I 125 anni di Škoda rientrano tra le innumerevoli ricorrenze del 2020. Il marchio boemo, che è una delle più longeve case automobilistiche in attività, si appresta a festeggiare questo importante anniversario guardando al futuro con nuovi modelli e una serie di iniziative.
La Škoda, fondata nel 1895 da Václav Laurin e Václav Klement è tra le società più antiche del panorama automobilistico. La sua lunga storia parte con un’officina per la riparazione e la produzione di biciclette a Mladá Boleslav. Poco dopo, nel 1899 inizia anche la produzione di motociclette, passando poi alla produzione di automobili nel 1905. La prima vettura realizzata dalla “Laurin & Klement” (L&K) è la "Voiturette A".L’ unione fa la forza. Col passare del tempo la gamma L&K si ampliò con veicoli sportivi e commerciali. Nel 1925 cambia la denominazione sociale e commerciale a seguito della fusione, tra Laurin & Klement e il gruppo di ingegneria meccanica “Škoda”. Questa soluzione assicurò a Laurin& klement il capitale necessario per la sua espansione. Da questo momento la freccia alata, simbolo di L&K, venne inserito nel logo della Casa di Mladá Boleslav. Nel 1991,Škoda intraprende una joint venture tecnico-economica con il gruppo Volkswagen, il quale rileverà l'intero pacchetto azionario Škoda nel 2000, assegnandogli l'attuale ragione sociale "Škoda Auto A.S.".
Best seller. Quest’anno ricorrono anche i 60 anni del primo modello a portare il nome Octavia, presentato nel 1960, oggi è giunto alla quarta generazione. La Škoda Octavia si riconferma così la station wagon bestseller in Europa.
Verso il 2025. L’Amministratore Delegato di Škoda Auto, Bernhard Maier, rimarca la lunga storia del marchio ceco, che è tra le 5 case automobilistiche più longeve: “Il talento e l’ingegno che hanno distinto i fondatori Laurin e Klement sono il caposaldo di questa storia di successo e allo stesso tempo sono un incentivo a guidare l’azienda verso un futuro ancora più prosperoso”. Seguendo questa visione, l’azienda si preprara alla “Strategia 2025” nell’ottica di trasformare il suo core business dalla produzione automobilistica a nuove soluzioni di mobilità. Si apre così una nuova era per il marchio la “Freccia alata”.
Mobilità elettrica. Il percorso di Škoda prosegue verso la mobilità elettrica, nei prossimi mesi vedremo la versione di serie del concept Vision IV. Il nuovo SUV elettrico sarà il primo veicolo Škoda realizzato sulla piattaforma modulare elettrica (MEB) del Gruppo Volkswagen. Tra il 2019 e la fine del 2022, Škoda presenterà 30 nuovi modelli, più di dieci saranno parzialmente o totalmente elettrificati.
I festeggiamenti. Oggi, la Casa automobilistica boema è attiva in più di 100 mercati e, nel 2019, ha superato il traguardo del milione di esemplari prodotti con un totale di 1,24 milioni di veicoli consegnati. I festeggiamenti per il 125° anniversario di Škoda Auto prevedono numerosi appuntamenti, come la partecipazione di alcuni dei modelli più significativi a eventi rievocativi internazionali che culmineranno con uno speciale concerto della Filarmonica Boema. Tutti gli aggiornamenti sono disponibili sui canali social che vedranno anche il lancio di una nuova campagna di marketing introdotta allo slogan “Driving inventiveness since 1895”.
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Con le sue linee originali, affiancate da soluzioni meccaniche di prim’ordine, la GS rappresenta indubbiamente un’interessante cinquantenne
Nel secondo dopoguerra la Citroën aveva a listino un solo la Traction Avant. Una vettura lanciata dallo stesso André Citroën nel '34, che sarebbe rimasta in produzione per altri dieci anni. Nel ‘48 il marchio ampliò la gamma con la 2CV e successivamente, dal 1955, con le ID/DS. A questo punto, però, era necessario introdurre sul mercato una nuova vettura di medie dimensioni, capace di soddisfare un mercato in forte espansione. L’AMI6, lanciata nel ‘61 e risultata per due volte l’auto più venduta di Francia, risolse solo parzialmente il problema.Quando tutto ebbe inizio. Fu così che Robert Opron, successore di Flaminio Bertoni, fu incaricato di disegnare la carrozzeria di una nuova vettura media, mentre Magès (il padre dell’idropneumatica) si occupò della geometria delle sospensioni, ispirate a quella della DS. Il lavoro filava spedito e già nel 1970 la nuova gamma “G” (da cui GS) era pronta al lancio, debuttando nel marzo di quello stesso anno al Salone dell’Auto di Ginevra, dove la GS 1015 (dai centimetri cubi del motore) fu la vedette dello stand al fianco della grossa coupé SM.
La GS aveva una struttura monoscocca. La carrozzeria sosteneva la meccanica, le sospensioni anteriori e il retrotreno. Non solo, l’auto introduceva la grande idea di Magès per contrastare il beccheggio del veicolo in frenata e accelerazione: i cilindri delle sospensioni anteriori non erano posizionati verticalmente (come su DS e SM) bensì erano inclinati in avanti di alcuni gradi, così da generare un vettore di forza non perpendicolare che si oppone naturalmente all’affondata del veicolo in frenata e alla forza in accelerazione, a tutto vantaggio del comfort dei passeggeri. In altre parole si trattava di una vettura raffinata e interessante, sotto tutti i punti di vista. Motivo per cui, di recente, abbiamo deciso di dedicargli un servizio approfondito, contenente anche le valutazioni effettuate da Quattroruote all’epoca.
Garage Italia Custom ha realizzato una nuova variante della Fiat Panda 4x4 ICON-e, la "Pandina Jones" che celebra il traguardo del mezzo milione di seguaci della pagina Instagram “Car&Vintage”.
