Sembrerà davvero di essere negli anni Cinquanta. Il perfezionismo di Lord March (che ha perso venerdì scorso il padre, il decimo duca di Richmond) riporterà anche stavolta ogni angolo del più importante evento mondiale di motorsport in costume d’epoca al fascino delle corse automobilistiche tra il 1945 e il ’66. Inizierà domani, il Goodwood Revival Meeting 2017. E andrà avanti fino a domenica con un’azione non-stop, in 12 trofei di macchine e moto, che celebrerà il motorismo storico in tutte le sue forme.
Due i tributi principali di quest’anno: alla 500, che nell’atmosfera di tipica passione motoristica britannica aprirà tutte e tre le giornate con doppi giri in pista italian style, e a Ecurie Ecosse.
Del leggendario team scozzese fondato nel 1951 dal business man e pilota David Murray si vedranno in parata tre D-Type “Long Nose” e una Tojeiro Jaguar portate a Le Mans, la Cooper Monaco-Climax dei primi anni Sessanta, una Tojeiro EE-Buick coupé del 1962-63 e una due posti Austin-Healey Sprite GT coupé del 1961. Ci saranno anche un meccanico del team e il mitico autobus a due piani, il Commer TS3, divenuto persino più famoso dei driver e delle vetture che trasportava.
Come prima corsa si disputerà il Kinrara Trophy, alle 18,45 di domani dopo una giornata di prove e demo in pista. Al via con la luce del tramonto si vedranno auto con motore di minimo 3 litri che hanno corso prima del 1963.
Decisamente più lungo il calendario competitivo di sabato: si comincerà alle 10 con la Chichester Cup, dal nome della città nel West Sussex dove si trova la tenuta di Goodwood, e si andrà avanti con un totale di sette sfide, fra le quali il Barry Sheene Memorial Trophy. La prima parte della competizione motociclistica in omaggio al campione british (25 minuti) si svolgerà alle 13,30 con un frenetico inizio in stile Le Mans: i riders dovranno attraversare la pista di corsa e saltare in sella. Stessa cosa nella tarda mattinata di domenica, nella seconda e ultima tranche. Sempre sabato, si terrà anche un’asta di memorabilia e auto di Bonhams.
Tra il vasto pubblico di celebrity e appassionati parteciperanno al Revival anche i due fratelli William e Michael Dunlop, discendenti di quel John Boyd che nel lontano 1889 ha inventato i moderni pneumatici.
Nel programma di domenica, per finire in bellezza, sono comprese due highlights in più, spettacolari: il Royal Automobile Club TT Celebration Trophy e un festeggiamento particolare per il Gran Premio di Gran Bretagna del 1957 in cui Stirling Moss vinse alla guida di una Vanwall VW5.
Un fine settimana così caldo non si era mai visto. Non siamo ai livelli di Monterey, dove in cinque giorni sono state offerte all’asta 1277 vetture e ne sono state aggiudicate 725 (clicca qui per i risultati). Tuttavia, il prossimo weekend (9-10 settembre), pur non raggiungendo i livelli americani, le due più grandi Case d’asta internazionali riporteranno l’attenzione del mercato in Europa scatenando una guerra a suon di proposte milionarie che nel Vecchio Continente non si è mai combattuta.
Un conto è spostarsi da un albergo all’altro di una stessa città (vedi Monterey, vedi Parigi in occasione di Rétromobile); un conto è spostarsi da una nazione all’altra come sta per accadere tra poche ore. Bonhams e RM Sotheby’s, infatti, si contenderanno i collezionisti di auto storiche in tre eventi molto distanti tra loro e quasi in contemporanea, obbligando i potenziali acquirenti a scegliere solo una delle tre mete.
Inizierà Bonhams il 9 settembre alle 13.00 all’interno di Goodwood Revival, uno degli eventi dell’anno più seguiti dagli appassionati. Tempo di consumare uno spuntino e alle 16.30 RM Sotheby’s darà inizio a Maranello a “Leggenda e Passione”, quella che la Casa anglo-canadese ha definito senza falsa modestia “la più significativa vendita di Ferrari nella storia delle aste”. Dichiarazione impegnativa. Di sicuro sarà una vendita storica in quanto si terrà all’interno dei festeggiamenti per i 70 anni della Ferrari, evento molto esclusivo riservato ai clienti Ferrari chiamati su invito. La partecipazione all’asta è riservata solo a chi avrà fatto richiesta di registrazione come offerente, pagando un “biglietto di ingresso” di 400 euro.
Bonhams replicherà domenica 10 settembre alle 11.00 con un’altra asta a Chantilly, nei pressi di Parigi, nel corso del Chantilly Arts & Élégance, altro evento molto atteso e seguito dagli appassionati di tutto il mondo.
Molte le vetture interessanti in vendita, soluzione essenziale per attirare dalla propria parte il maggior numero di collezionisti. Vedremo poi chi avrà vinto anche la competizione sul numero di partecipanti. Qui di seguito, pescando fior da fiore, alcune delle auto che si presume scateneranno la bagarre nelle aste che le vedranno protagoniste.
Ferrari 250 GT SWB Berlinetta Competizione, 1960. È la più preziosa in assoluto di tutte le auto in vendita nel prossimo week-end. La batterà RM Sotheby’s a Maranello, con una stima d’asta di 8,5 – 10 milioni di euro. Si tratta di uno dei 46 esemplari costruiti in alluminio e il 39° di 74 SWB da corsa. Un esemplare giudicato eccezionale e piuttosto raro da trovare in vendita. Perfetto per partecipare indifferentemente ai concorsi di eleganza o nelle gare in pista.
Mercedes-Benz 300 SL Roadster alluminio con specifiche SLS da competizione,1957. Non è la vettura originale costruita in due esemplari dal pilota americano Paul O’Shea nel 1957 modificando due 300 SL per essere più competitivo in gara, bensì della sua replica perfetta. L’idea è venuta a Georg Distler, un imprenditore di Monaco di Baviera il quale, acquistata una 300 SL Roadster del 1957, ha deciso di ricreare la 300 SLS di O’Shea. Distler, aiutato da Albrecht Lorenz, un ingegnere tedesco che ha lavorato in Mercedes per 50 anni ed è considerato il “Padrino della 300 SL”, ha recuperato i disegni originali di O’Shea negli archivi Mercedes e ha riprodotto la 300 SLS grazie ai migliori specialisti del settore, tra i quali la Zagato per la carrozzeria. Verrà proposta da Bonhams a Chantilly con una base d’asta di 1,5 – 2,5 milioni di euro.
Ferrari 333 SP, 1994. Costruita per le corse, non ha mai preso parte a una competizione. Una contraddizione che ne fa oggi un esemplare rarissimo, utilizzato solo per esposizioni, praticamente nuovo. Attualmente il motore, ricostruito nel 2016 dallo specialista Michelotto, ha solo 1 ora di uso. Quanto a rarità va aggiunto che è una delle 40 prodotte (telaio 006). La 333 SP è la prima vettura sportiva di questo tipo sviluppata ufficialmente da Ferrari dopo la 312 PB del ’71, nel rispetto delle nuove normative IMSA World Sports Car introdotte per la stagione 1994. Il telaio monoscocca è in fibra di carbonio a fondo piatto mentre il motore è il 4.0 litri V-12 F310E, una versione a corsa lunga del motore di Formula 1 Tipo 036 del 1990. Sarà uno dei gioielli offerti da RM Sotheby’s a Maranello. Viene stimata tra i 2,8 e i 3,3 milioni di euro.
Ferrari LaFerrari Aperta, 2017. Si tratta del 210° esemplare spider dei 210 costruiti della vettura più estrema prodotta dalla Ferrari. Una istant classic. Realizzata con una livrea esclusiva, sarà presentata durante le celebrazioni del 70° anniversario della Ferrari a Maranello. Fa parte infatti dei lotti che verranno proposti a Maranello da RM Sotheby’s con una stima d’asta calcolata dai 3,0 ai 4,0 milioni di euro. Con una differenza rispetto agli altri lotti: tutti i proventi di questa vendita saranno devoluti in beneficenza.
Ferrari 328 Conciso concept car, 1993. Una dei rari prototipi costruiti all’esterno della Ferrari sulla base di una vettura di Maranello. Sotto c’è infatti una Ferrari 328 GTS del 1989 che all’epoca aveva percorso solo 9.000 km. Costruito nel 1993 dal Bernd Michalak Design Studio di Mainz, azienda tedesca specializzata nel campo dei prototipi, è la rappresentazione tridimensionale della filosofia stilistica di Bernd Michalak , minimalista e “senza un grammo di sovrappeso”. Realizzato in lega di alluminio, con uno stile ispirato alle vettura di F1 pur essendo a due posti, è privo di portiere e, praticamente, di parabrezza (pilota e passeggero dovrebbero indossare i caschi immagazzinati in contenitori ai lati dell’abitacolo). La scheda tecnica parla di una accelerazione da 0 a 100km/h dell’ordine di cinque secondi e di una velocità massima di 278km/h. È in catalogo da Bonhams con una stima d’asta non dichiarata.
