di origine Fiat da 1.4, 1.6 e 1.8 litri, con potenze da 90 a 110 CV. Gli interni si caratterizzano per una plancia simmetrica - studiata per facilitare un adattamento alla guida a destra - dotata di strumentazione completa, incastonata in un pannello disegnato ad hoc. Con queste peculiarità, la Lancia Beta fa il suo debutto nel 1972, in occasione del Salone di Torino. Il suo esordio non è dei più felici e le critiche mosse nei suoi confronti sono numerose. Specialmente da parte dei puristi del marchio, che la considerano né più né meno di una Fiat travestita. Gli elementi maggiormente presi di mira sono il design poco convenzionale della carrozzeria (disegnato da Gianpaolo Boano), le motorizzazioni di derivazione Fiat e alcune finiture ritenute non all’altezza. In realtà la Beta berlina vanta anche dei pregi interessanti: è comoda, spaziosa e la sua coda, sebbene possa non piacere, è decisamente funzionale. Grazie alla sua particolare forma, infatti, il bagagliaio risulta capiente e ben sfruttabile. Il grande pubblico si schiera quindi in due fazioni distinte, i denigratori e i sostenitori. Una divisione che accompagnerà l’intera carriera della Lancia Beta berlina prima serie, conclusasi nel 1975, con l’arrivo della seconda serie.

La prova di Quattroruote. La presentazione di una nuova Lancia in quel frangente storico, considerati i vari aspetti progettuali e aziendali, non poteva certo essere trattata come il debutto di un comune modello. Proprio per questo, appena entrata in commercio la Lancia Beta, la rivista realizza un’analisi molto dettagliata (ben venti pagine) nella quale racconta ogni sfumatura dell’auto, provata sia sia in versione 1.4 che 1.8. Entrambe le unità dimostrano una notevole elasticità, il cambio a cinque marce ha innesti ben distanziati e una buona manovrabilità. Il comportamento in curva alle basse/media velocità è quasi neutro, grazie alle ottime caratteristiche delle sospensioni. Il punto più delicato è rappresentato dallo sterzo, considerato troppo demoltiplicato e leggero. Nelle note di demerito rientrano anche la scarsa visibilità posteriore e la linea, definita come “poco Lancia”. Il confort di bordo è invece una delle migliori qualità della Beta: secondo la valutazione del giornalista, la silenziosità dell’abitacolo, i comodi sedili e lo spazio a disposizione la rendono una delle berline più confortevoli della categoria.

La quotazione attuale. Le Lancia Beta berlina della prima serie, indipendentemente dalla motorizzazione, risultano sicuramente alla portata di tutti. La loro quotazione, riportata sui nostri listini ufficiali, può infatti variare da un minino di 1800 fino a un massino di 5300 euro, per un veicolo conservato in ottimo stato o completamente restaurato.

Diteci la vostra. A questo punto siamo curiosi di sapere cosa ne pensate voi di questo modello. Vi schierate nelle fila dei supporter o in quelle di chi è convinto che la Beta non rappresenti un modello particolarmente brillante? Scrivetecelo nei commenti qui sotto. Se poi avete dei ricordi particolari sul suo conto, e volete condividerli con la community di Ruoteclassiche, questa è l’occasione giusta. Inviateci la vostra storia all’indirizzo redazione@ruoteclassiche.it.

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Ferry Porsche, 110 anni fa nasceva il “papà” della 356

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Insieme al papà Ferdinand progettò il Maggiolino e diede vita alla sportiva dei suoi sogni. La Porsche ricorda i 110 anni dalla nascita di uno dei suoi uomini più grandi

Ogni porschista dovrebbe conoscere la sua storia, perché è il ramo dell'albero genealogico che unisce il fondatore del marchio all'uomo che tracciò le forme del suo modello più iconico. Nasceva esattamente 110 anni fa, il 19 settembre del 1909, Ferdinand Anton Ernst "Ferry" Porsche, figlio di Ferdinand, con il quale nel 1948 concretizzò il sogno di realizzare insieme la prima auto sportiva con il loro nome, e padre di "Butzi", dalla cui matita prese forma, all'alba degli anni 60, la 911.Da progettista a top manager. In una nota diffusa ieri, nel giorno dei 110 anni dalla nascita di "Ferry", la casa tedesca ha voluto ricordare uno degli uomini che più ha contribuito a garantirne la continuità e lo sviluppo, attraverso attività prima di progettazione (Ferry progettò insieme al papà Ferdinand il Maggiolino e la prima Porsche, la 356) e poi di gestione dell'azienda, assumendo diversi ruoli e con responsabilità via via crescenti.

Il grande passo. A "Ferry" si deve l'industrializzazione dell'azienda. Da piccolo costruttore artigianale di auto sportive, il marchio di Zuffenhausen sotto la sua guida diverrà un colosso in grado di stringere accordi con i più importanti marchi generalisti tedeschi e produrre non solo automobili di alto lignaggio, ma anche modelli di larga diffusione, capaci di creare nuove (e vincenti) opportunità di mercato.

Grazie, "Ferry"! "La sua visione e le sue idee ci hanno reso quello che siamo oggi", si legge nella nota ufficiale della Porsche. "Ha gettato le basi per costruire la nostra filosofia: sfruttare al massimo ogni occasione. Per ogni modello, dal primo istante in cui parte un nuovo progetto".

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Iso Rivolta Lele, l’astronave autostradale torna a Bresso

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Domani, sabato 21 settembre, alle ore 15, Piero Rivolta tornerà insieme agli appassionati nell’ex fabbrica di Bresso. Protagonista la bella ed elegante Lele

Oltre allo sbarco sulla Luna il 1969 è ricordato anche come l’anno della presentazione al mondo della Iso Rivolta Lele, la quattro posti sportiva milanese alla cui realizzazione parteciparono nomi celebri. Sabato 21 settembre, a partire dalle ore 15 questa bella (e un po’ mortificata) vettura sarà celebrata in quello che resta della fabbrica di Bresso (oggi Galleria Iso Rivolta, piazzale della Costituzione) alla presenza di Piero Rivolta, figlio del fondatore della Casa e responsabile dell’azienda fino alla cessione a un gruppo finanziario statunitense. E, in pratica, alla sua fine.Io vengo dalla Luna. “L’astronave autostradale” (la chiamano così oggi gli appassionati della Casa che orgogliosamente ogni anno tengono vivo il nome della Iso Rivolta con un raduno di possessori e di vetture provenienti da tutto il mondo) sarà la protagonista del meeting di quest’anno. Un tema, quello della conquista della Luna, che non poteva certo essere ignorato per celebrare quella che sarà l’ultima creatura di questa fabbrica di sogni su ruote.

Nobili origini. Nel 1969, quando il mondo intero camminava a testa in su, nei capannoni della piccola fabbrica di Bresso, alla periferia nord di Milano, negli stessi luoghi dove oggi sorgono vivaci poli culturali, prendeva vita una berlina a due porte e quattro posti con caratteristiche sportive che non avrà molta fortuna commerciale (sarà prodotta in 317 esemplari), ma che potrà sempre rivendicare le nobili origini del suo progetto. Tra i padri putativi della sportiva milanese figurano illustri nomi del gotha dell’automobile, come Marcello Gandini e Nuccio Bertone e più tardi, per la versione Sport, anche di Giotto Bizzarrini.