La "Pandina Jones Cars&Vintage" rientra nel progetto Fiat Panda 4x4 ICON-e, fondendo tradizione e modernità attraverso la riqualificazione a 0 emissioni di auto iconiche che hanno segnato la storia dell’automobile. Stile vintage e praticità contemporanea esaltano l’idea vincente della prima Fiat Panda disegnata da Giorgetto Giugiaro: un modello amatissimo presentato nel 1980 e prodotto in 4,5 milioni di esemplari fino al 2003. L’ultima personalizzazione di Garage Italia su base Fiat Panda, incarna lo spirito avventuroso di Indiana Jones, l’archeologo interpretato da Harrison Ford protagonista della saga anni ‘80. Avventurosa. Come suggerisce il nome, "Pandina Jones Car&Vintage" si caratterizza per un allestimento pensato per gli amanti dell’avventura: ecco quindi la ruota di scorta montata sul tetto, che è in color Bianco Safari, a contrasto con il Khaki scuro del resto della carrozzeria. Nell’abitacolo dominano i rivestimenti in Alcantara® arancione acceso. Ogni avventura merita una colonna sonora adeguata, per questo l’impianto audio è affidato alla JBL, partner di Garage Italia Custom nel progetto ICON-e. L’assetto è pensato per l’off-road, completano l’allestimento le griglie di protezione fanali, i grandi fari supplementari by Carello montati all’ anteriore e l’inclinometro da fuoristrada sul pannello strumenti. In fiancata, vicino al passaruota, troviamo invece la scritta "Car&Vintage".
Ex novo. Prima di allestire la Pandina Jones Car&Vintage, la donor car originale è stata completamente revisionata nelle parti meccaniche, ripristinata nelle sue componenti e verniciata totalmente. Le tinte e le vernici sono state sviluppate da Garage Italia e BASF R-M, una delle aziende leader nel settore chimico. Il motore termico originale è stato sostituito da un’unità elettrica sviluppata in collaborazione con Newtron Group, flangiata direttamente sulla trasmissione originaria. La velocità massima è di 115 km/h e garantisce un’autonomia di circa 100 km nel ciclo WLTP. La vettura può essere ricaricata con una presa di tipo 2, installata sotto lo sportello carburante. In base alla modalità di carica (presa domestica o colonnina elettrica), le batterie possono essere completamente ricaricate tra le 3 e le 8 ore.
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CMAE, Asi, AC Milano, Riar, Registro Fiat e Registro Lancia e FMI hanno presentato compatti all’assessore Granelli un pacchetto di nuove proposte per la circolazione delle auto da collezione in città.
La settimana prossima verrà proposta in Giunta comunale dall'assessore al Traffico e alla Mobilità del Comune di Milano Marco Granelli una serie di deroghe alle norme attuali che regolano la circolazione all'ombra della Madonnina. I provvedimenti richiesti riguardano l'Area B, che rende “off limits” circa il 70% della città nei giorni feriali dalle 7.30 alle 19.30.
Tavolo di dialogo. Le leggi proposte sono state concordate durante una riunione operativa presso il Comune di Milano voluta il 13 gennaio dall'assessore e organizzata da Marco Galassi, consigliere federale Asi e presidente del Cmae (Club Milanese Automotoveicoli d'Epoca), con la presenza di Geronimo La Russa, presidente dell'Automobile Club Milano, Daniele Santarelli, consigliere delegato del Registro Italiano Alfa Romeo; Edorado Magnone, presidente del Registro Fiat Italiano; Vittorio Leoni, consigliere del Registro Storico Lancia, e Ivan Bidorini, presidente FMI-Federazione Motociclistica Italiana Lombardia.
Via libera. Per tutti i veicoli di interesse storico rimarrebbe l'obbligo attuale di registrazione “una tantum” nel portale del Comune di Milano, ma con una grande svolta nella possibilità di essere usati in città, compresa l'Area C (pagando ovviamente i 5 euro previsti per l'ingresso). Ecco le proposte: libertà totale di circolazione per le moto over 30, per le auto costruite più di 40 anni fa e per i veicoli da 30 a 39 anni di età. In quest'ultimo caso, però, solo con Certificato di Rilevanza Storica (CRS) trascritto sui documenti e obbligo per i proprietari di dimostrare il possesso e la disponibilità di altro veicolo con classe inquinante abilitata a circolare.
Una Black-Box in versione Classic. Due condizioni obbligatorie, il CRS trascritto sulla carta di circolazione e il possesso di un altro veicolo abilitato, anche per i mezzi che risalgono a un arco di tempo compreso tra 20 e 29 anni fa, ma con un totale di 40 ingressi concessi o, in alternativa, l'uso della scatola nera del progetto sperimentale Move-In della Regione Lombardia. La proposta dell'apparecchio da installare, che consente un monitoraggio delle percorrenze reali, è stata avanzata dall'assessore e “definita durante il tavolo di lavoro con limiti fissati ad almeno 1000 km all'anno dentro Milano e con una calibratura specifica sulle esigenze, anche estetiche, delle auto classiche”, spiega Marco Galassi, che un anno fa aveva già sottoscritto una lettera-appello al sindaco Beppe Sala insieme alle stesse organizzazioni.
L'importanza di sgranchirsi le gambe. In definitiva, “l'inquinamento delle storiche è assolutamente irrilevante in quanto i chilometri percorsi sono pochissimi”, ha riferito l'arch. Galassi all'assessore Granelli, rassicurandolo sul fatto che il capoluogo non si ritroverà invaso da un esercito di auto d'antan. “Le storiche sono poche, ma abbiamo bisogno di muoverle, altrimenti muoiono”, e con loro di certo anche l'importante patrimonio culturale che rappresentano e l'indotto economico che generano.
la Lancia Thema 6V fu venduta in pochi esemplari, destinati a un clientela benestante che voleva una vettura dall’ immagine importante ma non eccessivamente vistosa.
Nel 1984 la Lancia Thema 6V era la versione di punta della famiglia "Thema", auto tutt'oggi amatissima, che evoca le suggestioni da “Prima Repubblica” tipicamente anni '80. Berlina tre volumi, nella più classica accezione "Lancia", è basata sul pianale "Tipo 4" che accomuna Fiat Croma, Alfa Romeo 164 e Saab 9000. Proposta in versione berlina e station wagon, nel corso dei dieci anni di produzione (1984-94) è stata equipaggiata con motori atmosferici e turbo: 4, 6 e 8 cilindri, rispettivamente da 8, 12, 16 e 32 valvole.In abito formale. La Lancia Thema 6V è identica alle altre versioni, in aggiunta prevede di serie gli alzacristalli posteriori elettrici. Per la Thema, Giugiaro propone uno stile all'insegna dell' eleganza pura che evochi modernità: la linea è semplice e funzionale. Poche le cromature e banditi i gocciolatoi, elemento tipico delle auto anni '70. I grandi fari posteriori, la rendono subito riconoscibile mentre il baule è ampio e facilmente accessibile. All' interno, gli ampi sedili sono rivestiti in tessuti raffinati o nei lussuosi pellami Poltrona Frau e Alcantara. La plancia è lineare, con gli indicatori dalla grafica semplice ed il "chek control". A richiesta, due impianti di climatizzazione, di cui uno totalmente elettronico.