Ferrari 365 GTB/4 Daytona Berlinetta alluminio, 1969. È l’unica 365 GTB/4 Daytona stradale in alluminio delle 1.200 costruite dal ’69 al ’73. E già questa particolarità ne fa una rarità indiscussa. Inoltre, è stata dimenticata in uno stato di abbandono per 40 anni in Giappone e così viene proposta oggi da RM Sotheby’s a Maranello. Un’auto della quale molti ferraristi ignoravano persino l’esistenza. Strettamente legata alle sorelle da pista (cinque esemplari in alluminio con specifiche da gara) rappresenta pezzo di grande valore collezionistico nonostante la sua condizione da “barn find”. Completata nel giugno del 1969, questa Daytona era dotata di fanali coperti in plexiglas e finestrini elettrici, verniciata in Rosso Chiaro (20-R-190) con interni in pelle Nera (VM 8500). RM Sotheby’s la stima tra gli 1,4 e 1,7 milioni di euro.
Ferrari 812 Superfast scala 1:2. Non è funzionante, è grande la metà di una 812 Superfast vera, ma ha la rarità di un pezzo da museo. Si tratta del modellino in scala utilizzato per lo studio aerodinamico nella galleria del vendo della Ferrari 812 Superfast. Lavorato a mano in fibra di carbonio e in altri materiali utilizzati nella costruzione dei prototipi, è lungo 2,32 metri, alto 63,8 cm e largo 98,55 cm, per un peso complessivo di 200 kg. Sarà messo all’asta da RM Sothebys con una stima di 280.000 – 320.000 euro, un bel prezzo per un modellino.
Ford Galaxie 500, 1963. In un mondo sportivo, quello britannico di inizio anni ’60, dominato dalle Jaguar arrivò la Ford Galaxie 500 della squadra di corse di John Willment Automobiles Ltd, guidata da Jack Sears a mettere in ombra le auto di Coventry. Questa icona sportiva inglese sarà proposta da Bonhams nell’asta di Goodwood Revival con una stima di 200.000 – 240.000 euro.
Jaguar XJR-15, 1991. Solo 50 esemplari costruiti, una rarità assoluta, per una Jaguar in edizione limitata che avrebbe dovuto prendere il posto della “corpulenta” XJ220. Prodotta all’inizio degli anni ’90 monta un V12 di 6.0 litri ad alte prestazioni, preparato per le corse in circuito. Bonhams lo mette in vendita a Goodwood Revival con una stima di 380.000 – 490.000 euro.
Citroën DS 21 Le Caddy Cabriolet, 1965. Una delle 34 rarità costruite dal carrozziere francese Henri Chapron tra il 1959 e il 1968. Il risultato è una DS piuttosto originale, molto ambita dai collezionisti ma che ultimamente è caduta un po’ in disgrazia, con quotazioni scese molto nell’ultimo anno. Questo viene giudicato un eccellente esemplare e proposto (da Bonhams) a un prezzo molto elevato visto l’andamento attuale: tra i 340.000 e i 380.000 euro.
Gilberto Milano
Questo weekend la guerra dei martelletti
Citroën DS 21 Le Caddy cabriolet 1965 - BC1991 Jaguar XJR-15 BG1963 Ford Galaxie 500 BGFerrari 812 Superfast Wind Tunnel Model, Scale 1-2 RM1969 Ferrari 365 GTB-4 Daytona Berlinetta Alloy RMFerrari 328 Conciso concept car 1989 BC2017 Ferrari LaFerrari Aperta RM1994 Ferrari 333 SP RMMercedes-Benz 300 SL Roadster 1957 aux spécifications de compétition SLS Carrosserie aluminium BC1960 Ferrari 250 GT SWB Berlinetta Competizione RMF
Lo scorso weekend l’affascinante residenza di Blenheim Palace a a Woodstock nell’Oxfordshire inglese ha ospitato la 12esima edizione del Concorso d’Eleganza di Salon Privé. Nella cornice di uno degli eventi annuali più importanti per l’eleganza dell’automobile si è profilato il ritorno del marchio automobilistico ATS (Automobili Turismo e Sport).
Fondato nel ’62 con lo scopo precipuo – lodevole quanto incosciente – di battere la Ferrari, il brand ATS durò fino al 1965 ma cinquantacinque anni dopo torna sulle scene per dare attuazione al credo automobilistico della sportività.
Il primo passo della nuova ATS è la GT, una coupé 2 porte/2 posti che riprende, nei tratti stilistici, la rarissima 2500 del’ ’63 – primo e unico modello stradale della piccola factory -prodotta in soli 12 esemplari tra GT e GTS, la versione ancora più estrema per le competizioni. Seguendo un analogo schema, la nuova macchina sarà ugualmente prodotta in sole 12 unità.
Si tratta di un’automobile costruita con largo uso di metodologie di produzione artigianali, che fa della fibra di carbonio il materiale principe utilizzato per telaio, interni e carrozzeria. E’ motorizzata anch’essa con un motore 8 cilindri (come la sua illustre progenitrice) con alimentazione biturbo e abbinata a un cambio doppia frizione con 7 marce.
LA ATS: UN PO’ DI STORIA
Nel Febbraio 1962 Giorgio Billi (industriale toscano dell’abbigliamento), il giovane conte veneziano Giovanni Volpi di Misurata (figlio del Ministro delle Finanze del Governo Mussolini e già attivo nelle corse con la sua Scuderia Serenissima) e il magnate boliviano dei metalli Jaime Ortiz Patino, fondarono la Automobili Turismo e Sport Serenissima con l’ambizioso obbiettivo di costruire automobili da corsa. La sede venne fissata a Pontecchio Marconi (Bo); il simbolo scelto per il logo aziendale fu un grifo.
In questo progetto arrivò subito un aiuto fondamentale: in Ferrari si era da poco verificata una profonda spaccatura interna, risoltasi – il 30 ottobre 1961 – con l’uscita dall’azienda (così recitava un comunicato) di otto manager. Tra essi l’ingegner Carlo Chiti (artefice della vittoria del mondiale di F1 con la 156 pilotata da Phil Hill), Giotto Bizzarrini (all’epoca impegnato nello sviluppo della 250 GTO) e il Direttore Sportivo Romolo Tavoni.
Tutti e tre furono quindi assunti dalla neonata società automobilistica per lavorare allo sviluppo di una monoposto di F1, successivamente da integrarsi con automobili GT e Sport. Per le corse vennero assoldati nientemeno che il campione del mondo Phil Hill e il talentuoso Giancarlo Baghetti, entrambi ex-Ferrari. Il contributo di Bizzarrini fu invece breve, preferendo mettersi direttamente in proprio e fondare a Livorno la Autostar. Lo stesso, in realtà, valse per i soci di Billi: Giovanni Volpi e Jaime Patino, nel giro di qualche mese decisero di abbandonare l’ATS creando una difficile situazione di incertezza. Il giovane e appassionato veneziano era rimasto scosso per la scomparsa di Ricardo Rodriguez e già tra i tre soci erano presto iniziati una serie di contrasti.
Ma Chiti proseguì nel progetto e a fine ’62 ecco la monoposto ATS (che nel frattempo aveva perso “Serenissima” dal nome) Tipo 100 alla quale non fu possibile dare adeguato sviluppo per un suo concreto decollo.
LA 2500: L’ATS CI PROVA CON UNA GRAN TURISMO
Al Salone di Ginevra del ’63 l’azienda toscana, tra mille difficoltà, aveva intrapreso un percorso parallelo: lo sviluppo di una Coupé, veloce e leggera, denominata 2500 GT.
Il team guidato da Carlo Chiti progettò un’automobile molto innovativa per l’epoca, con il motore posteriore-centrale posizionato molto in avanti, i freni posteriori addossati al differenziale, i serbatoi al lato del propulsore. Il telaio, a traliccio tubolare – progetto Chiti – si caratterizzava per una grande rigidità torsionale mentre l’unità motrice, 8 cilindri a V di 90° con distribuzione bialbero e 2.467 cc di cilindrata, forniva una potenza di oltre 200 cavalli.
Per il vestito fu scelta la carrozzeria Allemano, responsabile anche dello sviluppo dei prototipi, la quale affidò il disegno alla geniale mano di Franco Scaglione. Il risultato fu una coupé in acciaio dal disegno molto armonico ed equilibrato, con il musetto compatto, l’abitacolo spazioso per i due occupanti e un baule molto ampio.
La ATS 2500, rimasta in listino per il solo 1963, fu proposta in versione GT stradale e nella più estrema configurazione GTS con carrozzeria (a richiesta) in alluminio, finiture interne semplificate, vetri scorrevoli, peso molto più ridotto e potenza prossima a 250 Cv.
Nella breve storia della ATS 2500, inesorabilmente trascinata dalle difficoltà finanziarie dell’azienda e mai sviluppata al 100%, furono costruiti una dozzina di esemplari tra GT e GTS (comprendendo anche qualche GTS con allestimento stradale).
Nell’anno dell’60esimo anniversario della Lotus Seven, Caterham Cars (Lotus Group) lancia una seconda serie speciale ispirata all’iconica automobile da cui continua, senza sosta, a raccogliere l’eredità. Ed è piaciuta talmente tanto che tutta la produzione è stata interamente assegnata in poche ore.