Nel nome di Lele. E dire che tutto partì dalla richiesta di un ricco cliente americano della Casa desideroso di possedere una quattro posti esclusiva costruita sulla collaudata architettura di base della coupé Grifo e della quattro porte Fidia. Il progetto fu affidato a Bertone, che diede carta bianca a Marcello Gandini. Il debutto fu al Salone Internazionale dell'Auto di New York del 1969, con il nome - Lele - in omaggio della moglie di Piero Rivolta, figlio di Renzo. A spingerla inizialmente fu il V8 Corvette 5359 cm³ montato anteriormente, con sospensioni indipendenti, freni a disco e tutta la meccanica recuperata dal modello IR 300, giunto a fine vita. Nel 1972 fu introdotto il motore V8 Ford di 5762 cc da 325cv e, nelle versioni finali, un motore Ford potenziato a 360 CV. Nel 1974 la fine di una bella storia, l’ennesima provocata soprattutto dalla crisi petrolifera.

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Bugatti, riecco la baby Type 35 del piccolo Roland

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La Bugatti compie 110 anni e la ciliegina sulla torta è un gioiellino che farà sognare a occhi aperti gli appassionati più piccoli. Ma non solo...

Così realistica, così incredibilmente curata in ogni dettaglio da sembrare... un'auto vera. Il prototipo Bugatti Baby II, realizzato per festeggiare i 110 anni del glorioso costruttore di automobili francese, riproduce fedelmente, in scala ridotta, l'iconica Type 35.Come quella del piccolo Roland. Al Salone di Ginevra il pubblico ne aveva già assaggiato un'anteprima, una maquette realizzata con una sofisticata stampante 3D assai suggestiva che lasciava intuire quello che sarebbe stato il modello in scala definitivo. Un giocattolo decisamente prezioso - e costoso: 30.000 euro(!) - che la casa francese costruirà in una serie limitata di 500 pezzi (già tutti prenotati) e che, proprio come l'originale Bugatti Baby realizzata per il quarto compleanno del piccolo Roland, il quarto figlio di Ettore Bugatti, sarà spinta da un piccolo motore elettrico alimentato a batteria.

Per grandi e piccini. La macchinina, che conserva tutto il fascino dell'originale Bugatti Baby, beneficia ovviamente di tutti i progressi tecnologici fatti dall'industria automobilistica nel corso degli ultimi anni. Le gomme sono state appositamente messe a punto dalla Michelin, mentre la strumentazione tradizionale è stata sostituita con un moderno indicatore della carica della batteria. Rispetto all'originale Baby, inoltre, questa "Bugattina" sarà più grande: la scala non sarà più 1:2 ma 1,5:2. Quindi, "solo" il 25% in meno di quella vera. Una scelta non casuale e che, c'è da scommetterci, verrà accolta con grande favore da tutti quei papà che non hanno dimenticato di essere stati anche loro bambini. 

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Auto Avio Costruzioni, da qui partì il sogno Ferrari

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Grazie alla liquidazione ottenuta dopo vent’anni di lavoro all’Alfa Romeo, abbandonata in seguito ai contrasti con il direttore tecnico Wifredo Ricart, nel 1939 Enzo Ferrari fondava a Modena la Auto Avio Costruzioni

L’Alfa Romeo però si era guardata le spalle, facendo firmare a Ferrari un accordo che di fatto gli impediva di intraprendere qualsiasi tipo di attività agonistica con il marchio della Scuderia per cinque anni. Forse qualcuno non aveva tenuto conto del fatto che non sono le aziende a fare le persone, ma le persone a fare le aziende. Infatti, anche se nello statuto della Auto Avio Costruzioni era prevista la costruzione di aeroplani come oggetto sociale, l’attività volge presto verso il settore automobilistico.La 815 e il debutto in gara. Con il marchio Auto Avio Costruzioni Enzo Ferrari realizza l’anno successivo la 815, progettata da Alberto Massimino in collaborazione con Vittorio Bellentani. Motore Fiat a 8 cilindri da 1,5 liltri di cilindrata (da qui il nome 815) e cambio a quattro marce. Il 28 aprile 1940 le auto partecipano al primo Gran Premio di Brescia (tredicisima edizione della Mille Miglia), con due equipaggi formati da Rangoni e Nardi e da Ascari e Minozzi.

Gioielli preziosi. Restano nella storia delle corse queste due autovetture Spyder, costruite con telaio Fiat e carrozzeria Touring. Oggi una sola è stata ritrovata e restaurata, quella del pilota Alberto Ascari. Il  modello, del tipo a coda corta, appartiene alla collezione privata di Mario Righini, a Castelfranco in Emilia. Si può ammirare frequentemente presso la casa museo Enzo Ferrari a Modena, in occasione di mostre temporanee. In merito al modello di proprietà del marchese Lotario Rangoni Machiavelli, non si hanno documentazioni di demolizione, ma secondo i racconti è stato distrutto. Infatti, il fratello Rolando Rangoni Machiavelli, dichiarò di aver inviato i resti della vettura presso un demolitore, e si narra che la stessa sia stata ritrovata presso uno sfasciacarrozze quando non c’era più niente da fare.

Si cambia in Ferrari. Trascorrono cinque anni, il secondo conflitto mondiale volge al termine. Nel 1943 gli stabilimenti vengono trasferiti a Maranello, e nel 1957 il nome Auto Avio Costruzioni cambia in Auto Costruzioni Ferrari; tre anni dopo la società viene diventa una società per azioni, denominata Società Esercizio Fabbriche Automobili e Corse, in sigla Sefac, acronimo in cui tanti appassionati volevano leggere la frase "Sempre Enzo Ferrari Anche Cambiando". Sono gli anni in cui la Ford tenta di acquistare, senza farcela, la casa di Maranello.

 

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Opel, una Corsa A GT da vetrina torna a Rüsselsheim

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Al Salone di Francoforte 2019, accanto alla nuova Corsa, Opel ha esposto un esemplare della prima serie di colore giallo in allestimento GT. Un'auto con una storia fuori dal comune...

I visitatori del Salone di Francoforte, presso lo stand Opel, fino al 22 settembre potranno osservare da vicino la nuova generazione della Corsa, affiancata da una vettura con una storia tutta da scoprire. Si tratta di un’originale Corsa A GT gialla, perfettamente conservata e protagonista di un viaggio nel tempo che ha del romantico. Tutto ha inizio dalla volontà della divisione heritage della Casa del fulmine di esporre alla kermesse una declinazione di carattere dell’utilitaria tedesca, divenuta nel corso degli anni un vero e proprio modello cardine per il marchio oltre che uno dei riferimenti nella categoria delle compatte da città. La decisione finale del team ricade sulla Corsa A GT, la versione più sportiva della prima generazione del modello. Così, dopo una lunga e minuziosa ricerca, gli uomini della Opel individuano l’esemplare adatto a perorare la nobil causa. L'auto si trova in un piccolo garage di Porto, in Portogallo.Come nuova. Una volta vista dal vivo la vettura, gli uomini della Opel rimangono di sasso, quasi increduli di trovarsi davanti a un'auto con più di trenta primavere: nessun segno di ruggine, carrozzeria perfetta e interni in ottimo stato. Cosa ancor più sorprendente, il contachilometri è fermo a quota 38.000. A questo punto, non resta che convincere il proprietario a vendere l'auto, per poi riportarla in Germania. Concluse le non facili trattative, ha inizio il viaggio di ritorno attraverso un’itinerante road-map. Durante i primi chilometri sorgono alcuni dubbi sul fatto che le spie funzionino tutte correttamente, in particolar modo desta più d'un sospetto l'indicatore della benzina, che scende davvero lentamente. In realtà, il comando svolge ancora egregiamente il proprio dovere: inopinatamente, è la Corsa GT a non essere particolarmente assetata. In virtù del peso ridotto i consumi, stando al racconto ufficiale, raramente superano i sei litri per cento chilometri.