Lo scambio. Nel 1984, la “nobile” Lancia Thema 6V era al vertice della gamma, equipaggiata con il motore V6 PRV. Oggi, la 6V è probabilmente il modello più raro dell'ammiraglia torinese. Il “gemellaggio” italo-francese per la propulsione della Thema 6V rientra nei termini di un piano commerciale per la fornitura dei motori SOFIM (controllata da IVECO), che prevedeva anche l' adozione di questo propulsore da parte della Lancia. L' unità motrice era infatti utilizzata sui modelli di fascia alta Peugeot, Renault, Volvo e successivamente, dal 1989 anche sulla Citroen XM. Nei piani di Fiat, la Fiat Croma sarebbe stata il modello più popolare della famiglia "Tipo4", mentre la Lancia Thema aveva una vocazione più “istituzionale”. Alle prime due si aggiungevano la Saab 9000 e successivamente, dal 1987 la più “sportiva” Alfa Romeo 164.
Scelta obbligata. Uscita di scena la grande Fiat 130, il gruppo torinese era rimasto sprovvisto di motori V6 dal 1977. Il progetto “Tipo 4” era partito prima dell’acquisizione di Alfa Romeo, con quest’ ultima che portava in dote i mitici V6 “Busso”. Fiat nel 1984 era nella fase di transizione che precedette l’ acquisto di Alfa Romeo Fiat, e di certo non intendeva investire delle risorse importanti per sviluppare un nuovo motore 6 cilindri tout-court. Così, la Casa torinese si rivolse ai francesi di Peugeot, in quanto nemmeno la Saab, partner nel progetto “Tipo4” aveva a disposizione un motore 6 cilindri. La vicinanza tra le aziende in questione e le specifiche tecniche del V6 PRV, ci fanno capire il perché di questa scelta.
Multiuso. I rapporti commerciali che la Fiat ha con Renault e Peugeot rende le cose più facili: il PRV è un propulsore collaudato, sulla scena da una decina d’ anni e relativamente economico; compatto e leggero è l' ideale per una vettura a trazione anteriore come la Lancia Thema 6V. Inoltre erano già stati risolti i problemi di gioventù come i consumi elevati e il ciclo di accensione irregolare. Questo 6 cilindri d'Oltralpe non era un propulsore sportivo, ma essendo molto fluido e con la coppia disponibile a un basso numero di giri, si rivela perfetto per il ruolo di prestigio che riveste la Thema 6V. Questa unità denominata ZN3J era la stessa usata a partire dalla Peugeot 505 V6 (nella versione USA) e montata persino sulla mitica DeLorean. Considerati gli alti costi di gestione, le Lancia Thema 6V vengono pensate principalmente per la commercializzazione sui mercati esteri e l'uso di rappresentanza per gli enti governativi.
Arriva il Busso. Completata l’ acquisizione dell' Alfa Romeo nel 1986, (controllata fino a quel momento dall’IRI), la Lancia Thema 6V viene rinnovata. Nuovi fari, più stretti e lunghi con indicatori di direzione inglobati in una fascia sono il tratto distintivo della seconda serie, presentata alla fine del 1988. Cambia anche la denominazione della Thema 6V, ora indicata come "V6". In realtà solo la 3° serie della Thema, nel 1992, verrà equipaggiata con il 3.0 V6 Busso di origine Alfa Romeo. L’unità, è riadattata dalla Lancia in versione 12 valvole, la variante del 3.0 V6 24 valvole sarà prerogativa della "cugina" più sportiva, l' Alfa 164.
Fattore rarità. In Italia i modelli che vanno per la maggiore sono i 2 litri: 2.0 IE e 2.0 Turbo, che non sono sottoposti alla tassazione con l’IVA al 38% che colpisce i modelli con cilindrate superiori ai 2000cc. Le 6v, con una cilindrata di 2849 cc sono quindi destinate ai mercati esteri, dove tuttavia Lancia iniziava a perdere terreno… Questo decreterà in maniera decisiva la rarità della Lancia Thema 6V. Tra gli appassionati si parla inoltre di un lotto di vetture, una decina di modelli pre-serie, in allestimento base equipaggiati con il 1.6 da 100 cv. Fornite ad alcuni dirigenti Lancia per aver un riscontro diretto dall’uso quotidiano, le Thema 1.6 vennero ritirate all’ultimo momento e mai commercializzate ufficialmente. Questo per non fare concorrenza interna alla Fiat Croma, che nel gruppo Fiat era destinata ad essere il modello di accesso al “segmento superiore”. Ad oggi non c'è alcuna documentazione ufficiale a riguardo di questi esemplari.
Nobile per vocazione. Se la 2.0 i.e. aspirata era tra le preferite dei professionisti che cercavano un’ auto da famiglia comoda ed elegante, la 2.0 Turbo con scritta “i.e. Turbo” in bella vista sul radiatore, fugava ogni dubbio sul temperamento di chi la guidava... Nonostante l’ IVA pesante, anche le varianti turbodiesel (TDS) furono molto apprezzate dai commessi viaggiatori: erano tra le auto a gasolio più veloci dell’epoca. La Thema 6V, 2.8 l da 150 cv, invece fu venduta in pochi esemplari, destinati a una clientela piuttosto benestante che desiderava una vettura dall’immagine importante ma non eccessivamente vistosa. Politici, diplomatici e industriali rappresentano il target d' elezione del modello. La Thema Ferrari 8.32 con il motore V8 della Ferrari Mondial, presentata nel 1986, è sicuramente più lussuosa, esclusiva e potente ma con queste prerogative non può vantare la stessa eleganza sobria e l’indole aristocratica della Thema 6V: il 6 cilindri a V garantisce un’erogazione vellutata e uno status di grande prestigio. Contrariamente alle 2.0 i.e. che possono montare una trasmissione automatica AP a 4 rapporti, la 6V può essere equipaggiata con un cambio automatico ZF a 3 rapporti.