La Seven SuperSprint, presentata lo scorso weekend al Goodwood Revival, segue l’edizione limitata Seven Sprint lanciata all’evento dell’anno scorso (60 esemplari “bruciati” in una settimana di vendita).
Anche in questo caso si tratta di un modello configurato con attenzione per esibire il look perfetto per una “retro-modern classic”, cioè con fattezze classiche ma tecnologia assolutamente moderna fino all’ultimo bullone.
La Seven SuperSprint si basa sul modello entry-level della gamma, dotato del motore 3 cilindri turbo da 95 Cv di derivazione Suzuki (con cambio a 5 marce e differenziale autobloccante) ed è equipaggiata con un allestimento dedicato in puro stile retro:
– parabrezza Brooklands
– volante a tre razze con corona in legno
– rivestimento in pelle Muirhead per sedili, plancia, leva del cambio e cuffia leva freno a mano
– interruttori d’epoca
– placchetta metallica che identifica il numero dell’esemplare.
E’ inoltre disponibile un’opzione “monoposto” con un tonneau cover metallico. La Seven SuperSprint è disponibile in 6 combinazioni di colore, tutte con denominazioni dedicate a famose piste europee; ad esempio color Aintree (verde con fascia arancione), Hockenheim (grigio con muso rosso) e Imola (rosso con muso bianco).
Dal punto di vista meccanico le caratteristiche si completano con ammortizzatori Bilstein, impianto freni misto con dischi anteriori e tamburi posteriori, pneumatici da 155/65 R14 su cerchio da 14 pollici, cinture a 4 punti, interruttore stacca batteria e riscaldamento. Il costruttore dichiara un’accelerazione 0-100 in 6,9 secondi e velocità massima di 160 km/h.
Questo modello speciale “è stato disponibile per qualche ora” in edizione limitata di 60 esemplari al prezzo di 29.995 Sterline (pari a circa 32.800 Euro).
Record mondiale al circuito di Barcellona – Catalonya, che ha ospitato, per la cerimonia di chiusura dei festeggiamenti per la Seat 600, un eccezionale raduno di Pelotillas. La risposta è stata straordinaria e l’elevato numero degli appassionati intervenuti ha così finito per realizzare un record mondiale che è valso l’inserimento nel Guinness dei Primati.
La pista di Montmelò, su iniziativa della Casa Madre, ha radunato un esercito di 600 per chiudere in bellezza le celebrazioni per il 60esimo della l’utilitaria spagnola, lanciata sul mercato il 27 giugno del ’57. Dall’inizio dell’estate l’Universo Seat ha mobilitato le proprie strutture e lanciato un appello a tutti i proprietari di Seat 600. Si sono così ritrovati in pista ben 747 esemplari, numero sufficiente per creare un nuovo Guinness World Record. Il certificato è stato consegnato nelle mani di Luca de Meo, Presidente di Seat Auto.
Tra i partecipanti al raduno anche Mikel Palomera Amministratore Delegato di Seat Spagna e proprietario di una Seita: “La 600 rappresenta per gli spagnoli l’auto che ha riavvicinato famiglie e città all’interno del Paese, permettendo la mobilità alle tante persone che, per la prima volta in quel momento, hanno potuto iniziare a viaggiare per piacere. Sono qui con la mia 600, circondato da amici e appassionati, prendere parte a questo festoso tributo alla vettura che ha messo la Spagna su ruote”.
LA STORIA DELLA 600
La motorizzazione della Spagna ha potuto decollare definitivamente grazie alla Seat 600 (tanto che nel 2016 la vettura fu celebrata con un esercizio di stile presentato proprio a Barcellona). Il suo sviluppo industriale di inizio ‘900, più lento rispetto agli altri Paesi europei, non le ha permesso di creare un comparto solido e, di conseguenza, l’iniziativa automobilistica è stata affidata a produzioni solitarie. Così, per il Paese, dall’inizio del secolo circolavano soprattutto veicoli molto semplici, con motori mono e bicilindrici, espressione di una filosofia lontana dal concetto più concreto di automobile. Oggi, tra i brand spagnoli della storia motoristica iberica, si ricordano a malapena Hispano Suiza e Pegaso con la Z102 progettata da Wilfredo Ricart e carrozzata Touring.
La motorizzazione di massa della popolazione ebbe ufficialmente inizio il 9 maggio del 1950 con la fondazione della Sociedad Española de Automóviles de Turismo da parte dell‘Instituto Nacional de Industria, ente pubblico di valorizzazione industriale, tra cui azionisti figurava anche la Fiat (ricordiamo che la 600 Fiat ha fatto sessant’anni nel 2015). Quest’ultima fu il partner “operativo” ideale per dare all’industria automobilistica la possibilità di formarsi e presentarsi al mercato. Dovettero passare ancora tre anni ma, finalmente, arrivò il risultato: con la costruzione del primo stabilimento a Barcellona, su licenza del Lingotto nel 1953 la Spagna salutava la Seat 1400, modello identico (brand a parte) della corrispondente automobile torinese. Nel ’56 questo modello raggiunse il record di 10.000 esemplari prodotti in un anno, pari a una produzione giornaliera di circa 42 auto.
La mossa successiva sarebbe stata la produzione di un modello di fascia più bassa, che consentisse – così come stava già facendo la Fiat 600 a casa nostra – all’intero Paese di mettersi al volante. Attingendo ancora al portfolio dell’azienda torinese, nel ’57 arrivò la Seat 600, pressoché identica alla sua omologa italiana. Con un prezzo di 63.000 Pesetas, la piccola utilitaria da circa 20 Cv permise al popolo spagnolo di lasciarsi alle spalle il proprio passato e iniziare a gustare il sapore della modernità e della libertà.
Nel ‘58 la 600 berlina fu affiancata – 5.000 Pesetas di prezzo in più – dalla Convertible con tetto apribile e nel’ 59 dalla Multipla con 4 porte e 6 posti. Il 1961 fu l’anno della versione commerciale (senza sedili posteriori e vetri posteriori) e di un aggiornamento a livello meccanico che diede qualche cavallo in più per superare il muro dei 100 km/h di punta massima.
LA 600D, LA 800 CON QUATTRO PORTE Nel ’63, mentre la 1400 viene sostituita dalla più aristocratica 1500, la 600D prende il posto della 600. L’ammodernamento del progetto contempla motore più potente, interni più ricchi e finiture più eleganti per aumentare il comfort. Grazie a cilindrata aumentata da 633 a 747 cc e carburatore maggiorato la potenza cresce a 29 Cv (come anche il peso, ora di 605 kg) e la velocità massima aumenta a 110 km/h. A stretto giro la Seat 600D è affiancata dalla Seat 800, la versione con quattro porte (18 centimetri più lunga) specifica per il mercato spagnolo.
600E, 600L
L’evoluzione continua senza sosta per tutti gli Anni 60 e, allo scoccare del 1970, mentre in Italia si conclude la produzione della Fiat 600, in Spagna la Seat 600 continua il suo ciclo di vita con la terza evoluzione, la 600E, meccanicamente identica alla D ma migliorata ancora dal punto di vista estetico e della dotazione.
Nel 1972, infine, l’ultima evoluzione, la 600L. Mantenendo inalterata la cilindrata ma agendo su carburazione, rapporto di compressione e distribuzione la potenza sale a 32 CV e la velocità massima a 120 km/h. Gli interni si sono fatti ancora più moderni e ben equipaggiati (ad esempio tappetini in tessuto e sbrinatore per il lunotto). Ciononostante la Seat 600 conserva il primato di automobile più economica del listino spagnolo.
Nell’agosto ’73, con la produzione dell’ultimo esemplare si conclude l’avventura della Seat 600 e inizia quella della Seat 133: meccanica della Fiat 850, stile ispirato alla 126.
Un’Alfa Romeo 6C 2300 Turismo“Soffio di Satana” carrozzata da Touring (1935) regina di Firenze. Folla delle grandi occasioni per il debutto nel mondo dell’auto da collezione della Casa d’aste Pandolfinidi Firenze, leader in Italia nei vari campi del collezionismo e in particolare degli oggetti d’arte e di arredo. Un debutto affollato, con diversi presenti rimasti in piedi anche se poi questa calda partecipazione non ha contagiato con pari entusiasmo gli acquirenti.
Alla fine solo il 50% circa dei lotti è passato di mano nonostante i prezzi di stima nei limiti del mercato e un catalogo in grado di accontentare tutti i gusti e tutti i portafogli.
“Per essere la prima volta è un buon risultato” hanno commentato a caldo i vertici della Pandolfini, a dimostrazione di come anche una Casa d’aste affermata abbia bisogno di tempo per essere apprezzata quando entra in un nuovo settore. Buona la prima, insomma, se questa è la regola.
Regina della seduta, come era lecito aspettarsi, è stata l’Alfa Romeo 6C 2300 Turismo “Soffio di Satana” carrozzata da Touring nel 1935 e appartenuta a Gabriele d’Annunzio, stimata 500.000 – 700.000 euro e aggiudicata da un collezionista al telefono per 430.000 euro più diritti d’asta e Iva (i dati ufficiali non sono ancora stati resi noti).