Casa dolce casa. Dopo aver attraversato le incantevoli strade del Parque Natural de Montesinho, la prima sosta avviene nel tranquillo villaggio montano di Vinhais. Successivamente inizia la fase di avvicinamento alla Spagna, per raggiungere Bilbao. Poi, giù verso Saragozza, città dal forte legame col marchio. La Corsa A GT viene portata davanti allo stabilimento dell’impianto produttivo PSA, uno dei maggiori siti produttivi del Gruppo. Al suo interno, infatti, vengono prodotte la nuova Corsa e le SUV Mokka X e Crossland X. Dopo un rapido tour della linea di assemblaggio, è tempo di ripartire alla volta di Barcellona. Visitati alcuni luoghi simbolo della città, come la Sagrada Familia, è già tempo di risalire in macchina. Dalla seguente sosta a Basilea, in Svizzera, il viaggio si concluderà a Rüsselsheim, dove la Corsa A GT verrà accolta in un clima di grande festa.

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Mercedes-Benz, brilla una Stella nella savana

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Giovane, dinamico e immerso nella natura selvaggia: il Mercedes-Benz Club Kenya nasce dalla passione dei suoi fondatori per la Classe S. Un mito intramontabile anche da queste parti...

In effetti fa un po' strano vederle così, tutte impolverate, intente a districarsi tra rami, sterpaglie e sterrati impervi. Come strappate nel cuore della notte dai salotti buoni delle metropoli occidentali, le lussuose berline d'epoca del Mercedes-Benz Club Kenya vivono una seconda vita al sole caldo della terra dei leoni.Mercedes, che passione! Il vicepresidente del sodalizio, l'ottantesimo al mondo a essere riconosciuto come ufficiale dalla Casa di Stoccarda, si chiama Hermann Mike. Sempre sorridente in jeans e t-shirt, 38 anni, lavora in una società di carte di credito a Nairobi. La sua collezione privata è centrata sul suo modello preferito della Stella, la Classe S: "Le ho avute praticamente tutte, moderne e d'epoca e ovviamente - scherza - S è anche la mia lettera dell'alfabeto preferita".

Tutti insieme nella savana. Nel tempo libero, insieme alla moglie Pauline, hostess della Kenya Airways anche lei trentottenne, si dedica alla sua piccola officina. Il luogo intimo e speciale dove prendersi cura delle sue cinque Classe S, ma anche il punto d'incontro per gli appassionati della zona. "Io e Pauline ci avventuriamo spesso in gite fuori porta. Una volta abbiamo raggiunto le rive del lago Naivasha, un'altra ancora abbiamo battuto in lungo e in largo il parco nazionale di Nairobi" racconta Hermann. "Quelli che per la nostra W116 dovrebbero essere esclusivamente lunghi viaggi-test, per fortuna si trasformano sempre in allegri road trip tra amici e appassionati. Ed è sempre un gran divertimento".

Una grande famiglia. Il riconoscimento ufficiale da parte della Casa del sodalizio, avvenuto soltqanto qualche mese fa e solo dopo un lungo "pellegrinaggio" in Germania, prima al museo e poi alla fabbrica di Sindelfingen, ha riempito di gioia e orgoglio i soci che lo fondarono nel 2014. Con Hermann ci sono Amon Somolong, il presidente, che a 29 anni è già capo di un'agenzia viaggi, e gli altri due vice presidenti: Ronn Nginda, professore universitario ed esperto di finanza, e Sam Oendo, che vive in Texas ma è sempre connesso col suo iPhone e non salta mai una riunione. E poi il trentaduenne Michael Collins, "Il nostro ricambista di fiducia" spiega Hermann.  "Michael va spesso a Colonia, in Germania, e quando torna porta con sé una valigia piena zeppa di ricambi. Una vera benedizione...".

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Iso Rivolta, grande festa per i 50 anni della Lele

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 A Bresso, sabato 21 settembre, in occasione del cinquantenario della Iso Lele, un nutrito gruppo di fan, con l'ingegnere Piero Rivolta e le autorità locali, ha ricordato ancora una volta l'importanza di un marchio automobilistico come Iso

Un raduno internazionale di automobili “vintage” giusto davanti a quel che rimane dell'edificio dove hanno visto la luce. Una fabbrica qualsiasi? Non proprio. Stiamo parlando della Iso di Bresso, dove sabato 21 settembre, davanti alla Galleria all'interno del Parco Rivolta, diversi esemplari della Casa hanno ricordato ancora una volta al mondo la qualità, la capacità di innovazione e il pregio di un marchio come Iso, sinonimo di vetture di alte prestazioni made in Italy.

Adorabile Isetta. C'erano due Iso Rivolta GT 300 – coupé carrozzato Bertone con motore V8 5300 della Chevrolet Corvette –; si è potuta ammirare una splendida Iso Grifo Lusso del 1963 e, naturalmente, non poteva mancare l'inconfondibile Isetta, famosissima bubblecar presentata nel 1953 e passata dopo tre anni di produzione su licensa esclusiva alla BMW: due gli esemplari presenti marchiati Iso mentre ne è stato esposto anche uno con lo stemma dell'Elica.

Buon compleanno, Lele! E poi, ovvio, c'era lei, la festeggiata: la Iso Lele, di cui si sono viste quattro vetture giunte da diverse parti d'Europa. L'evento, dal titolo “Iso Lele 50”, era focalizzato proprio sul 50esimo anniversario del lancio di questo modello (avvenuto al Salone di Francoforte nel 1969). Delineato dalla penna di Marcello Gandini, è stato l'ultimo modello prodotto, sviluppato con una enorme differenziazione nel design sul telaio del primo, la IR 300.

Genesi di un nome. “Era la vigilia di Natale, avevo dimenticato di comprare un regalo per mia moglie e mi venne all'ultimo minuto l'idea di scendere in cantina e di incidere su un pezzo di legna una dedica per lei”, ha raccontato durante il talk-show di sabato pomeriggio l'ing. Piero Rivolta, figlio del fondatore dell'azienda Renzo. “Lei mi aveva dato una figlia, Marella, e io le avrei dato un'auto”. E l'avrebbe fatto chiamandola con il soprannome della signora, appunto, Lele. “Anche se come regalo di Natale non è che l'abbia convinta molto”, ha scherzato l'ingegnere.

Cultura a quattro ruote. Tanti gli appassionati della Casa intervenuti, insieme a presidenti di club dedicati al marchio arrivati da Francia, Inghilterra, Germania e Olanda. Oltre a Ron Ciardella, delegato dell'Iso Bizzarrini Owners Club degli Stati Uniti. Dal 1983 ha posseduto una quindicina di esemplari della marca: “Nella mia vita metto al primo posto Dio, al secondo la famiglia e al terzo l'Iso e Bresso!”, ha esclamato. Anche altre testimonianze, di persone legate per motivi familiari alla Casa, come il figlio di un dipendente della carrozzeria Rama, che con la Iso collaborava, hanno contribuito a dimostrare quanto la memoria per una gloria nazionale come l'azienda del Grifo sia viva e batta ancora forte nei cuori di chi l'ha conosciuta.

Il tempo dei motocicli. Fondata nel 1939 e attiva dal dopoguerra ai primi anni Settanta, la Iso si è dapprima concentrata sulle due ruote. Purtroppo, però, esistono gravi lacune nella conoscenza dei dati di produzione, dovuti alla mancanza dei registri aziendali. “Il primo motociclo Iso è stato il Furetto, nel 1947. Era identico a quello prodotto dalle Officine Giesse, disegnato dall'ingegnere Gianfranco Scarpa: solo il parafango era diverso”, ha spiegato Luigi Lago in una conferenza durante l'evento. Esperto e fan della Casa di Bresso, all'inizio di quest'anno ha iniziato l'”Isocensimento”. “Di Furetto ne esistono ora 7-8, e solo della seconda serie”, ha sottolineato. Quanto alla chiusura della linea dei motocicli, “non si hanno dati certi ma è possibile che sia avvenuta nel 1954”. Tra le rarità esposte si è potuto vedere a “Iso Lele 50” anche l'IsoCarro con motore monocilindrico da 125 cc, a tre marce.