La prova di Quattroruote. La Lancia Thema 6V viene provata da Quattroruote nel novembre del 1984 insieme alle sorelle 2.0 i.e. turbo e Turbodiesel. La Thema 6V sintetizza al meglio prestazioni, tenuta e confort. Questo modello garantisce la guida più docile e meno nervosa, evidenziando un'ottima maneggevolezza. Il PRV da 2849 cc eroga 150cv, rivisto dagli ingegneri Lancia per renderlo ancor più silenzioso e progressivo, nel test raggiunge i 210,6 km/h. La 6V si rivela la migliore del trio: pur avendo un rollio maggiore della sorella "turbo" (165 cv e 220 km/h di velocità massima) può contare su una miglior aderenza e un sottosterzo molto meno accentuato, specialmente nelle forti accelerazioni. Nei cambi di direzione le reazioni più lente garantiscono una maggior stabilità, definendo il comportamento dinamico tra i migliori della categoria.
Pochi ma buoni. L’agguerrita concorrenza interna delle Thema Turbo e delle varie Alfa 164 V6 mise in ombra la Lancia Thema 6V sin da subito, e nonostante le sue qualità venne prodotta in soli 4888 esemplari, molti dei quali finiti all’estero. La sua elasticità e la coppia ai bassi regimi rendevano il motore PRV la base ideale per l’esclusiva Thema Limousine, prodotta in meno di 50 esemplari. Questi modelli di grande prestigio vennero distribuiti tra enti governativi (Presidenza della Repubblica, Presidenza del Consiglio, Ministero della Difesa) e le holding della famiglia Agnelli, dove sono state utilizzate come auto di rappresentanza per i vertici manageriali di Fiat Auto e Toro Assicurazioni.
È iniziato il conto alla rovescia. Mancano pochissimi giorni al via della 32° edizione della Winter Marathon 2020, e da poche ore è stato reso noto l’elenco partecipanti, uno dei momenti più attesi prima di una grande sfida: 94 gli equipaggi iscritti.
Saranno dunque 94 gli equipaggi che giovedì 23 gennaio si ritroveranno a Madonna di Campiglio per affrontare una delle classiche invernali più attese: la Winter Marathon. Un lungo elenco di appassionati e specialisti della regolarità - una trentina i driver classificati – che affronteranno un percorso di oltre 450 km e 13 passi dolomitici. Al volante di un’Alfa Romeo 1750 GT Veloce del 1968 anche il due volte campione del mondo di rally Miki Biasion, mentre il pilota e voce nota delle dirette di F1 per Sky Sport Davide Valsecchi si sfiderà sulle fotocellule alla guida di una Fiat Abarth 124 Rally del 1973.
La prima tappa in notturna. Sono 17 le Porsche iscritte alla Winter Marathon 2020, e ben 16 le altre case automobilistiche rappresentate in gara, tra cui 18 anteguerra. Non curanti del freddo, del ghiaccio e della neve, queste storiche signore saranno messe a dura prova da un percorso di oltre 450 km intervallato da 65 prove cronometrate e 6 prove di media, suddivise in due tappe. La prima prenderà il via alle 19.30 di giovedì 23 gennaio dalla centrale Piazza Righi di Madonna di Campiglio. Una tappa inedita di 90 km attraverso la Val di Sole che porterà gli equipaggi prima al Ristorante la Baracca, sul Passo Tonale, e poi di rientro verso le 23.00 a Campiglio, con all’attivo 20 p.c. e 2 medie.
Da Campiglio a Gardena. Venerdì 24 gennaio si svolgerà la seconda e ultima tappa, con partenza dalle 13.30 sempre da Madonna di Campiglio. 360 i km attraverso le strade e i passi più famosi del Trentino-Alto Adige: i primi settori accompagneranno gli equipaggi al valico dei Passi Campo Carlo Magno, Mendola, Lavazé e Pramadiccio fino al Controllo Orario di Predazzo in Val di Fassa, da cui ripartiranno per affrontare alcuni dei valichi più caratteristici e impegnativi fra cui Pordoi, Campolongo e Gardena.
Da Ortisei a Folgarida. Dopo la sosta per la cena allo Chalet Gerard, a Selva di Val Gardena, la gara ripartirà dal caratteristico centro di Ortisei in direzione valico del passo Pinei, per poi effettuare un passaggio nella maestosa Piazza Walther di Bolzano. Da qui si procederà in direzione Passo Mendola fino al Controllo Orario di Folgarida, dove la consueta accoglienza del locale Hotel Caminetto riserverà a tutti i partecipanti un buon pasto caldo e il caratteristico vin brulè in attesa del rientro della prima auto in Piazza Righi a Campiglio, previsto poco dopo la mezzanotte.
Biglietto gratuito. È aperto a tutti lo spettacolo a cielo aperto che tradizionalmente si svolge sul laghetto ghiacciato di Madonna di Campiglio il sabato pomeriggio. Dalle ore 13.15 inizieranno i due noti e attesissimi trofei: il primo riservato a tutte le vetture anteguerra, il secondo - Trofeo Eberhard - vede partecipare invece solo i primi 32 equipaggi classificati della Winter Marathon con la classica sfida a eliminazione diretta. Che vinca il migliore.
Il 1997, rappresenta il momento in cui Mercedes-Benz, di slancio, dà un taglio netto con il passato, modelli come la compatta Classe A, SLK, CLK (coupè e poi cabrio) e la Classe M cambiano definitivamente la percezione del marchio.
“Dopo il 1995 non si è capito più niente!” ripetono spesso i più intransigenti tra gli aficionados del marchio Mercedes-Benz. Questo, infatti, è l’anno del debutto della W210, sigla che identifica la Classe E, la prima vettura della Stella caratterizzata con i fari ellittici affiancati. Portabandiera di un nuovo corso stilistico che dà inizio a una vera e propria rivoluzione...Baby Benz. Il rinnovamento estetico infatti è solo il primo passo di una questione “filosofica” riguardante l’immagine e l’identità stessa del marchio Mercedes-Benz. L'idea di rendere i modelli della Stella accessibili ad un pubblico più vasto viene introdotta con la “Serie 190” (W201) del 1982, chiamata affettuosamente “Baby Benz”. Le linee estremamente sobrie ed eleganti la rendevano sicuramente appetibile per gli “yuppies” che si apprestavano a comprare la loro prima Mercedes, ma ancora distante dai gusti di una clientela giovane e sportiva. Nel corso degli anni ’90 a Stoccarda capiscono che è giunto il momento di “cambiare”, il Muro di Berlino è crollato, la società e il mercato dell’auto mutano rapidmente: tutto è diventato globale ed informatizzato. Bisogna fare la differenza. La sfida più grande per Mercedes-Benz arriva nel 1998: la fusione tra Daimler A.G. e il gruppo americano Chrysler Corporation darà vita ad un gigante dai piedi d’ argilla, il gruppo Daimler-Chrysler. Un matrimonio che fallisce nel 2006 per motivi gestionali, ma che ha rappresentato per entrambi i gruppi l’opportunità di entrare a pieno titolo nel 21° Secolo, con prodotti non sempre riusciti, ma gli va riconosciuto, innovativi e di rottura.