Tuttavia, anche se inferiore alla stima d’asta, la vendita è stata accettata. Non così per altri lotti i cui proprietari non sono stati disposti a rinunciare alle loro aspettative e non hanno accettato la vendita anche per poche migliaia di euro. Un atteggiamento che si riscontra in tutte le aste di questo periodo, salvo casi eccezionali, come la vendita “Leggenda e passione” di RM Sotheby’s a Maranello che spinta dalle celebrazioni per i 70 anni della Ferrari ha prodotto un incasso record di 63 milioni di euro con solo 55 lotti, diversi dei quali di automobilia.
A Firenze, dove Pandolfini ha tenuto il suo incanto, i lotti erano 46, tra cui otto moto e un solo lotto di automobilia (un autografo di Ayrton Senna, aggiudicato a 200 euro più i diritti d’asta). Solo una metà dei lotti sarebbe stata battuta (il condizionale è d’obbligo), tra cui una sola motocicletta. E tutti ai prezzi minimi delle stime d’asta. Anche questa è una conferma del fatto che se non c’è il vero affare o se il pezzo non è particolarmente attraente e raro, l’acquisto di un’auto può essere tranquillamente rinviato, in attesa di trovare la vera occasione.
Con questa logica è stata battuta una Fiat 500 D del 1965 perfettamente restaurata, una delle ultime con portiere controvento e carrozzeria trasformabile, con la capote che libera completamente il tetto. Non semplice da trovare, e i 12.000 euro (più diritti d’asta) sembrano un’ottima quotazione. Ha raddoppiato la stima d’asta invece una Fiat Campagnola del 1967, modificata dal primo proprietario con tetto rigido, portiere complete e interno rifinito in finta pelle per la quale si è passati dai 6.000 euro di stima massima ai 12.500 (più diritti d’asta) del prezzo finale.
In particolare i presenti sono stati molto attirati dai modelli made in England, Jaguar e Rolls-Royce in primis, quasi tutti passati di mano. Snobbate invece le tre Ferrari in catalogo, nessuna delle quali ha trovato un nuovo padrone. Tra queste una Testarossa del 1988 in ottime condizioni, con meno di 20.000 km percorsi, per la quale erano richiesti minimo 80.000 euro quando a Maranello una vettura simile è stata aggiudicata a 145.000 euro. Idem per una 599 GTO del 2010 in ottimo stato, personalizzata in varie parti all’origine e con meno di 10.000 km di percorrenza per la quale sono starti rifiutati 520.000 euro più i diritti d’asta (ne erano richiesti minimo 550.000). Probabilmente ha scontato una richiesta giudicata troppo alta visto che solo due settimane prima a Maranello una vettura simile è stata battuta a 506.000 euro, tutto compreso.
Stessa fine anche per una Iso Rivolta 300GT I Serie del 1964 in ottime condizioni, per la quale sono stati rifiutati 110.000 euro (più i diritti d’asta) offerti a fronte di una richiesta minima di 120.000 euro.
Tra pochi giorni si replica sempre a Firenze con un’altra asta di auto storiche, questa volta a cura della Casa d’Aste Pananti, anche lei fiorentina.
Un capolavoro evergreen sulla copertina del numero di ottobre: la Mercedes-Benz 300 SL Roadster del 1960, qui in un’inedita (e rimasta unica) livrea senape, con in coda all’articolo classificato tra “Le regine del passato” un approfondimento tecnico sulla meccanica della vettura.
Due le prove “di gruppo”: un “Test a test” propriamente detto tra Fiat Uno Turbo I.E. (1985) e Renault 5 Turbo (1990) e un confronto, sulla nostra pista di Vairano (PV), tra 9 esemplari immacolati di Prinz (e derivate), nodello che segnò, negli anni Sessanta, il ritorno della NSU a una produzione automobilistica in proprio.
Le “Impressioni” sono dedicate alla Ferrari 212 Inter Cabriolet Ghia, presentata al Salone di Ginevra del 1952 e recentemente restaurata per essere esibita a Pebble Beach; tra i suoi proprietari ebbe anche il fondatore di Quattroruote, Gianni Mazzocchi (due pagine sono anche dedicate alle altre sue auto).
Tra i “Pezzi unici” occhi puntati sulla Lancia Aurelia B52 Coupé Vignale del 1952, trasgressiva fuoriserie frutto della matina di Rodolfo Bonetto, giovanissimo stilista che si sarebbe fatto un nome nel settore del disegno industriale. La “Tecnica” è dedicata a un utilissimo prontuario in tema manutenzione e sicurezza della propria storica.
L’iniziativa “Copertina d’autore” continua con la decima “puntata”, affidata all’opera e all’intervista esclusiva a Paolo Martin, talento visionario, padre della Ferrari 512 S Modulo.
Un autentico contenitore di meraviglie, in questo numero, la sezione “Eventi”, con reportage dalla grande festa di Maranello per i 70 anni della Ferrari, da Chantilly Arts & Elegance, dal Goodwood Revival, da Pebble Beach Concours d’Elegance e dal Gran Premio Nuvolari. Con spot aperti anche su Salon Privè, i sessant’anni della Seat 600 a Barcellona e la Drivers Parade di Monza.
Le “Vendite all’asta” si soffermano sui grandi appuntamenti estivi: dall’incanto RM Sotheby’s dedicato alle Rosse di Maranello agli eventi Bonhams di Goodwood, Chantilly e Pebble Beach (in compagnia, in quest’ultima location, con Gooding & Co. e RM Sotheby’s).
Ricodatevi poi che allegato a richiesta con il numero di ottobre troverete lo Speciale “GranTurismo – Sulle strade dei vini d’Italia“.
Uno sguardo a Ruoteclassiche di ottobre
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Era il primo anno che la Valli Biellesi – Oasi Zegna entrava a far parte del calendario Cireas, essendo stata fino al 2016 una manifestazione di regolarità turistica, fortemente voluta dal gruppo e dalla famiglia Zegna, non solo per la profonda passione che da sempre nutrono nei confronti delle auto storiche, ma anche per i legami dell’azienda con il mondo dei motori: è datata anni 80 la collaborazione con il marchio Ferrari, per la realizzazione di un tessuto che fosse all’altezza della BB 512 i Gran Turismo, da cui la campagna pubblicitaria del 1982: “Per fare una Ferrari ci vogliono anche 5 metri del miglior tessuto del mondo”.
Ma qualcosa di analogo è nato nel tempo anche con Lancia (anni 50 e 60) e poi Maserati (per esempio, nell’anno del centenario del tridente – 2014 – pper gli interni della Limited Edition Quattroporte by Ermenegildo Zegna).
Una passione per i motori che è sempre andata di pari passo con quella per l’ambiente, cui Ermenegildo Zegna si è dedicato fin dagli anni 30, quando ha realizzato la Panoramica Zegna, una strada lunga 14 km che collega Trivero, dove sorge il Lanificio omonimo, con Bielmonte, località turistica a 1500 metri di altitudine. Una strada che si snoda tra 1000 curve e tornanti con vista sulle montagne del massiccio del Monte Rosa, su tutta la pianura padana occidentale, e sui tanti paesi e frazioni biellesi, parte anch’essa di un altro ambizioso progetto, questa volta però portato avanti dagli eredi: l’Oasi Zegna.
Primo esempio italiano di mecenatismo ambientale, l’Oasi Zegna ha accolto gli oltre 150 equipaggi iscritti, tra regolarità turistica e classica e li ha invitati a scoprire strade e paesaggi sorprendenti e inaspettati.
Organizzata da BMT Eventi e Veglio 4×4, la quinta Valli Biellesi – Oasi Zegna 2017 si è svolta il 23-24 settembre, lungo un percorso di 315 km intervallato da 75 prove cronometrate. Numerosi i top driver al via, tra i quali il due volte campione del mondo rally Miky Biasion. Partito con una rarissima Lancia Fulvia 1.3 Safari, non ha nascosto la sua emozione nel ripercorrere le strade del Rally Internazionale della Lana, dove ottenne la sua prima vittoria nel 1982.
A vincere la Classifica Regolarità Classica sono stati Pierluigi Fortin e Laura Pilè, su Fiat 600 Abarth, seguiti da Maurizio Aiolfi, che ha gareggiato in solitario a bordo della sua A112 Abarth. Terzi, Loperfido-Moretti su Fiat Balilla Coupé del 1934, primi però nella classifica Top Car, per la quale si sono laureati campioni italiani 2017, con una gara d’anticipo. Prime, invece, per la classifica femminile, Bignetti-Ciatti su Alfa Romeo Giulietta Spider, seguite da Fanti-Serri e da Angino-Martignoni. Nella Classifica Regolarità Turistica, infine, si sono distinti Gennari-Ferrari, primi davanti a Bordignon-Ascari e Anselmetti-Vergano.