A quando il museo? La speranza è ora che nella parte di capannone designata alla nascita di uno spazio museale della Iso, il progetto, in attesa di investitori privati, si concretizzi. Mentre la parte polifunzionale, al servizio della città, è in parte già attiva e contiene un ufficio postale. È a cura dell'amministrazione locale, di cui sono stati presenti all'incontro il sindaco di Bresso Simone Cairo e Adriano Radaelli, assessore alla Cultura del Comune.

L'importanza dell'heritage. Nell'area destinata al centro culturale opera anche la Cooperativa Lotta Contro l'Emarginazione con il progetto “Da Fabbrica di motori a Fabbrica di Cultura”. Un anno fa ha portato alcuni giovanissimi del luogo a dipingere all'ingresso della galleria una splendida Isetta rossa e ora anche un grande marchio del Grifo, ultimato sabato davanti al pubblico. Per il resto, rimane certo l'impegno costante del Comitato Iso Millennium, che continuerà a mantenere l'attenzione sulla questione con futuri eventi periodici come questo, come ha fatto finora dal 2000. Da quando, cioè, si stava per demolire del tutto l'edificio dell'ex fabbrica dopo anni di dimenticatoio.

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“C’era una volta a… Hollywood”, tutte le auto di Tarantino

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Metti insieme Quentin Tarantino, la turbolenta Los Angeles del 1969, i macchinoni che solcavano i suoi boulevard senza fine e la musica delle autoradio che fluttuava nel vento caldo del deserto

Una miscela che è esplosa sul grande schermo con «C’era una volta… a Hollywood» (titolo originale: Once Upon A Time in… Hollywood), uscito nei cinema italiani lo scorso weekend.Più di duemila auto sul set. Il nono film di Quentin Tarantino era attesissimo da tutti, come sempre. È una dichiarazione d’amore agrodolce alla sua città, agli ultimi bagliori dell’età dell’oro di una Hollywood che dopo la strage compiuta dalla Family di Charles Manson cadde in una profonda crisi d’identità. Ma «C’era una volta… a Hollwyood» è anche una magnifica, nostalgica parata di auto classiche, americane e non. Una presenza continua, oltre duemila: un numero esagerato se si pensa che di solito, per la produzione di un film, ne vengono noleggiate dalle tre alle cinquecento.

Un ruolo da protagoniste. Il fatto è che per Quentin Tarantino le auto sono qualcosa di più che una semplice parte della scenografia. Non fanno da comparse, se mai recitano come attori. Trasportano i personaggi da una sequenza all’altra, possono essere i deus-ex-machina di una scena chiave. E per i tarantiniani, a volte, ritornano come vecchie conoscenze. Prendete la Cadillac DeVille color crema del 1966 guidata da Rick Dalton, l’attore di western e B-movie in caduta libera interpretato da Leonardo di Caprio: è proprio la stessa che avevamo già visto portare a spasso Mr Blonde in «Le Iene». L’attore Michael Madsen l’aveva comprata alla fine del film e l’ha resa disponibile per «C’era una volta… a Hollwyood» dopo un leggero restauro.

L’album dei ricordi. Per riportare indietro di cinquant’anni l’Hollywood Boulevard e gli altri angoli iconici di Los Angeles, la produzione ha lavorato sulle fotografie dell’epoca e sui ricordi d’infanzia dello stesso regista. Nella Karmann Ghia blu guidata come un pazzo dallo stuntman Cliff Booth, uno strepitoso Brad Pitt in T-shirt Champion, c’è molto di quella del patrigno del regista, allora bambino. Quindi non è certo un caso che la Karmann Ghia avesse già recitato in «Kill Bill». C’è un’altra auto-feticcio nel film, la MG TD del 1962 con i due personaggi reali del film, l’attrice Sharon Tate (Margot Robbie) e il marito regista Roman Polanski, di ritorno dall’Europa dopo il successo di «Rosemary’s Baby». Quella MG era già apparsa nel film «L’amante perduta» (Model Shop) girato a Los Angeles proprio nel 1969 ed era stata acquistata a un’asta dall’attrice Debbie Reynolds, che la prestò alla figlia Carrie Fisher (la principessa Leila di «Guerre Stellari») per imparare a guidare - rimettendoci quasi la carrozzeria. E quale spider guida Ryan ‘O Neal in «Love Story»? Esatto…

Troppo anche per lui... A proposito di feticci: trattandosi di un film che culmina con la strage perpetrata dalla Family di Charles Manson, non poteva mancare la Ford Galaxie color Inca Gold del 1959 utilizzata per gli omicidi. Manson è morto in carcere nel 2017, ma quell’auto esiste ancora. Appartiene a una collezione privata e il suo attuale proprietario si era reso disponibile ad affittarla per le riprese. A quanto pare, però, Quentin Tarantino ha pensato che fosse una presenza troppo macabra sul set. Che dire, la gente di cinema può essere ancora più superstiziosa dei piloti…

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Modena Motor Gallery, grande show nella terra dei motori

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Automobili e motociclette d'epoca, ricambi e memorabilia: ecco come è andata la settima edizione della Modena Motor Gallery

È considerata il “salotto” delle manifestazioni di auto e moto d’epoca, non troppo vasta e dispersiva come Padova e Imola, ma più ricca e raffinata rispetto a tutte le altre esposizioni e mostre-mercato.Nella terra dei motori. Modena Motor Gallery, giunta quest’anno alla settima edizione, ha poi in più rispetto alle altre manifestazioni il vantaggio di essere al centro della Motor Valley, a due passi da Ferrari, Maserati e Lamborghini e da quelle centinaia di meccanici, carrozzieri e fornitori che ogni anno fanno risplendere gioielli unici al mondo.

Maestri all’opera. Sono stati proprio questi esperti restauratori fra i protagonisti della mostra modenese assieme ai rivenditori delle auto più esclusive: chi vuole acquistare una Ferrari o una Maserati, ma anche una Porsche o una Mercedes SL, non può mancare l’appuntamento alla Fiera di Modena. Anche quest’anno è stato così e gli affari non sono mancati ma, a quanto sembra, hanno interessato soprattutto, almeno al Salone, le auto proposte a prezzi più abbordabili e i pezzi di ricambio.

Bagno di folla per i 60 anni della De Tomaso. Quello che non è sicuramente mancato è il pubblico, molto più numeroso rispetto alle passate edizioni, grazie anche agli eventi che hanno completato la mostra, come il raduno delle A112, che ha visto la presenza di oltre 70 vetture, e l’arrivo del Gran Premio di Modena, gara di regolarità per auto storiche. Ma fra gli eventi clou del Salone spicca la celebrazione dei 60 anni dalla fondazione della De Tomaso, con ben 4 Pantera e una Deauville schierate nella galleria principale accanto ad auto futuristiche progettate oggi in Emilia Romagna, come la Dallara F2, la Covini C6WA a sei ruote e i modelli statici della hipercar GT 12 cilindri e della moto elettrica realizzati dal designer Antonio Sassi.

Il meglio del car design di casa nostra. La mostra “1950-1990 quarant’anni di stile italiano” ha invece riunito i principali marchi della produzione automobilistica e motociclistica emiliano-romagnola della seconda metà del secolo scorso: ecco quindi, accanto a una decina delle moto più rappresentative della regione, due splendide Ferrari degli anni Sessanta, le Lamborghini 400 GT e Miura, le Maserati Ghibli e Biturbo, ma soprattutto la Bugatti EB 110 SS, prodotta nel 1992 a Campogalliano durante la “parentesi” modenese del celebre marchio. Le vere chicche della mostra sono stati però i marchi scomparsi, sconosciuti alla maggior parte del pubblico, come la Bandini 750 GTV carrozzata da Zagato, la Minardi MG 75, biposto da corsa equipaggiata con il 6 cilindri di 750 cmc, costruita nel 1947 dal padre di Giancarlo Minardi, e le due OSCA realizzate a Bologna dai fratelli Maserati: la 1600 GT carrozzata nel 1965 da Fissore e la 372 F2S Sport del 1957, “barchetta” di 1.5 litri con cui ha corso Alejandro de Tomaso.