Volto nuovo. Le prime avvisaglie di questa vera e propria mutazione genetica arrivano nel 1993, con la Mercedes-Benz “Concept Coupè” presentata al Salone di Ginevra. Questo è il primissimo modello a sfoggiare il frontale “4 fari” (ripreso sulla Classe E del ’95 appunto) e le cui forme vengono tradotte con l’elegante “CLK”, prodotta a partire dal 1997. L’anno successivo è la volta della Mercedes-Benz SLK, al Salone di Torino 1994 il Concept "SLK I" prefigura una roadster con tetto metallico a scomparsa che strizza l’occhio a una clientela più giovane rispetto a quella della Mercedes-Benz SL (R129), un po' come avvenne quasi 40 anni prima con la “190 SL”, sorella minore dell’iconica Gullwing e della sua variante convertibile, la 300SL Roadster. La SLK verrà presentata in veste definitiva nel 1996, anche stavolta a Torino, alla presenza di un giovane Mika Hakkinen e di Bud Spencer. La nuova R170, realizzata sul pianale accorciato della Classe C W202, non potendo vantare un telaio particolarmente "affilato" non brilla per sportività ma in breve diventerà una delle spider più apprezzate per il suo hardtop retrattile e l’immagine sbarazzina. Il "colpo" è riuscito: la piccola roadster conquista giovani e meno giovani, con una crescente percentuale tra la clientela femminile.
Presagio. Il 1994 è anche l’anno delle MCC Eco-Sprinter ed Eco-Speedster, dove MCC è l’ acronimo di Micro Compact Car, le show cars prefigurano la celeberrima “Smart” introdotta nell’ autunno del 1998. Mercedes-Benz aveva già affrontato il tema “mobilità del 2000” con la concept “NAFA” nel 1984, questa volta però il progetto MCC vedeva coinvolta anche l’azienda svizzera di orologi “Swatch”. L'eccentrico proprietario della Swatch, Nicolas Hayek, investì persino nella costruzione delle linee di produzione per la futura Smart (Swatch-Merced-ART) ad Hambach in Francia. Una showcar che prefigura la supercompatta compare persino alle Olimpiadi di Atlanta '96. Il diktat da parte di Stoccarda di produrre la vettura di serie con soli motori a combustione contrariamente alla volontà del patron della Swatch che optava per la propulsione elettrica o ibrida, così come il prezzo molto più elevato di quello definito in origine, senza contare gli ingenti esborsi finanziari da parte di Hayek, portarono alla fine della partnership tra Mercedes-Benz e Swatch. Mercedes tuttavia portò avanti il progetto Smart, nonostante le piccole citycar venissero prodotte in perdita.
Tecnologia a piene mani. La Mercedes-Benz F200 Imagination nel 1996 prefigurava, soprattutto nel frontale, la futura ammiraglia Classe S (W220) che debutta nel 1998. L' abitacolo è minimalista, di ispirazione aeronautica, con la plancia interamente occupata da monitor per la strumentazione e l'infotainment. Dei joystick sostituiscono il volante, uno dei primi esperimenti di guida "by wire", cioè mediante l'elettronica, mentre delle telecamere rimpiazzano anche gli specchietti.La F200 è stata fondamentale per lo sviluppo delle tecnologie di bordo che ritroviamo sui modelli attualli. La showcar, funzionate, montava un tetto in cristallo a trasparenza variabile (ripreso nel 2002 dalle Maybach), gli airbag per la testa,le sospensioni a controllo elettronico ABC (all’esordio sulla CL del 1999) e i fari anteriori bixeno ruotabili automaticamente (proposti nel 1968 dalla Citroen DS), disponibili sulla Classe E W211 del 2002. Sulla F200 è presente anche una gestione vocale dei comandi, antesignana dei recenti sistemi MBUX. Tutte soluzioni avveniristiche, oggi, figurarsi più di 20 anni fa...
1997: fuga dal XX Secolo. Internet si diffonde rapidamente delineando il "villaggio globale" e segna l'avvento dell'era digitale in cui viviamo. Milioni di giovani aspettano il “2000” ascoltando pop band come le Spice Girls ed i Backstreet Boys, all’ apice della loro carriera; "Jurassic Park II: Il mondo perduto" e "Titanic" sbancano i botteghini, mentre la moda dei cellulari viene definitivamente sdoganata: in Italia c'è almeno un telefono cellulare in ogni casa. Questo è lo scenario in cui avviene il lancio della Mercedes-Benz “Classe A”, un debutto che parte con la ruota sbagliata, è il caso di dirlo, visto che la “Mercedes per i giovani” rotola goffamente durante il test dell’alce… Ma a Stoccarda corrono immediatamente ai ripari e con l’introduzione di serie dell’ESP e grazie anche a una riuscita campagna marketing, l’impasse è presto accantonato.Dopo le prime proposte di stile come la Vision A93 (1993), anche sul fronte dello stile, la Classe A viene rimaneggiata e così diventa un must, soprattutto tra il pubblico femminile:la W168 è una monvolume compatta, pratica e molto trendy. In Italia è un successone. Il pianale a sandwich con il motore che scivola sotto il motore in caso di impatto è una primizia assoluta (con buona pace dei meccanici…), il tetto apribile lamellare è un' altra peculiarità di questo “giocattolo per ricchi”, del resto è pur sempre una Mercedes.