Il percorso ha toccato Candelo, centro storico conosciuto soprattutto per la presenza dell’omonimo ricetto medievale; Ivrea, candidata Sito Unesco per il 2018; il lago di Viverone, fino a Biella stessa, con il suo nucleo storico nel Piazzo, ricco di atmosfere medievali e di pregevoli palazzi del XV e XVI secolo, e la città bassa, cui è collegato anche da una funicolare. E ancora, meritevoli di essere menzionati dal roadbook, il centro sciistico di Bielmonte, raggiungibile con una seggiovia degli anni 50 in legno, e il Santuario mariano di Oropa, luogo di culto e meta di pellegrinaggi.
Appuntamento con l’ultima prova del Cireas 2017 il 7 e 8 ottobre, per il Campagne e Cascine Coppa 3T.
Le celebrazioni per i 70 anni della Casa di Maranello non si sono concluse con la megafesta del 9 settembre, ma sono continuate con un raduno delle Rosse più esclusive tra quelle prodotte: le famose 250 GTO. Per loro (e per i loro fortunati proprietari) la Casa del Cavallino ha organizzato un tour che facendo base a Firenze si è poi snodato sulle bellissime strade della Toscana per ritrovarsi prima sul circuito del Mugello e successivamente fare ritorno a casa, con una sfilata sulla pista di Fiorano.
Delle 36 auto costruite, tra versioni stradali e da competizione, solo 20 hanno aderito all’invito Ferrari, un record, anche se non il record assoluto. Non è infatti la prima volta che le 250 GTO si ritrovano per celebrare il loro anniversario (sono nate nel 1962). L’ultima volta in ordine di tempo è stato nel 2012, dove sul circuito di Le Mans si ritrovarono 22 esemplari.
Nella gallery, una serie di immagini scattate in questi giorni in Toscana.
Ma, si sa, in tutto c’è sempre una prima volta e così ci siamo trovati, quasi inaspettatamente, in pieno orario di lavoro sprofondati nella poltrona di un cinema milanese per vedere in anteprima la proiezione di “Ferrari 312B”. In buona compagnia, per altro, visto che a questa matinée erano presenti nientemeno che Mauro Forghieri, padre della rossa monoposto, il regista della pellicola Andrea Marini e il giornalista Giorgio Terruzzi.
IL TRAILER
LA TRAMA
Come per ogni pellicola che si rispetti, anche questa racconta una vicenda, sia pure particolare. Che è quella del restauro, ripercorso con minuzia d’immagini e di particolari, di una delle quattro 312B realizzate dalla Ferrari per il Mondiale di F.1 del 1970: acquistata da Paolo Barilla, imprenditore ed ex pilota (al suo attivo, anche la vittoria nella 24 ore di Le Mans del 1985 con una Porsche 956), la monoposto aveva bisogno di profondi interventi, per essere messa in condizioni di prendere parte al Gran Premio di Monaco per vetture storiche del 2016, guidata dallo stesso proprietario. Settimana dopo settimana, riviviamo così le giornate e le nottate di Stefano, il tecnico responsabile nella sua officina di questo delicato compito, assistito da un quanto mai puntiglioso (e non avrebbe potuto essere diversamente…) Mauro Forghieri, che di quella vettura è stato padre e creativo ideatore (con lei iniziava, infatti, la dinastia delle 312 con motore boxer, destinate a regalare a Lauda due titoli iridati).
I problemi, come sempre in questi casi, non mancano: molle dell’acceleratore che impediscono, nei primi test in pista, un corretto funzionamento del propulsore; il cedimento catastrofico di una valvola; la necessità di lottare col tempo, per permettere a Barilla di coronare il suo sogno monegasco. Che sfumerà, in gara, dopo appena due giri, per il cedimento della pompa della benzina: cosa che genera grande amarezza in Forghieri e nei tecnici che hanno curato il restauro, ma non nel pilota, felice almeno degli applausi tributati dal folto pubblico alla sua gloriosa vettura.
IL CONTESTO
Per capire il valore della 312B il regista non poteva esimersi dall’utilizzare da un lato le interviste ai protagonisti dell’epoca e, comunque, del mondo delle corse, come Jackie Stewart, Niki Lauda, Gerhard Berger, Damon Hill e, soprattutto, Jacky Ickx, che quella vettura, insieme a Clay Regazzoni, ha portato in gara; dall’altro, le immagini dei Gran Premi del 1970, stagione bellissima e tragica, conclusasi, com’è noto, con l’assegnazione del titolo alla memoria a Jochen Rindt, asso austriaco morto a Monza, nelle prove del Gran Premio d’Italia.
Immagini che hanno indotto Forghieri, al termine della proiezione, a ricordare la grande pericolosità delle corse dell’epoca, sottolineando come anche sulla sua creatura il pilota guidasse fondamentalmente immerso in una vasca da bagno di benzina, circondato com’era dai serbatoi; e di raccontare come sia lui sia Gordon Murray, altro grande progettista, avessero sacrificato cinque telai ciascuno in prove di crash test per definire la posizione più sicura da adottare per i serbatoi e scongiurare il terribile pericolo del fuoco. Dietro tutto questo, dunque, c’è molta storia: di auto, di corse, ma, soprattutto, di uomini.
È stato giudicato uno dei pionieri della liberazione sessuale e colui che ha celebrato come pochi la bellezza femminile. Secondo altri invece era uno sporcaccione e un pornografo. Hugh Hefner, l’imperatore dell’eros scomparso il 27 settembre all’età di 91 anni, è stato un personaggio scomodo, discusso ma a modo suo anche un abile uomo d’affari. Legato al mondo dell’auto.
Come forse molti non sanno, il nome con cui è diventato celebre, il nome che ha accompagnato tutte le sue attività, ha una origine automobilistica. Playboy, il magazine per soli uomini fondato nel lontano 1953, è infatti un nome che Hefner ha “preso in prestito” dalla Playboy Motor Car Corporation, piccola Casa produttrice di auto nata a Buffalo, Usa, subito dopo la fine della seconda guerra mondiale. E fallita pochi anni dopo.
La storia racconta che nel 1953 Hugh Hefner, giovane copywriter di una agenzia di pubblicità, ebbe l’idea di lanciare una nuova rivista maschilee volesse chiamarla “Stag Party”. Peccato però che una rivista di nome “Stag” esistesse già, anche se dedicata al turismo. Fu così che l’amico e poi socio di Hefner, Eldon Sellers, la cui madre aveva lavorato alla Playboy Automobile, gli suggerì di chiamarla “Playboy”. L’idea piacque a Hefner che la fece sua. Il resto è storia nota.
Meno nota invece la storia della Playboy Automobile Company. Questa era stata fondata nel 1946 da Lou Horowitz, ex commerciante di auto usate, con l’aiuto di altri due soci Norm Richardson e Charlie Thomas, anche loro con esperienze nel campo automobilistico. I tre unirono le loro forse e fondarono la Playboy Motor Car Corporation con Horwitz presidente, Thomas vice presidente e Richardson tesoriere.
Il 18 febbraio 1947 fu presentato il prototipo della prima Playboy, una convertibile con motore Continental sistemato posteriormente, quattro cilindri da 20 CV, 12 valvole, sospensioni a ruote indipendenti e cambio automatico. Vettura che ebbe un successo immediato. La produzione iniziò nel maggio 1947, con il motore però montato anteriormente per ragioni pratiche.
Il successo ottenuto suggerì ai tre soci di allargare l’azienda per renderla capace di produrre 100 mila vetture all’anno, ma servivano molti soldi per questo investimento. Furono emesse delle azioni, quando un evento inaspettato cambiò improvvisamente il destino della Playboy Motor Corporation: l’indagine da parte della Securities and Exchange Commission nei confronti di un altro produttore indipendente di automobili: la Tucker Corporation.
La SEC affermò che Tucker stava tentando di vendere le proprie auto senza però avere intenzione di fabbricarle. Una truffa insomma. Tucker fu poi assolto, ma nel frattempo l’inchiesta gettò il sospetto del pubblico anche nei confronti della Playboy. Che non riuscì a raccogliere quanto necessario allo sviluppo dell’azienda.
Nel marzo 1949 Playboy lanciò un’altra offerta di azioni ma le vicende della Tucker Company continuarono a condizionare anche la Playboy. Il 15 febbraio 1950 la Playboy Motor Car Corporation fu venduta all’asta. Fino ad allora aveva costruito 97 auto. I beni della società furono acquistati dalla Lytemobile Corporation che tentò di produrre l’auto ma anche lei senza successo.
Dodici itinerari del vino in Jaguar storica. In piena stagione di vendemmia, arriva sulla tavola degli appassionati il nuovo Speciale “GranTurismo”, dedicato alle strade dei grandi vini – rossi e bianchi – di casa nostra. Il volume, di 96 pagine, prosegue una tradizione iniziata nel 2015 con il titolo “Sulle strade delle gare d’epoca” e continuata l’anno dopo con “SlowDrive in Fiat 500”.
All’interno, dodici itinerari nel Nord, nel Centro e nel Sud Italia (isole comprese), alla alla scoperta della bella guida e del buon bere responsabile (mai però quando ci si deve mettere al volante); Carso-Collio-Aquileia (Friuli Venezia Giulia), Val Lagarina (Trentino); Soave Valpolicella (Veneto); Franciacorta (Lombardia); Langhe (Piemonte); Monferrato (Piemonte); Chianti (Toscana); Montalcino-Montepulciano (Toscana); Montefalco (Umbria); Costiera Amalfitana (Campania); Castelli romani (Lazio); Agrigentino (Sicilia).