 

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Gran Premio Nuvolari, un testa a testa tra siciliani

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Si è conclusa domenica 22 settembre la XXIX° edizione del Gran Premio Nuvolari. Dopo un testa a testa da capogiro durato tre giorni, la vittoria è andata a Mario Passanante, navigato da Raffaella Alessandrini su Fiat 508 C del 1937

È stata una sfida entusiasmante quella che ha coinvolto i grandi top siciliani al Gran Premio Nuvolari 2019. Nel corso della seconda tappa poteva accadere che si guardassero le classifiche provvisorie e che alcuni avessero lo stesso numero di penalità. A dimostrazione del fatto che per vincere in questa disciplina serve la massima concentrazione e anche molta determinazione.Secondo il nostro equipaggio. Con Giovanni Moceri, vincitore uscente del Gran Premio Nuvolari 2018 e vincitore della Mille Miglia di quest’anno (e di tante altre gare), abbiamo affrontato questa avventura in tutta tranquillità e al massimo delle nostre capacità. Alla fine Giovanni non ce l’ha fatta pur avendocela messa tutta e non avendo commesso errori particolari, come lui stesso ha più volte dichiarato. Mario Passanante ha quindi chiuso la sua gara con 356.20 penalità, e noi distaccati di 51.07 punti siamo rimasti comunque contenti (io di sicuro, forse Giovanni Moceri un po’ meno) di aver condiviso questa esperienza e di aver partecipato al Gran Premio Nuvolari con la sua Fiat 508 C del 1939 con i colori di Ruoteclassiche.

I primi dieci. Al terzo posto si è difeso bene Andrea Vesco, alla guida dell’Alfa Romeo 6C 1750 SS del 1929. Alle loro spalle si sono ben classificati anche gli altri top che hanno pressato i due siciliani per tre giorni, restando sempre dietro ma senza lasciare troppo margine, pronti ad attaccare al primo sbaglio dell’avversario o al primo cedimento. Peccato che nè Passanante nè Moceri abbiano avuto segni di cedimento. Al quarto posto la coppia argentina Tonconogy-Ruffini, seguiti da Barcella-Ghidotti, Belometti-Vavassori, Patron-Formilan, Fontanella-Covelli,  Turelli-Turelli e Margiotta-La Chiana.

Tre giorni di gara vera. Il Gran Premio Nuvolari, giunto quest’anno all’edizione numero 29 e fin dagli esordi sostenuto dal partner ufficiale Eberhard & Co., si è svolto anche quest’anno senza deludere le nostre aspettative. Partito dalla centralissima e animatissima piazza Sordello di Mantova venerdì 20 settembre, la prima tappa di 220 chilometri ha portato i quasi 300 equipaggi iscritti a Bologna. Sabato 21 settembre la seconda tappa, da sempre la più impegnativa e determinante anche ai fini della classifica, ha accompagnato le storiche signore per oltre 440 km e 10 ore di gara fino a Rimini, dove la tradizionale e tanto attesa cena di gala al Grand Hotel ha rinfrancato gli spiriti e concesso del tempo per confrontarsi e divertirsi. Domenica 22 settembre la tappa conclusiva, con i giochi ancora completamente aperti per la caccia alla vittoria, ha riaccompagnato gli equipaggi a Mantova non prima di aver toccato l’autodromo Enzo e Dino Ferrari di Imola per delle affascinanti prove in circuito, e il centro storico della splendida Ferrara.

Aspettando i 30. La Scuderia Mantova Corse ci ha dato appuntamento al prossimo anno per l’edizione numero 30. Noi ci aspettiamo grandi cose e festeggiamenti importanti, e ovviamente non potremo mancare.    

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Citroën CX 25 GTI Turbo, che botta di vita!

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A dieci anni dalla presentazione della Citroën CX debutta la versione turbo benzina, capace di rivitalizzare le sorti di un modello con qualche anno sulle spalle

Nei primi anni Settanta la Citroën annuncia una berlina di grandi dimensioni, che dopo un ventennio, ha il non facile compito di succedere alla mitica DS. La nuova vettura si chiamerà CX, il cui nome si riferisce normalmente alla sigla con la quale si indica il coefficiente di penetrazione aerodinamica. Innovativa e, come vuole la tradizione Citroën, senza compromessi, incarna alla perfezione le tendenze di modernità. La carrozzeria deriva dalla GS: linee essenziali, ampie superfici vetrate, coda tronca e baule posteriore capiente, con lunotto concavo. Un ulteriore novità si può notare osservando il parabrezza, dove per la prima volta su una berlina di classe è presente un solo tergicristallo. Originali pure gli interni. Sulla plancia, dall’impostazione prettamente futurista, svettano comandi e pulsanti raggruppati in “penisole”, che sporgono graziosamente dal cruscotto. Tachimetro e contachilometri sono a lettura diretta, su un tamburo rotante retroiluminato. Il volante, di dimensioni generose, è monorazza.Una carriera lunga e proficua. La CX, però, non sorprende solo nell’estetica. Anche la tecnica, con il gruppo motore trasversale e il cambio in linea, fissato al telaio mediante giunti elastici, è all'avanguardia. Le sospensioni, come ormai da tradizione della Casa, sono del tipo idropneumatico ad altezza costante. Il cambio è a quattro marce e i freni sono a disco su tutte e quattro le ruote. Il debutto ufficiale avviene al Salone di Parigi del 1974, nella variante CX 2000. A un solo anno dal lancio, la gamma si arricchisce di allestimenti e motorizzazioni, anche diesel. Una delle versioni più interessanti, e a cui abbiamo deciso di dedicare questo articolo di approfondimento, arriva in realtà molto più tardi, nel 1984. Esattamente a dieci anni dal lancio della vettura francese, la versione sovralimentata, denominata GTI Turbo, con i suoi 166 CV non dà segni di stanchezza. Anzi, tutt’altro. L’evoluzione prosegue l’anno seguente, quando la CX 25 GTI Turbo diventa la prima auto francese a offrire a richiesta l’Abs. Non solo: nel 1986 adotta l’intercooler aria/aria e cambia il suo nome in CX 25 GTI Turbo 2. La rispettabile carriera della CX si conclude, in maniera definitiva, dopo ben 17 anni, nel 1991.

La prova di Quattroruote. Alla Citroën CX la rivista dedica negli anni numerosi servizi: undici prove tradizionali, un originale giro del Mediterraneo (dicembre 1976) e un approfondito test di consumo della CX 25 Diesel (agosto 1980). Il test che interessa a noi oggi, quello della CX 25 GTI Turbo, compare sul numero del novembre 1984. La valutazione, nel complesso, è positiva. L’interno, nonostante il tempo trascorso dal debutto della prima versione, è ancora attuale. L’auto ha una buona dotazione di serie e una scelta di materiali molto personale. Su strada convince il motore, un quattro cilindri di 2,5 litri sovralimentato da un turbo Garrett T3 da 168 CV. Viene definito come un motore turbo talmente riuscito da non sembrare nemmeno un turbo, in quanto non presenta vuoti di potenza ai bassi regimi e non diventa troppo ruvido agli alti. Bene anche lo sterzo, che viene giudicato preciso e diretto ma "troppo sensibile". Da rivedere, invece, il cambio manuale a cinque rapporti: gli inserimenti delle varie marce non sono né dolci né rapidi, a causa della legnosità della leva e di una certa lentezza di sincronizzazione.