Product placement. Jurassic Park dicevamo, Mercedes-Benz sfrutta abilmente l’occasione per presentare in anteprima la sua prima SUV, la Classe M, un modello che desta subito curiosità e diventa richiestissimo. Lo stesso protagonista de "Jurassic Park, Mondo Perduto", Jeff Goldblum si fa regalare uno degli esemplari usati per le riprese. Il progetto viene definito nel del 1991, in partnership con Mitsubishi, inizialmente si prevedeva di basare la nuova auto sulla piattaforma della Mitsubishi Montero/Pajero. Venuta meno l'ipotesi di una joint-venture, lo stile viene avviato, a più riprese tra il 1992 ed il 93 e poi confermato nel '94. I primi prototipi vengono testati tra la primavera del 1994 ed il '95. Nel 1996, la showcar AAV prefigura (nel frontale) quello che l'anno seguente sarebbe diventato il primo SUV dell’Europa continentale: la Classe M o semplicemente “ML” (W163). Nel mentre, viene ultimato l' impianto di Vance, nella Contea di Tuscalosa (Alabama) dove vengono realizzate le prime pre-serie, mentre la produzione vera e propria inizierà nel settembre 1997. La prima SUV by Mercedes diviene l'unica competitor delle Range Rover e della Jeep Grand Cherokee, all'epoca le sole fuoristrada "di lusso". Per questo motivo la Classe M viaggiava su un telaio a longheroni ed era dotata di marce ridotte mentre le sospensioni indipendenti mitigavano il comfort e la guida su strada. Secondo i piani la ML avrebbe progressivamente rimpiazzato "l’anziana" Classe G, sulla breccia dal 1979. Non sarà così, ma questa è un’altra storia…
True colors. La classica calandra sormontata dalla Stella a tre punte lascia il posto a una variante più dinamica, si sviluppa in orizzontale e ingloba un grande logo Mercedes-Benz al centro. Nel dipartimento “color and trim” fioriscono nuovi rivestimenti dai colori vivaci, le fantasie dei sedili e inserti in simil-alluminio o carbonio vengono proposti insieme alle classiche essenze di legni pregiati come radica di Noce, Frassino, Eucalipto e l'intramontabile Zebrano. Dopo il 1993 i modelli Mercedes-Benz vengono suddivisi in "Classi" e prevedono, con le dovute eccezioni, 3 allestimenti: Classic, Elegance e Avantgarde. Quest'ultimo riprende il nome di un'edizione limitata della Serie 190, la "Avant-Garde" caratterizzata da interni dal forte contrasto cromatico. Sulla successiva Classe C W202 (1993), oltre ai primi due allestimenti canonici troviamo anche le linee Esprit e Sport, pensate principalmente per una clientela più dinamica e sportiva che gradisce un allestimento dalle tinte accese e vivaci. Viene potenziato l’atelier “Designo”, delegato alle personalizzazioni delle Mercedes-Benz più esclusive: Pelle Nappa per i rivestimenti, inserti in legno Vavona, Olmo e molti altri ancora danno vita a infinite combinazioni per l’allestimento dell’abitacolo. Per i più eclettici, vengono realizzati anche dei costosi inserti in sfoglia di marmo! Le campagne pubblicitarie sono accattivanti e si rivolgono a un’utenza più vasta, vengono organizzati dei grandi eventi per illustrare le novità della casa al grande pubblico. All’alba del 2000 il Marchio strizza l’occhio a una schiera di potenziali nuovi clienti, anche in vista dell’arrivo della futura Smart. Vetturetta da città, che rivoluziona il concetto di mobilità urbana (sebbene l'idea non sia nuova e ampiamente affrontata dalle vetturette del dopoguerra) e che nel bene e nel male, è forse l’auto più significativa dei nostri tempi…
Una nuova era. Nel 1997, gli ultimi modelli Mercedes-Benz realizzati sotto la guida di Bruno Sacco, come la compatta Classe A, l’SLK, le CLK (coupè e poi cabrio) e la Classe M cambiano definitivamente la percezione del marchio, avvicinandolo a una clientela “giovane”, forse non così giovane come il marketing ed i depliants raccontavano, ma sicuramente diverso dall' immagine rappresentata fino a quel momento dalla clientela delle grandi berline con la Stella a tre punte. La volontà di riconoscersi in questa nuova veste si evince da stilemi come la nuova griglia con la Stella al centro e il particolare montante posteriore a 3 vetri delle Classe A e Classe M. Modelli inediti che introducono Mercedes in segmenti del tutto nuovi, mentre fa capolino la supermini per eccellenza, la Smart, che a un anno dalla sua effettiva commercializzazione raccoglie già 160 mila ordini. Comincia una nuova era. Negli anni a venire Mercedes-Benz inizierà a perdere qualche colpo tra le economie di scala conseguenti al (fallito) matrimonio Daimler-Chrysler e un massiccio uso di elettronica che sarà fonte di guasti e malfunzionamenti. Anche lo stile andrà un pò alla deriva, con modelli che "parlano" linguaggi stilistici del tutto diversi in una gamma sempre più vasta. Tutto ciò causerà una grande perdita di clienti, riconquistati faticosamente soltanto negli ultimi anni. Il 1997, rappresenta quindi il momento in cui Mercedes, di slancio, dà un taglio netto con il passato, rinunciando, forse (ma mai del tutto) a un’immagine caratterizzata dall’aplomb vagamente algido. Mercedes in questo preciso momento rinuncia all’austerità che l’ha resa celebre, ma non smettendo,mai, di essere un brand capace di innovare tanto sé stesso quanto l’intero mercato dell’auto.
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Per festeggiare i 110 anni dell’Alfa Romeo Ruoteclassiche dedica alla Casa milanese una collana di sei volumi, allegati alla rivista da febbraio a luglio. Le vetture di serie, i prototipi, i modelli da competizione e i personaggi che hanno scandito questa lunga epopea.
Nel giugno del 1910 nasce dalle ceneri della filiale italiana della Darracq l’Anonima Lombarda Fabbrica Automobili, l’Alfa. Il compimento dei 110 anni diviene per Ruoteclassiche l’occasione per ripercorrere in sei volumi l’epopea di uno dei marchi automobilistici più amati dagli estimatori della meccanica raffinata e della guida sportiva. Una lunga avventura che vogliamo far rivivere ai lettori attraverso un racconto scandito da auto meravigliose e innovative, partorite dall’ingegno di uomini che, oltre ad avere capacità tecniche e creative eccezionali, hanno amato questo brand al di sopra di ogni cosa. Accanto ai modelli fondamentali che hanno delineato la storia del Biscione, narreremo le vicende aziendali, dando particolare enfasi ai profili dei dirigenti, dei progettisti, degli stilisti e dei piloti che con dedizione e coraggio hanno contribuito a forgiare la leggenda del Biscione.Piano dell’opera. I primi tre volumi saranno incentrati sulle auto stradali (dal 1910 a oggi); il quarto capitolo descriverà le fuoriserie e i prototipi più importanti; il quinto analizzerà le vetture da corsa, mentre il sesto, e ultimo, racconterà i protagonisti che hanno scritto queste affascinanti vicende.