Compagne di viaggio 12 Jaguar storiche e tre moderne: XK 120 OTS (1952, aeroscreen); XK 120 OTS (1952, parabrezza di serie); MK VII M (1955); XK 140 SE DHC (1955); E Type Coupé (1963); E Type Spider (1964); S Type (1965); E Type Coupé (1968); XJ6 (!974); C Type replica (1986); XJ-S V12 Convertible (1990) e XK8 Convertible (1997). Quelle di oggi: F Pace 2.0 D; F Type 3.0 AWD Convertible British Design Edition; XF 2.0 D.
“GranTurismo” sarà in edicola con Ruoteclassiche di ottobre al prezzo di 4,40 euro in più rispetto alla sola rivista.
Il "GranTurismo" di Ruoteclassiche sulle strade dei vini d'Italia
Paolo Martin, “Il visionario”: è lui il decimo car designer della nostra iniziativa denominata “Copertina d’autore”, in occasione dei trent’anni di Ruoteclassiche. Lo abbiamo incontrato nel suo studio e gli abbiamo chiesto di parlarci del suo lavoro, di come ha cominciato – a soli 17 anni – e dell’ingresso alla corte di Bertone prima e di Pininfarina poi.
E proprio della sua seconda estate alla Pininfarina ricorda per noi la nascita (e lo stile) della Ferrari 512 S Modulo, la vettura forse più estrema, sorta di ibrido tra un’automobile e una navicella spaziale: “Non andai in ferie. Passai agosto a tagliare otto metri cubi di polistirolo con l’archetto e quando Pininfarina e Renzo Carli tornarono dalla Sardegna trovarono la Ferrari 512 Modulo bell’è pronta. Sergio, in particolare, rimase esterrefatto. Era così oscenamente nuova che la tennero per dei mesi sotto un telo. Solo in primavera, con il placet di Gio Ponti, a cui l’azienda era andata a chieder lumi, si ebbe il coraggio di esporla a Ginevra, nel 1970. La Modulo divenne la bandiera della Pininfarina e una dream car del secolo“.
Per la seconda volta consecutiva, dopo la vittoria messa a segno nel 2014, è stata la coppia composta da Roberto Crugnola e Marco Vida, a bordo della Lancia Fulvia 1.6 HF del 1971, a conquistare il primo posto assoluto nell’edizione 2017 della Parma-Poggio di Berceto (si è tenuta sabato 30 settembre e domenica 1 ottobre). Cugnola e Vida hanno vinto per un solo centesimo di secondo sull’equipaggio Iotti-Lamini, a loro volta più forti di Fontana-Scozzesi, terzi su A112 Abarth. Primo classificato, invece, per la Coppa delle Dame, l’equipaggio porta colori di Ruoteclassiche, Bottini-Boscardin su Triumph TR3 del 1956.
A dare ancora più smalto alla manifestazione, una presenza curiosa ma significativa: quella di Ermanno Cuoghi, capo meccanico in Ferrari ai tempi di Niki Lauda che, dopo 40 anni di corse automobilistiche, si è prestato a navigare l’amico Paolo Ravazzi su una Austin Healey Sprite MK1del 1958. Una presenza prestigiosa per una manifestazione tra le più famose in quanto a tradizione. La prima edizione fu infatti organizzata nel settembre del 1913 per celebrare il centenario di Giuseppe Verdi.
Nata come gara di velocità in salita, nelle edizioni dal 1913 al 1955 si sono messi in gioco i piloti italiani più grandi di quei tempi, da Campari ad Ascari, da Villoresi a Enzo Ferrari, che qui debuttò come pilota nel 1919, a soli 21 anni, su una CMN – Costruzioni Meccaniche Nazionali, piccola casa automobilistica milanese. Arrivò solo undicesimo, mentre la vittoria andò ad Antonio Ascari, che vinse su Fiat 25-35HP.
Sarà anche per questo, e per celebrare i 70 anni del Cavallino Rampante, che alla Parma-Poggio di Berceto 2017 erano presenti oltre 30 vetture della Casa di Maranello, sia modelli d’epoca sia più recenti, indubbiamente di grande richiamo. Così come il Centro Porsche Parma – Autocentro Baistrocchi, che ha deciso di dare il suo supporto con alcuni modelli del marchio tedesco, in funzione di apripista e in supporto alla manifestazione.
Gli iscritti ufficiali al via, domenica 1 ottobre, invece, sono stati oltre 70, partiti dal Teatro Regio di Parma con la sola numerazione pari, come da tradizione, dal 2 al 142. Distanziati di un minuto l’uno dall’altro, gli equipaggi si sono dovuti misurare con 52 prove cronometrate, suddivise in gruppi concatenati, dai 7 secondi a un minuto al massimo di durata ciascuna, lungo un percorso di 140 km. Assente il rassicurante cartello giallo, il che ha reso le prove mai scontate e dalla successione davvero intensa.
I gruppi di prove si sono percorsi prima in un senso e poi in quello contrario, nella seconda parte di gara. La mattina, infatti, le auto si sono dovute misurare anche con il mal tempo e con la nebbia, che le ha accolte nella località appenninica di Berceto, ma non prima di aver sfilato per i comuni di Parma, Collecchio, Sala Baganza, Fornovo di Taro e Terenzo, e poi via a ritroso fino al rientro alla corte di Giarola, nel parco del Taro.
Per i regolaristi più incalliti, però, la manifestazione aveva preso inzio nella giornata di sabato 30 settembre con il Circuito di Parma – Trofeo del Prosciutto di Parma, che ha preso per la gola driver e navigatori prima passando da Monte delle Vigne e poi da Sala Baganza, per una entusiasmante pre-gara di 42 prove cronometrate.
Hanno vinto il Trofeo del Prosciutto di Parma, e un prosciutto vero e proprio, Iotti-Lamini su A112 Abarth. Mentre hanno brillato al Concorso d’Eleganza A.A.V.S – FIVA Vittorio Klun (un concorso dinamico durato entrambi i giorni) tre magnifici esemplari: prima classificata una Lancia Aurelia B24 Spider del 1957, seconda classificata una Ferrari Daytona 375 GTB 4 del 1972, mentre terza è stata eletta una Lancia Appia Zagato GTE del 1961. 7
Primi classificati, invece, per il Trofeo Centro Porsche Parma, l’equipaggio Gazza-Nocco su una Porsche 356 SC Coupè, che ha vinto un corso di pilotaggio Warm-Up per l’anno 2018 con gli istruttori ufficiali della Porsche Drive Experience.
Intervenendo alla conferenza stampa per la presentazione della 34esima edizione di Automotodepoca (Padova Fiere, 26 – 29 ottobre 2017) alla sede ACI di Roma, il Presidente dell’Automobile Club d’ItaliaAngelo Sticchi Damiani ha parlato degli interventi che, nel quadro della Legge di Stabilità 2018, il Governo dovrebbe adottare a favore del comparto automobilistico.
Riferendosi ai veicoli storici Sticchi Damiani ha detto che “Va riordinato il bollo auto per le vetture ultra ventennali veramente storiche, che ogni anno aumentano di circa mille unità. Vanno tutelate solo queste, esentandole dal pagamento del bollo auto, anche perché – continua il Presidente dell’ACI – tutte le altre circolanti ogni giorno sono inquinanti, poco sicure e dannose per l’ambiente”
Con riferimento alle auto da competizione ha inoltre ricordato come in occasione del rally Roma Capitale, le forze dell’ordine abbiano elevato una multa a un’automobile non omologata, pur essendo molto più sicura. “La polizia municipale – ha proseguito Sticchi Damiani – ha fatto il suo dovere, ma si rende necessaria una regolamentazione ad hoc per queste auto durante di eventi sportivi, e la definizione di un protocollo che permetta loro lo spostamento su strada per raggiungere le tappe di gara”.
Un ultimo commento lo ha riservato al famigerato superbollo per le auto con potenza superiore a 185 kW (251,3 cavalli). L’addizionale erariale – ricordiamo – prevede 20 € per ogni kW oltre quella soglia, con una riduzione proporzionale all’aumento dell’età dell’auto: 12 euro dopo il quinto anno, 6 euro dopo il decimo anno, 3 euro dopo il quindicesimo anno, annullamento al compimento del ventesimo anno. “Bisogna eliminare il superbollo perché – spiega Sticchi Damiani – non bisogna penalizzare un comparto su cui l’Italia ha delle eccellenze come Ferrari, Maserati e Lamborghini. Infatti, questa misura non ha portato i risultati attesi dal Governo, ma anzi ha avuto un gettito inferiore alle attese”.
L’Asi, il più importante Ente nazionale per la tutela e la promozione del motorismo storico italiano è nel caos. Dopo 20 anni di potere quasi assoluto Roberto Loi è stato sfiduciato. A deciderlo è stata una assemblea convocata dallo stesso presidente sabato sette ottobre, probabilmente sicuro di avere il sostegno della maggioranza degli iscritti, ma che alla resa dei conti gli si è rivoltata contro. Anche se per pochi voti.