La quotazione attuale. La Citroën CX 25 GTI Turbo si può trovare in vendita a un prezzo tutto sommato accessibile. I nostri listini ufficiali riportano infatti una valutazione che va da un minimo di 5300 euro a un massimo di 15.800 euro per una vettura in perfette condizioni o restaurata completamente. Leggermente più alto il range della CX 25 GTI Turbo 2: da 6000 a 18.000 euro.

Diteci la vostra. Inutile nasconderlo, tra le vetture d’epoca più desiderate al mondo ci sono le auto prodotte dai costruttori italiani. Non solo supercar (inarrivabili ai più) ma anche affascinati berline, coupé o spider dedicate a un pubblico più vasto. Se prendiamo in considerazione gli estimatori delle storiche francesi, inevitabilmente, la cerchia si restringe. Proprio per questo motivo, siamo curiosi di sapere se voi ne fate parte. E nello specifico, comprerete una Citroën CX 25 GTI Turbo oppure optereste per una versione meno sportiveggiante? Vi ricordiamo infine che se avete dei ricordi particolari legati a questo modello potete scriverci una mail all’indirizzo redazione@ruoteclassiche.it.

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Fiat 127, l’inizio di una nuova era

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Motore trasversale, trazione anteriore e tanto spazio a bordo. Questi gli assi nella manica della Fiat 127, che all'alba degli anni 70 debutta sul mercato ridefinendo il concetto stesso di utilitaria

La Fiat 127 occupa un posto a parte nella storia del marchio torinese, in quanto introduce una serie di elementi innovativi rispetto alla filosofia stilistica e costruttiva adottata dalle sue progenitrici. Il particolare design, ideato dallo studio diretto da Pio Manzù (figlio del famoso scultore Giacomo) con la collaborazione di Rodolfo Bonetto, fa infatti il paio con un’impostazione tecnica fuori dal coro. A differenza della maggior parte delle auto prodotte fino a quel momento, fautrici della filosofia del “tutto dietro”, la 127 opta per un motore anteriore trasversale e una trazione anteriore. Il propulsore, un brillante quattro cilindri ad aste e bilancieri di 903 cm³ da 47 CV, è abbinato a un cambio manuale a quattro rapporti.Vendite da primato. La 127 misura 359 cm in lunghezza, ovvero 2 cm in più rispetto alla 850. Non solo: rispetto all'auto che è chiamata a sostituire è più larga di 10 cm, 152 contro 142, ma soprattutto ha un passo di 222,5 cm. Le nuove misure, unite al minor ingombro del motore trasversale, consentono agli ingegneri Fiat di ricavare maggiore spazio per l’abitacolo e un bagagliaio dalla capacità più che soddisfacente. Fin dal suo esordio, la 127 piace e convince il grande pubblico, tanto che nel suo primo anno di vita si aggiudica il titolo di Auto dell’anno. A partire dal 1972, la gamma si amplia con l’introduzione a listino della versione a tre porte, mentre dal 1974 sia la due che la tre porte vengono proposte anche nell’allestimento Special, che offre una dotazione più completa e finiture più curate. All’esterno spiccano la nuova calandra con elementi cromati, i paraurti più massicci e le modanature laterali in acciaio inox. All'interno, oltre ai sedili maggiormente imbottiti, si notano strumenti aggiuntivi, come il termometro dell’acqua e il comando del tergicristallo, ora a funzionamento intermittente. In produzione fino al 1977, la prima serie della 127 sarà venduta in oltre due milioni e mezzo di esemplari.

La prova di Quattroruote. Giusto il tempo di essere presentata al pubblico e la Fiat 127 già si sottopone alle scrupolose valutazioni della “nostra” rivista. L’estetica non dispiace, anche se il frontale risulta fin troppo ricercato, a scapito di un posteriore un pochino “pesante”. Quanto a sfruttamento dello spazio la 127 è definita come una delle migliori automobili della sua classe. L'abitabilità è paragonabile a quella della sorella 128, che però è più lunga di 26 cm. La strumentazione è essenziale ma soddisfacente, mentre i sedili potrebbero essere più comodi. L’aspetto più interessante, però, riguarda la dinamica. Nel giugno del 1971 la rivista mette a confronto la 127 con una serie di concorrenti della stessa classe, simili per prezzo e cilindrata: Innocenti Mini Minor MK3, Ford Escort base, Opel Kadett SE 2 porte, Renault 4 Export e Simca 1000 LS. Il verdetto della strada dice che la nuova utilitaria Fiat non ha rivali in quanto a prestazioni: leggera e brillantissima, raggiunge i 143,8 km/h, percorre il chilometro con partenza da fermo in 36,58 secondi. Buoni anche i consumi: in media, per percorrere 100 chilometri le bastano 5,75 litri.

La quotazione attuale. La quotazione della Fiat 127 prima serie è decisamente interessante: i nostri listini ufficiali riportano infatti una valutazione che va da un minimo di 1800 a un massimo di 5300 euro per un modello in condizioni impeccabili.

Diteci la vostra. E voi, che ne pensate della 127 prima serie? Siamo curiosi di sapere se in quel periodo avreste optato per lei oppure per una sua diretta rivale. Fatecelo sapere attraverso i commenti. Inoltre, se avete dei ricordi particolari legati all’utilitaria italiana, potete scriverci una e-mail con la vostra storia all’indirizzo redazione@ruoteclassiche.it.

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Icon-e, ecco la Panda 4×4 elettrica di Garage Italia

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Garage Italia, l'esclusivo atelier milanese di Lapo Elkann, rinnova il progetto Icon-e con la Panderis. La primogenita di una famiglia di Panda 4x4 elettriche impreziosite da tessuti e materiali speciali

Artisti e designer lo sanno bene: rivisitare in chiave moderna i grandi classici del passato è un’operazione assai rischiosa. Se poi l’oggetto in questione si chiama Fiat Panda, quella di Giorgetto Giugiaro s’intende, la cosa si fa ancor più delicata.Il progetto Icon-e. Tuttavia all’atelier milanese Garage Italia, che la scorsa primavera ha elettrificato l’iconica 500 Jolly di fine anni 50, stupire con gusto e stile riesce piuttosto bene. Ne è una prova il secondo esperimento del progetto Icon-e, un programma che punta a restaurare modelli del passato trasformandoli in elettrici.

Trapianto di cuore. Questa volta è toccato alla mitica Panda 4x4 abbandonare il vecchio, caro motore a benzina. Al suo posto, progettato dalla Newtron Group, è pronta un’efficiente unità elettrica, che grazie all’accoppiamento con il cambio di serie permette al “pandino” di raggiungere una velocità massima di tutto rispetto: 114 km/h.

La Panda è sempre la Panda. Per la nuova vettura del progetto Icon-e, l'atelier di Lapo Elkann ha deciso di mantenere il design originale di Giorgetto Giugiaro, concedendosi davvero poche licenze estetiche. Saranno soltanto cinque le Panda Icon-e costruite, ognuna delle quali sarà svelata nella prossima stagione invernale.

La primogenita di una famiglia di Panda elettriche (ed esclusive). La prima vettura della nuova serie si chiama Panderis ed è stata allestita in collaborazione con la Vitale Barberis Canonico, un lanificio biellese che ha fornito i tessuti per rivestire gli interni della Panda elettrica. Il cruscotto, i sedili e i pannelli delle porte sono impreziositi dalla Tela ritorta quattro capi, mentre l'imperiale è rivestito di Perennial, un materiale ispirato al cielo stellato. L’ambiente è reso ancor più esclusivo dagli inserti in Alcantara e dal nuovo impianto audio JBL messo a punto con la Harman. Esternamente, invece, la Panda 4x4 è stata verniciata nella speciale tinta Barberis Brown con linea di bellezza Blu Vitale e cerchi color Canonico Gold. Dopo la Panderis arriveranno, in ordine: la Pandoro, sviluppata con la designer Marta Ferri, la Pand'Art, realizzata con Arthur Kar de L’Art de L’Automobile, la Pandina Jones, creata con Car&Vintage, e la 00Panda, ispirata all’agente segreto 007.