Dagli esordi agli anni 50. Il primo fascicolo della collana, allegato a Ruoteclassiche di febbraio, abbraccia un ampio arco temporale: dagli esordi prima della Grande Guerra fino al raggiungimento della dimensione di una media industria automobilistica nel periodo del boom economico. Cinquant’anni, dalla prima 24 HP alle Giulietta. Nelle oltre 140 pagine del volume si succedono oltre venti modelli, tra cui le 6C, una famiglia di vetture che con diverse cilindrate segnano la storia del Portello dagli anni Venti fino all’inizio degli anni Cinquanta, le 8C e le 1900, con le quali la Casa milanese passa dalla produzione pressoché artigianale a realtà industriale. Di ciascuno illustriamo la nascita e l’evoluzione, fornendo le caratteristiche tecniche, i numeri di produzione e una puntuale analisi dell’andamento sul mercato collezionistico. Il prezzo del fascicolo è di 5,40 euro in più rispetto a quello della sola rivista (5,50 euro).
110 Anni Alfa Romeo, una nuova collana firmata Ruoteclassiche. - 1Ruoteclassiche110 Anni Alfa Romeo, una nuova collana firmata Ruoteclassiche. - 2Ruoteclassiche110 Anni Alfa Romeo, una nuova collana firmata Ruoteclassiche. - 3Ruoteclassiche110 Anni Alfa Romeo, una nuova collana firmata Ruoteclassiche. - 4Ruoteclassiche110 Anni Alfa Romeo, una nuova collana firmata Ruoteclassiche. - 5Ruoteclassiche
Avete ancora due settimane di tempo per iscrivervi all’VIII° edizione della WinteRace 2020, che prenderà il via da Cortina d’Ampezzo giovedì 5 marzo.
C’è ancora un po’ di tempo, fino al 4 febbraio per iscriversi alla WinteRace 2020, la Superclassica invernale a calendario ACI Sport, che dal 5 al 7 marzo animerà la perla delle Dolomiti e i suoi passi più spettacolari. Sono ammesse auto storiche che siano state costruite entro il 1976, e i modelli Porsche dal 1977 ad oggi, questi ultimi parte dell’ormai inossidabile Porsche WinteRace, giunta quest’anno alla quinta edizione, con classifica e premi a parte.La partenza da Cortina. Per chi già conoscesse la formula della WinteRace, una delle principali novità di questa edizione è che si consumerà tutta su territorio italiano, attraversando ben 11 passi di cui 8 sopra i 2000 metri, percorrendo circa 400 chilometri suddivisi in due tappe, e affrontando 66 prove a cronometro e 6 prove di media. Un percorso impegnativo per una gara entusiasmante dunque, con il solito occhio di riguardo per ospitalità e scelta delle location grazie alla regia di Rossella Labate, anima e cuore di questa superclassica invernale.
Da non perdere. Tra le altre novità di questa WinteRace, le prove su strada chiusa al traffico nell’incantevole villaggio di Siror, nel cuore del Primiero, un delizioso paesino a soli 12 km da San Martino di Castrozza, noto per aver dato origine al mercatino di Natale più antico del Trentino, con successiva sosta proprio a Fiera di Primero. Per il vincitore è stato messo in palio un orologio della maison svizzera di alta orologeria Girard-Perregaux, il “Laureato Chronograph”, oltre a tantissimi cadeaux per tutti i partecipanti premurosamente selezionati dalla “donna di casa” e gentilmente offerti dai numerosi sponsor che ogni anno scelgono di dare il loro sostegno a questa manifestazione.
Winterace 2020: iscrizioni aperte fino al 4 febbraio. - 1RuoteclassicheWinterace 2020: iscrizioni aperte fino al 4 febbraio. - 2RuoteclassicheWinterace 2020: iscrizioni aperte fino al 4 febbraio. - 3RuoteclassicheWinterace 2020: iscrizioni aperte fino al 4 febbraio. - 4RuoteclassicheWinterace 2020: iscrizioni aperte fino al 4 febbraio. - 5RuoteclassicheWinterace 2020: iscrizioni aperte fino al 4 febbraio. - 6Ruoteclassiche
Ecco come una vacanza al mare in Abruzzo si trasforma in una battuta di caccia all’auto sotto il solleone. Alla fine ne troviamo un giacimento, ad arrugginire sotto gli ulivi, ma per ora niente da fare: sarà il caso di tornarci.
"Agosto, casa mia non ti conosco!" Sono in Abruzzo per una vacanza con Riccardo, un amico e compagno di avventure rugginose. Vacanza per modo di dire: il mare l’avrò visto due volte. In realtà, è una battuta di caccia all’auto. Un parente che abita nella zona di Pescara mi ha segnalato che su una strada in direzione dei colli, nell’entroterra, aveva visto un cumulo di auto intorno a una casa rurale. Dentro l'Alfetta... “Segui la strada per una ventina di chilometri, arrivato al paese alla tua sinistra troverai qualcosa che ti piacerà…”. Non gli faccio neppure finire le indicazioni: ho già capito che davanti a miei occhi oggi non ci sarà il mare blu di Pineto, ma una distesa di rosso ruggine. Partiamo dopopranzo, con 30° e una cassa d’acqua nel baule dell’Alfetta. Le indicazioni sono chiare: da Pescara cominciamo a salire fra le curve e i terreni bruciati dal sole delle splendide colline abruzzesi. Improvvisamente, dopo un tornante intravedo alcune auto sui pendii. Inversione a U, accostiamo: sotto le piante riposano una Giulia, una Renault 4 e una 5, Fiat 126 e 127, una Ritmo. Basta fare due passi e intorno a noi si materializzano Volkswagen e Lancia dietro la casa, accanto alla casa, ovunque. Dieci, venti, trenta… a sessanta smetto di contare.
Grande assortimento. Busso con insistenza sulla porta di una casa vicina. Esce il proprietario, mi presento, la storia è sempre la stessa: mi chiamo Luca sono appassionato di auto d'epoca, mi hanno segnalato che qui c'è la possibilità di poter vedere qualcosa e documentare il tutto. Il signore è titubante, però nota la mia Alfetta: “Aspetta un attimo che arrivo”. Così inizia il tour. “Sai, mio padre aveva un’officina, tante di queste auto appartenevano a clienti che sono morti, o non avevano pagato il conto. Saranno qui da almeno vent'anni”. Non è un peccato tenerle in questo stato? Continuiamo a discendere il pendio, fra scuolabus e pullmini Volkswagen, Prinz, c’è di tutto. L’orto è allestito fra i rottami, i pomodori crescono fra le lamiere. Sotto la casa, in un magazzino, un’Alfa GT Scalino bianca, un paio di Giulia Super 1.6, un’Alfetta e una Ritmo sonnecchiano sotto le coltri di una trentina d’anni di polvere. In completo stato di abbandono.