La revoca del mandato è infatti stata votata da 1771 soci contro 1627 voti a favore. Erano presenti all’assemblea206 club su un totale di 271, equivalenti a 3501 voti su un totale di 4059. Roberto Loi, in sostanza, ha perso la presidenza del più importante Ente nazionale nel campo delle auto storiche per soli 144 voti.
La decisione era nell’aria dal mese di luglio, quando è diventata di dominio pubblico la notizia che il presidente era stato accusato di molestie sessuali da una dipendente dell’Ente. Un brutta storia sfociata in una sentenza del Tribunale del Lavoro di Torino con il reintegro della ex-segretaria nel ruolo da cui era stata licenziata e una ammenda di oltre 35.000 per danni morali a carico di Loi. Vicenda che già a luglio aveva sollevato lo scontento di nove consiglieri su 12 in quanto lesiva dell’immagine dell’Automotoclub Storico Italiano.
Dopo la sfiducia, Loi ha chiesto che venisse espresso un voto anche sulla eventuale revoca del mondato anche per il Consiglio Federale. E anche in questo caso l’esito non è cambiato: sfiduciatotale. Dovranno lasciare l’incarico 11 consiglieri su 12: i due vicepresidenti Pietro Piacquadio e Ariel Atzori, e nove dei 10 consiglieri: Ugo Amodeo, Giuseppe Cannella, Renzo Cardini, Arcangelo Conserva, Giuseppe Di Mauro, Francesca Grimaldi, Angelo Melis, Alfredo Liberati e Domenico Paterlini.
Pagano anche loro la sottovalutazione della gravità della vicenda personale di Loi, oltre che lo scontento montato negli anni sulla gestione Loi da parte di una fronda sempre più ampia di Club. Resta in carica solo Alberto Scuro, un chirurgo di Padova, che nei giorni precedenti l’assemblea si era dissociato dalla rivolta interna dei consiglieri schierandosi per il dialogo tra le parti, in modo da evitare divisioni profonde all’interno dell’Asi stesso.
Non è chiaro adesso chi possa governare l’Asi in questo vuoto di potere che si è venuto a creare. C’è chi spinge per la nomina a consiglieri dei primi dei non eletti, in modo da formare un consiglio che porti l’Asi al 13 gennaio quando si terrà la nuova assemblea per la nomina del nuovo presidente, il rinnovo del Consiglio federale e la discussione del nuovo statuto. E chi chiede di risolvere il problema subito. Vi terremo informati sull’evoluzione di questa vicenda.
Roberto Loi, 70 anni, era al vertice dell’Asi dal 1997. Da 24 anni è anche presidente del Veteran Car Club di Torino e da nove vicepresidente della Fiva (Fédération Internationale des Véhicules Anciens), l’organismo internazionale cui fanno capo la maggior parte dei club e dei registri storici a livello internazionale.
12-15 luglio e 7-9 settembre. Sono queste le date 2018 da segnare in calendario per due dei maggiori eventi di motorismo storico al mondo: il Goodwood Festival of Speed e il Revival. Le hanno appena annunciate dalla bellissima tenuta nel West Sussex che ogni anno ospita le due enormi kermesse.
Per quanto riguarda i tre giorni del Festival of Speed (FoS, qui l’edizione 2017) – preceduti anche per la prossima edizione dal Moving Motor Show – il weekend scelto deve conciliarsi come sempre con il calendario della Formula 1 e può subire spostamenti come è successo per esempio quest’anno, a giugno, con uno slittamento in avanti di una settimana. I piloti e le macchine devono infatti essere liberi dai loro impegni sull’asfalto dei circuiti per prendere parte alla celebre cronoscalata di Goodwood. Le date definitive 2017 sono state diffuse a marzo, pertanto, salvo comunicazioni che dovessero arrivare nel frattempo, la certezza si avrà intorno a quel periodo. E allora, come sa bene chi ha già partecipato al FoS, converrà correre come bolidi per prenotarsi un soggiorno e garantirsi così la presenza alla 25esima edizione. Per le giornate dell’evento, infatti, già nei primi giorni di primavera la zona intorno alla tenuta di Lord March e l’intera città di Chichester registrano sempre il tutto esaurito.
Diverso e più stabile è invece il timing per il Goodwood Revival Meeting (qui l’edizione 2017), terzo e ultimo appuntamento annuale di motorismo, stavolta solo d’antan, organizzato da Lord March (il primo, il Member’s Meeting, è solitamente a marzo). Le dodici competizioni settembrine che vi si svolgono sono le stesse che avevano luogo, dal 1946 al 1966, nel famoso circuito inglese. E naturalmente anche le auto, a partire dalle anteguerra, sono le stesse protagoniste.
È stata presentata l’edizione 2018 della Mille Miglia. La “Corsa più bella del Mondo” si riproporrà lungo 1600 chilometri attraverso il Bel Paese, arrivo nella Capitale e dietro front per fare ritorno a Brescia. In totale saranno quattro giorni di grande impegno ma anche di suggestioni e divertimento per quasi 450 macchine costruite tra il 1927 e il 1957.
L’obbiettivo iniziale dell’evento sarà di coinvolgere partecipanti e appassionati per una settimana intera, anticipando la partenza di un giorno e consentendo, con la conseguente anticipazione dell’arrivo e con la premiazione del vincitore sul palco di Piazza della Loggia, la creazione di una vera e propria “notte della Mille Miglia”.
LE NOVITÀ DEL 2018
La corsa, rompendo una lunga tradizione, partirà un giorno prima rispetto alla consuetudine. La vettura numero 1, tradizionalmente una OM, lascerà la pedana di Viale Venezia a Brescia nella giornata di mercoledì 16 maggio. La carovana delle vetture farà ritorno qui sabato 19 maggio. Come avviene dal 2016, sono previste quattro tappe:
1. Brescia – Cervia / Milano Marittima. Passaggi: Desenzano, Sirmione, Parco Sigurtà di Valeggio Sul Mincio, Mantova, Ferrara e Comacchio. 2. Cervia / Milano Marittima – Roma. Passaggi: Pesaro, Repubblica di San Marino, Arezzo, Cortona, Orvieto. 3. Roma – Parma. Passaggi: lago di Vico, Viterbo, Bolsena, San Quirico d’Orcia, Siena, Lucca, Sarzana, Passo della Cisa (solo nell’edizione del ’49 la corsa passò per questo valico) 4. Parma – Brescia. Passaggi: Fidenza, Piacenza, Lodi, Autodromo di Monza, Bergamo.
ISCRIZIONI Saranno ammesse all’edizione 2018 (selezionate da un’apposita commissione) un massimo di 440 vetture, regolarmente in possesso di almeno uno dei seguenti certificati: Fiche ACI-CSAI (Commissione Sportiva Automobilistica Italiana), Htp FIA (Historic technical passport rilasciato dalla Fédération Internationale de l’Automobile) o ID FIVA (Identity Card della Fédération Internationale des Véhicules Anciens).
Le iscrizioni per la Mille Miglia 2018 si apriranno il prossimo 24 ottobre (chiuderanno alle ore 23:59 del 4 gennaio 2018). L’organizzazione fa sapere che non sono previste novità del regolamento (“Possono essere iscritte le vetture delle quali almeno un esemplare sia stato iscritto alla Mille Miglia di velocità (1927-1957), in uno dei modelli presenti nell’elenco delle vetture candidabili, pubblicato sul sito“). Anche i coefficienti per calcolare il punteggio delle vetture nelle varie prove rimarrà invariato.
Le fiamme, la leva del cambio laterale, le catene di trasmissione: ogni cosa è al suo posto. L’autore che si è sbizzarrito a ricreare con i famosi mattoncini della Lego la potentissima Fiat S76, meglio conosciuta come “Bestia di Torino”, ha saputo essere fedele alla realtà. Come? Assemblando diversi pezzi individuati tra le infinite composizioni della Casa danese.
Certo, i 28.000 centimetri cubi di motore del mastodontico capolavoro italiano da Grand Prix non potrebbero entrarci. Il modellino non è che una minuscola riproduzione in scala della macchina che, nel 1911, quando è uscita dalle Officine Fiat di Corso Dante, ha zittito la Benz ponendo fine alle battaglie con i tedeschi sui circuiti di allora.
All’epoca in cui si pensava che per ottenere grandi prestazioni i motori dovessero essere enormi, la Bestia è stata la più veloce di tutte, l’ultima. Il capitolo dei giganteschi bolidi da corsa del novecento l’ha chiuso lei e non senza battere prima due record di velocità. Poi se ne sono perse le tracce fino al 1954 e di nuovo finché l’attuale proprietario, l’inglese Duncan Pittaway, non ha montato il motore di uno dei due esemplari costruiti dalla Fiat sullo chassis dell’altro e ha riportato così in vita The Beast dopo 12 anni di restauro.