Cento chilometri d'autonomia. Per il momento non sono disponibili informazioni ufficiali riguardo la batteria che, a detta dell'atelier di Lapo Elkann, sarebbe in grado di garantire un'autonomia di 100 chilometri. Tra le tre e le otto ore, a seconda della potenza della colonnina, il tempo necessario per una ricarica completa.

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Cmae: Trofeo Milano, l’edizione n. 13 si avvicina

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Il Trofeo Milano, noto appuntamento con le più belle auto e moto del Cmae al Castello Sforzesco, torna sabato 5 ottobre

Sabato 5 ottobre, ottanta auto e quaranta motociclette selezionate saranno presenti all’hangar dell’aeroporto militare di Linate. Il vasto programma del Cmae ruoterà attorno a una serie di prove di abilità e regolarità, che i partecipanti affronteranno sin dalle prime ore del mattino.Su e giù lungo l’Adda. L’evento sarà anche un’occasione per riscoprire luoghi e angoli suggestivi della campagna lombarda, con tappe a Trezzo sull’Adda e a Cassano d’Adda e una pausa pranzo in una location all’insegna dell’eleganza: Villa Maggi Ponti.

Verso il Castello. A partire dalle 15, prima le moto e poi le auto sfileranno verso il Castello Sforzesco. Modelli nati lontano l’uno dall’altro, nello spazio e nel tempo, ma accomunati dalla passione di chi li ha creati. Per la velocità, gli spostamenti, l’idea di indipendenza e autonomia: si va dalle vetture centenarie, testimoni della prima era dell'automobile, ai modelli della grande tradizione della carrozzeria italiana, cui si aggiungono affascinanti motocliclette anteguerra.

L’incontro con la cittadinanza. La Piazza d’Armi del Castello sarà animata anche dalla presenza dei ragazzi dello Ied di Milano, che quest’anno, armati di matite e pantoni, si sono sfidati per la realizzazione della locandina ufficiale del Trofeo. Le loro opere saranno esposte nel Cortile della Rocchetta. Non mancheranno poi le attività per i più piccoli, coordinate dai volantari dell'Unicef, nuovo partner della manifestazione del Cmae.

Musica e trofei. Sarà il concerto della Fanfara dell’Aeronautica Militare Italiana a concludere l’evento e a precedere le premiazioni e la cena di gala. Il vincitore assoluto del Trofeo Milano 2019 riceverà un fiocco terminale di una guglia del Duomo di Milano, concessa in comodato ventennale al Cmae.

Dietro le quinte. Il Trofeo Milano ha ricevuto per 11 volte - l'ultima lo scorso anno - il prestigioso premio “Manovella d’Oro”. Anche questa volta l’evento, organizzato in collaborazione con Aeronautica Militare Comando 1^ Regione Aerea e con il Castello Sforzesco, è iscritto al calendario manifestazioni Asi. Gode inoltre del patrocinio del Comune di Milano, del patronato di Regione Lombardia, della Città di Cassano d’Adda e del Comune di Trezzo sull’Adda. Sponsor confermati di questa tredicesima edizione Breitling, maison d'orologeria svizzera, e Mafra, azienda di prodotti per la cura dell’auto, accanto a Poste Italiane, Banca Galileo e Aste Bolaffi.

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L’Asi e la Giornata nazionale del veicolo d’epoca

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Domenica 29 settembre sarà la giornata nazionale del veicolo d’epoca. L’Asi, dal 1966 in prima linea per la tutela e la diffusione del patrimonio automobilistico italiano, ha messo a punto un programma di manifestazioni e incontri esteso a tutta la penisola

Sarà una domenica di festa e di passione, con più di cento collezioni private e musei che in tutta Italia apriranno i battenti a beneficio degli appassionati. La presentazione della giornata, avvenuta nella sala stampa di Montecitorio, a Roma, è stata inaugurata dalla parole del presidente dell’Asi, Alberto Scuro, che ha poi ceduto il microfono al presidente della Commissione Asi Storia e Musei, Danilo Castellarin, e al presidente della Commissione Asi Manifestazioni Auto, Ugo Amodeo.Industria sociale. Il motorismo storico italiano, definito durante la conferenza “industria sociale” da Alberto Scuro, ha pochi eguali nel mondo, e oltre a svolgere un importante ruolo culturale è anche un settore in grado di generare un indotto economico di notevole portata. Con le auto d’epoca, infatti, non lavorano soltanto meccanici e carrozzieri, ma anche organizzatori di eventi e gare, ristoranti, strutture di accoglienza e alberghi: un indotto indiretto che contribuisce ogni anno in maniera sempre più sensibile alla crescita del nostro paese. Notevole anche l’apporto solidale fornito dalle attività promosse dai diversi attori del motorismo storico: sono sempre più numerose le iniziative dei club e delle associazioni del settore per raccolte fondi destinati a enti che operano nel sociale.

Al fianco degli appassionati in tutta Italia. In questo contesto l’Asi svolge un ruolo primario grazie alle sue iniziative e a una presenza capillare sul territorio nazionale, garantita da oltre 300 sodalizi federati e aderenti. Con la giornata nazionale del veicolo d’epoca l’Asi mobilita gli appassionati di tutto il Paese, creando decine di opportunità culturali, sociali e d’intrattenimento rivolte soprattutto alle generazioni più giovani. Da Torino a Roma, da Milano a Napoli, i soci dei club di tutta Italia scenderanno nelle piazze con le loro auto storiche, ricreando l’effetto di un immenso “museo diffuso”. Accanto ai raduni in piazza, grazie all’iniziativa Asi Musei Show apriranno i battenti ben 114 strutture tra musei e collezioni.

And the winner is… Istituito per la prima volta, il “Premio Asi per il Motorismo Storico” verrà consegnato al presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati. Un riconoscimento attribuito dal consiglio federale dell’ente per la grande sensibilità che la presidente del Senato ha dimostrato nei confronti del comparto in occasione del convegno “Il futuro del Motorismo Storico, un patrimonio culturale, turistico ed economico da salvaguardare e sviluppare”, organizzato dall’Asi il 20 settembre 2018 a Palazzo Madama.

Le parole del presidente. “La giornata nazionale del veicolo d’epoca è un’occasione per accendere i riflettori sul motorismo storico, sui tanti valori positivi ad esso collegati e su tutto ciò che si muove attorno ad esso”, ha dichiarato il presidente dell’Asi, Alberto Scuro, che ha spiegato come l’ente desideri mostrare a un pubblico il più vasto possibile “qual è la passione che muove il nostro mondo e la nostra Federazione”. “Non può esistere futuro senza la memoria del passato - ha proseguito Scuro-: i veicoli storici sono importantissimi testimoni della nostra storia e possono essere valorizzati soltanto avendo la possibilità di farli vivere sulle nostre strade e renderli godibili a tutti”.

Alfa Romeo 75: è lei l’ultima vera Alfa?

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L'ultima gloriosa erede della famiglia transaxle è una berlina sportiva che conserva intatto lo spirito delle progenitrici. Per gli alfisti più intransigenti è l'ultima vera Alfa

Nel 1985, nell'anno del 75° anniversario della Casa, l’Alfa Romeo presenta l’Alfa 75. Si tratta di una berlina sportiva cui spetta raccogliere la non facile eredità della Giulietta, un modello tecnicamente all'avanguardia e di successo che, tuttavia, non riuscì mai a sostituire completamente la Giulia nel cuore degli alfisti più affezionati. Il nuovo modello rappresenta inoltre un importante tassello nell’opera di rinnovamento della gamma, iniziato nel 1983 col debutto della 33 e portato avanti l’anno seguente dall’arrivo nelle concessionarie della 90. La 75 è, inoltre, il modello con cui la Casa milanese tenta di riaffacciarsi sul mercato americano.Cuore sportivo. L’Alfa Romeo 75 si caratterizza innanzitutto per la linea molto personale, enfatizzata dall’alta coda tronca e da un andamento cuneiforme, con un muso basso e spiovente. Ai lati della mascherina, che presenta una fitta grigliatura orizzontale ed è di colore grigio, sono montati i proiettori. I gruppi ottici posteriori sono invece collegati fra loro da una fascia catarifrangente arancione, estesa da lato a lato del cofano bagagli. La dotazione di serie, piuttosto completa, comprende, tra l’altro, il volante regolabile in altezza e in profondità, il lunotto termico, la centralina di autodiagnosi a dieci funzioni, con tanto di spia rossa per segnalazione anomalie, e l’orologio digitale. Il timore iniziale mosso da alcuni addetti ai lavori è rappresentato dal rischio di cannibalizzazione tra la 75 e la 90, che propone versioni molto simili a quelle della sorella più piccola. Un rischio solo apparente, tuttavia, perché, pur avendo le stesse motorizzazioni, i due modelli hanno caratteristiche ben distinte. Al netto della meccanica comune - entrambe prendono origine dallo schema transaxle dell'Alfetta - la 90 ha un’impostazione più turistica, mentre la 75, più compatta e leggera, è più reattiva e scattante. Al lancio, la vettura è disponibile in cinque differenti versioni: 1.6, 1.8, 2.0 (tutte ad alimentazione singola) Quadrifoglio Verde (2,5 V6 a iniezione) e 2.0 Turbodiesel. Nel 1988 debutterà la versione restyling, che con alcuni aggiornamenti allo stile e ai listini rimarrà in commercio fino al 1993.

La prova di Quattroruote. Le prime impressioni sull’Alfa 75 sono decisamente positive. Secondo il giornalista la 75 mostra un temperamento molto personale. La linea è di quelle che fanno discutere, senza dubbio originale pur non peccando di eccessi di modernità. Alla coda alta e squadrata si contrappone un frontale un po’ pesante, mentre la sottolineatura della cintura viene considerata "troppo vistosa". Al volante si ritrova l’assetto tipico di tutte le Alfa Romeo: posizione di guida, pedaliera e manovrabilità del cambio ricordano Alfetta e Giulietta. Sulla “duemila” il motore a carburatori si fa sentire con un’accentuata rumorosità di aspirazione, che diventa quasi un rombo da vettura sportiva. Il motore della Quadrifoglio Verde, logicamente, esprime ancor di più le qualità sportive della vettura. Lo sterzo, che utilizza il servocomando della 90, è sensibile pur con reazioni molto limitate. Ad andature allegre lo si vorrebbe più rapido, ma si fa comunque sempre apprezzare per la sua precisione.

La quotazione attuale. Le versioni inaugurali della prima serie (1.6, 1.8 e 2.0) mantengono una valutazione accessibile, con prezzi che variano da un minino di 2500 (3300 per le 2.0) a un massimo di 7500 (9800), per un esemplare in perfette condizioni o completamente restaurato. La più costosa, ovviamente, è la Alfa 75 Turbo Quadrifoglio Verde (1990-92), con un range di prezzi compreso tra gli 8 e i 24.000 euro. Valori che aumentano notevolmente se l’esemplare in questione è un’Alfa 75 Turbo evoluzione (1987-88), quotata tra i 19.800 e i 44.500 euro.

Diteci la vostra. Secondo voi l’Alfa 75 è stata pienamente all’altezza della situazione? Dovendo scegliere una versione convenzionale, per quale optereste? Ancora: siamo curiosi di conoscere il vostro parere in merito alla sfera inerente le Quadrifoglio Verde prodotte da Alfa nel corso degli anni. In una vostra personale scala di gradimento, dove posizionereste la 75 QV? E poi: è davvero lei l'ultima vera Alfa prima del ritorno dell'attuale Giulia a trazione posteriore? Vi ricordiamo infine che se avete una storia originale legata alla 75, potete scriverci una mail all’indirizzo redazione@ruoteclassiche.it.

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Cent’anni di Cmn: dalla De Vecchi a Sivocci e Ferrari

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Sono trascorsi cent’anni dall’avvio di un’avventura imprenditoriale e automobilistica poco nota al grande pubblico: la Cmn (Costruzioni Meccaniche Nazionali), una parentesi durata solo 48 mesi, eppure ricca di storia

L’impresa viene fondata nel 1919 con stabilimenti a Milano e Pontedera sulle ceneri della casa automobilistica De Vecchi & C. Con l’uscita di Giuseppe De Vecchi dalla compagine societaria, l’impresa viene rilevata da un gruppo di finanziatori e assume il nome di Cmn.Gli uomini fanno la differenza. Impianti industriali, veicoli e parti giacenti in magazzino vengono rilevati dalla nuova società. La vera risorsa della Cmn nascente sono tuttavia gli operai, tra cui l’abile motorista Luigi Marino, che avrebbe in seguito fondato l’omonima casa automobilistica di Padova, a riprova del fatto, che, allora come oggi, sono le persone a fare grandi le aziende e non viceversa.

Il duo Sivocci-Ferrari. Le vetture Cmn sono caratterizzate dal motore De Vecchi e assemblate con parti residuate della Isotta-Fraschini e un nuovo "badge" al radiatore. Siamo ai primi del Novecento, l’automobile è il simbolo della novità e della tecnologia e quindi quale investimento pubblicitario migliore, per aumentare la propria notorietà, di offrire una partecipazione aziendale ad un pilota già celebre come Ugo Sivocci (con un passato da meccanico e collaudatore alla De Vecchi & C.)? Sivocci, a sua volta, offre un posto di collaudatore e pilota a un giovane disoccupato di belle speranze, Enzo Ferrari. Sono questi due piloti a partecipare nel 1919 alla cronoscalata Parma- Poggio di Berceto ( la prima corsa professionale di Ferrari, in cui si classificò quarto) e alla Targa Florio, con due esemplari del modello "15/20 HP" in allestimento sportivo.

Il nipote di Ugo Sivocci. Commoventi le parole del nipote di Ugo Sivocci, Giorgio, che ringraziamo per averci concesso un’intervista: “L’unica immagine originale dell’epoca in mio possesso si riferisce alla Targa Florio del 1913, quando mio nonno corse su De Vecchi, oltre ad alcuni articoli di giornale e riviste.” A novembre scorso la Cmn è tornata sotto i riflettori nel seminario organizzato dalla Fondazione De Vecchi a Sesto San Giovanni e intitolato “Tecnici, progettisti ed imprenditori nel settore motoristico - Storie ed archivi”. Una conferenza in cui si sono ricostruite passo passo le origini dell’industria dei motori e dell’automobile attraverso le storie di coloro che ne furono i protagonisti nei primi anni del Novecento.

Una nuova avventura. Nel 1920 inizia la produzione a Pontedera, in Toscana, con l’obiettivo di affinare il motore 4 cilindri biblocco da 2297 cm3 a valvole laterali. Nel 1923 vengono prodotte la "25 HP", dotata di motore a 6 cilindri in linea di quasi 3 litri di cilindrata, e la "Tipo 7", in grado di arrivare ad una velocità massima di 125 km/h. Parliamo di cent’anni fa, 125 km all’ora voleva dire correre. Il sogno della Cnm s’infranse per sempre poco tempo dopo, quando la fabbrica fu rilevata dalla Piaggio. Una meteora nell’universo dell’industria automobilistica che merita comunque uno spazio nella memoria degli appassionati.

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