Da poco il fan che ha avuto l’idea di farne un pezzo da costruzioni ha reso la sua opera ancora più verosimile mettendo in testa al driver, un omino dalle inconfondibili fattezze Lego, un casco giallo e nero uguale a quello vero di Duncan. Chi sia lui, il papà del progetto, non è dato sapere perché l’anonimato nella piattaforma internazionale “Ideas” dell’azienda – una sorta di incubatore di idee dove i modelli sono sottoposti a utenti di tutto il mondo – è una regola inviolabile. Impossibile, ormai, anche che la proposta sia approvata per essere prodotta: mancano solo 5 giorni alla scadenza e il progetto è ancora lontano dai 10mila voti necessari.
La buona notizia, però, è che anche se non diventerà una strenna natalizia per quest’anno (e nemmeno per il prossimo, dato che Lego impiega 12 mesi per studiare i dettagli dei progetti una volta raggiunto il gradimento previsto) non è ancora detta l’ultima parola. Con 100 voti la poderosa Fiat da comporre con i mattoncini si aggiudicherebbe la permanenza nel sito Lego nel 2018 e avrebbe così una chance di vittoria.
In pratica, da oggi a domenica prossima tutto quello che le serve è una quindicina di supporter: un obiettivo più che raggiungibile che le renderebbe la partita ancora tutta da giocare. Basta registrarsi, far conoscere le proprie opinioni sul progetto rispondendo a tre domande – ad esempio quanto il pezzo dovrebbe costare – e il gioco è fatto.
Se poi si dovessero avere ispirazioni per realizzare nuove composizioni, basta cliccare qui. Chiunque, compiuti i 13 anni, può infatti presentare alla Lego una propria idea messa a punto con i bricks, spaziando in qualsiasi argomento (l’azienda riconosce poi anche una piccola percentuale sulle vendite).
E così, facendo zapping fra le pagine di “Ideas” si scopre che, solo per citare alcuni progetti, qualcuno ha rifatto a mattoncini la Mole Antonelliana, la nave da crociera Queen Victoria, il castello di Neuschwansteinnella Foresta Nera. Mentre sono stati già prodotti e messi in commercio in tutto il mondo lo Yellow Submarine dei Beatles e il missile Apollo 5 della Nasa.
Fra le auto classiche, la Lego ha già in catalogo la Mini Cooper, il Maggiolino e il camper van T1 Volkswagen. Abbondano anche qui i suggerimenti: c’è chi, fra le idee, ha messo in campo per esempio una LamborghiniMiura, che ha per ora ottenuto 773 clic e ha davanti a sé 185 giorni per raccoglierne altri. Il suo “designer” ha realizzato inoltre una Ferrari F40 (452 supporter, 74 giorni ancora per il countdown) e una Bugatti Atlantic (503 voti,192 giorni rimasti).
Le più apprezzate? Al momento nella top ten generale spiccano una Jaguar E-Type Roadster II, che con 9.839 voti ce l’ha quasi fatta, una moto del 1967, la BMW R60/2, attualmente a quota 7.684 e, nell’anno del suo 60esimo compleanno, non poteva mancare la Fiat 500 F del 1968. L’amatissima icona del made in Italy, online dal 24 agosto, ha già 6.409 sostenitori. Avanti con i clic, allora, ed è molto probabile che la vedremo immortalata sugli scaffali. Anche il tempo è dalla sua: c’è più di un anno a disposizione. Stay tuned.
Affittare una Corvette in California per 225 dollari al giorno, un Volkswagen Bullit in Florida a 400 o una Porsche 911 Turbo del 1987 in Illinois per 600. Negli USA è attivo da qualche mese Driveshare, un servizio concettualmente molto simile ad Airbnb o alle altre piattaforme tipiche dell’economia della condivisione, che riguarda le auto classiche.
Nato dall’idea di una start up, si chiamava Classic & Exotics, ora ha mutato nome ma soprattutto è stato acquistato da Hagerty, la nota società specializzata nel mondo assicurativo delle auto storiche. Come vedremo più avanti non si tratta di un proprietario qualunque, e il nuovo azionista ha implicazioni dirette nel funzionamento e nelle garanzie di qualità del servizio.
Cosa si può fare con Driveshare? In primis occorre registrarsi come utente o come proprietario di auto storiche e poi usufruire della piattaforma, per noleggiare una auto storica in base a temi, luogo e costo desiderato.
Il processo di registrazione per chi vuole noleggiare prevede uno screening e alcuni paletti legati all’età e alla cauzione, che dovrebbero fare da barriera di ingresso; l’assicurazione compresa nel prezzo, che prevede anche il risarcimento totale del valore del veicolo con la qualità tipica di Hagerty e il servizio 24 ore su 24 di assistenza e recupero dell’auto in caso di panne definitivo, con una commissione del 35% che rimane alla piattaforma sul costo del noleggio. Anche la copertura e il rimborso di eventuali multe, agevolando il proprietario e togliendo ansie e preoccupazioni, sembra andare in questa direzione.
Tutto tranquillo quindi? In fondo chi non può apprezzare la possibilità di prenotare online un’auto storica per i giorni necessari all’utilizzo, magari per una fuga romantica piuttosto che per un regalo di compleanno senza sopportarne i costi tutto l’anno? O, al contrario, per chi ne possiede una, perché non valutare offerte di noleggio monetizzandone la proprietà quando non la si utilizza?
In realtà occorre capire cosa accadrà. Se i vantaggi sono evidenti a tutti, più sfaccettate sono le ragioni e le motivazioni che potranno portare al successo o insuccesso, magari parziale, di questa tipologia di servizio in un settore come quello delle storiche. I dubbi che vengono in mente sono principalmente legati alla natura del bene: chi possiede un veicolo storico o anche una collezione ha un rapporto quasi viscerale con il proprio mezzo.
Chi non conosce qualche amico che nonostante sodalizi trentennali non cederebbe il volante della propria auto, neppure sotto tortura, alla moglie piuttosto che al parente o all’amico? Lasciarlo in mano a “sconosciuti” ancorché qualificati dalla piattaforma sarà una bella sfida.
Altro possibile contro è legato alla svalutazione del veicolo legata al chilometraggio aggiuntivo, irrisorio se si tratta di un week end, ma considerevole dopo mesi di onorato servizio. In un’epoca in cui il valore delle storiche è legato anche alla “freschezza” del modello varrà davvero la pena affittare la propria storica seppure per centinaia di dollari al giorno, o anche di più, a seconda del modello? Su quest’ultimo dubbio sarebbero necessari complessi algoritmi finanziari ma soprattutto dipende dal tipo di auto e dal suo valore nel tempo, fattore non sempre facilmente prevedibile.
Per rassicurare il prestatore di auto classiche entra in gioco invece il nome di Hagerty, in bella evidenza anche sulla Home page del sito che non a caso ha acquisito la piattaforma cambiandone il nome e soprattutto aggiungendoci un pacchetto assicurativo e di assistenza molto tranquillizzante.
Che questo sia il vero punto critico in fondo lo si capisce anche scorrendo i termini e dettagli del servizio: richiesta di caparra superiore ai 500 dollari; età superiore ai 30 anni per accedere al servizio in modo da evitare piedi ruvidi e alle prime armi; screening preventivo della storia del richiedente (immaginiamo con controlli su incidenti o sanzioni visto che sono necessarie 72 ore prima di avere l’ok a noleggiare in occasione della prima registrazione), sono tutti messaggi diretti a tranquillizzare i proprietari. Come anche la possibilità, per chi affitta la propria classica, di non accettare le richieste di noleggio che dovessero prevenire senza bisogno di dare spiegazioni di alcun tipo. Nessun obbligo e massima libertà.
Ma oltre i “contro” ci sono i “pro” e non sembrano pochi, soprattutto in prospettiva. E qui entrano in gioco approcci generazionali e di abitudini al consumo: non è più un segreto per nessuno che i Millenial, ovvero i ragazzi nati a cavallo del nuovo secolo, preferiscano vivere esperienze piuttosto che possedere. E questo servizio sembra pensato in primis per loro, oltre che per appassionati magari più attempati che vogliono togliersi lo sfizio di provare a fare un giro sulla classica che non si sono potuti permettere o hanno venduto tanto tempo fa.
E poi ci sono scenari ai quali si continua a non pensare ma che prima o poi si presenteranno: nell’arco di poco tempo ci saranno enormi masse di auto storiche lasciate dai baby boomers che probabilmente saranno ereditate dai figli che, se non appassionati, dovranno o potranno decidere di vendere o altrimenti “mettere a reddito”.
Anche i grossi commercianti con in casa molte auto storiche forse potrebbero approfittare del servizio per monetizzare in attesa di vendere. E non ultimo lo stile di vita contemporaneo, fatto di vacanze all’estero, piuttosto che periodi di lavoro lontani da casa, potrebbero portare a molte richieste di noleggi di questo tipo, agevolando anche quelli veloci e d’impulso. O per eventi aziendali.
Ecco perché sarà interessante vedere nel tempo l‘evolversi del servizio e anche delle auto disponibili sulla piattaforma. Che, a giudicare da questi primi mesi, spazia dalla Camaro economica alla Bentley passando pure per youngtimer o auto giapponesi ricercate dagli appassionati come la Datsun 240Z. Dopo essersi annotati il nome di Driveshare per la prossima vacanza negli States rimane solo un ultimo quesito, chi sarà il primo in Europa a proporre un’idea simile?