Lento declino. Le ore passano, le chiacchiere continuano. Purtroppo capisco che l’uomo elude le mie richieste, la volontà di vendere non c’è. Prima che si decida a darle via, tutte quelle auto dovranno marcire ancora per un bel po’. “Al Nord andate bene, qui non si fa niente, non si fa niente…”. Impossibile capirci qualcosa. Decido di tornarci l’estate successiva per fare un altro tentativo: stesso spettacolo, stesse parole. L’Abruzzo è pazzesco: pieno di macchine lasciate lì ad arrugginire, però nessuno le vende. Sembra che preferiscano vederle invecchiare con loro. Se insistiti, qualcuno spara il doppio o il triplo del valore per scoraggiarti. E continua a guardarle.
Testo di Luca Manzoni, a cura di Paolo Sormani.
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Il primo grande appuntamento dedicato alle aste di auto da collezione si è concluso da poco in Arizona lasciando un retrogusto un po’ amaro nel palato di chi vede il mercato di queste auto in termini speculativi.
Nel complesso si sono vendute più auto dello scorso anno (2.994 contro le 2.662 del 2019) ma in termini percentuali la vendita complessiva è scesa di quattro punti, scivolando dall’81% del 2019 al 77% di oggi. Si sono vendute più auto (332) ma il fatturato finale (244,1 milioni di dollari – Fonte Hagerty) è risultato inferiore di 7,1 milioni di dollari a quello del 2019 (251,2 milioni di dollari) portando il valore medio delle auto aggiudicate da 94.374 dollari del 2019 a 81.534 di oggi.Fase calante. Un dato, quest’ultimo, che spiega più di ogni altro quanto accaduto nei dieci giorni di Scottsdale: la qualità delle vetture proposte si è abbassata e si è anche ridotta sensibilmente la presenza di auto di grande prestigio storico (la più bassa degli ultimi cinque anni secondo Hagerty). Quest’anno le vetture da oltre un milione di dollari erano infatti il 25% in meno, oltretutto offerte ai prezzi più bassi del mercato. In compenso, però, proprio queste ultime sono le auto che si continuano a vendere meglio. La percentuale di vetture in condizioni da concorso e di certificata originalità passate di mano è infatti salita al 73% rispetto al 43% del 2019, sempre in Arizona ovviamente. Anche se nessuna dal 2012 ha superato la quotazione di 5 milioni di dollari.
In pole position. L’auto che guida la Top Ten di Scottsdale 2020 è una Ferrari F50 del 1995 aggiudicata a 3,2 milioni di dollari, una delle 349 costruite e con solo due proprietari fino a ieri, oltre a una percorrenza di poco più di otto mila chilometri. Dietro di lei la Chevrolet Corvette Stingray 2020 VIN 001, la prima in assoluto delle nuove Stingray, pagata da un appassionato americano ben 3.000.000 di dollari, equivalenti a poco più di 2.700.000 euro. E una vettura degli anni ’30, a conferma di quanto interesse ci sia ancora verso queste auto: una Hispano-Suiza J12 Dual Cowl Phaeton del 1932, aggiudicata a 2.425.000 dollari.
Scommessa persa. Torna al mittente invece quella che in teoria sarebbe dovuta essere la regina di Scottsdale 2020: l’Alfa Romeo 8C 2300 Cabriolet Décapotable carrozzata Figoni nel 1932, l’auto più cara tra le 3.867 in vendita, stimata tra gli 11 e i 13 milioni di dollari, la cui offerta massima si è “fermata” a 8,7 milioni di dollari. Un’offerta di tutto rispetto considerando che il motore non era quello originale, ma che non è stata ritenuta adeguata dall’attuale possessore, pare un collezionista giapponese. È l’ennesima dimostrazione che le condizioni delle vetture e, soprattutto, la loro originalità sono oggi più determinanti che mai in una trattativa a così alto livello. E non solo.
Qui di seguito la Top Ten assoluta e le Top Ten delle Big Three:
TOP TEN ASSOLUTA
Marca/Modello
Casa d’aste
Prezzo in $
1
Ferrari F50, 1995
Gooding & Company
3.222.500
2
Chevrolet Corvette Stingray, 2020
Barrett-Jackson
3.000.000
3
Hispano-Suiza J12 Dual Cowl Phaeton, 1932
Gooding & Company
2.425.000
4
Pagani Huayra Roadster, 2018
RM Sotheby's
2.370.000
5
Tucker 48, 1948
Gooding & Company
2.040.000
6
Lexus LC 500 Convertible, 2021
Barrett-Jackson
2.000.000
7
Ferrari 330 GTS Spider, 1967
Gooding & Company
1.985.000
8
Ferrari 365 GTS/4 Daytona Spider, 1972
Gooding & Company
1.930.000
9
Ferrari 212 Inter Cabriolet, 1951
Bonhams
1.930.000
10
Ferrari 330 GTS Spider, 1967
RM Sotheby's
1.710.000
TOP TEN GOODING & CO.
1
Ferrari F50, 1995
3.222.500
2
Hispano-Suiza J12 Dual Cowl Phaeton, 1932
2.425.000
3
Tucker 48, 1948
2.040.000
4
Ferrari 330 GTS Spider, 1967
1.985.000
5
Ferrari 365 GTS/4 Daytona Spider, 1972
1.930.000
6
Ferrari 250 GT Cabriolet II Series, 1960
1.462.500
7
Lamborghini Miura P400 S, 1968
1.242.500
8
McLaren P1, 2014
1.160.000
9
Porsche 914/6 GT Targa, 1970
995.000
10
Mercedes-Benz 300SL Roadster, 1958
940.000
TOP TEN BONHAMS
1
Ferrari 212 Inter Cabriolet, 1951
1.930.000
2
Lancia Aurelia B24 Spider America, 1955
810.000
3
R-R Silver Ghost Piccadilly S Roadster, 1924
368.000
4
Ferrari F512 M, 1995
313.000
5
Ford GT, 2005
285.000
6
Dodge Viper RT/10 Roadster, 1992
285.000
7
Ferrari Dino 246 GTS, 1972
280.000
8
Alfa Romeo 2000 Spider, 1960
154.000
9
Winton 8 HP Runabout, 1901
142.800
10
Winton Six 48 HP Touring, 1912
140.000
TOP TEN RM SOTHEBY’S
1
Pagani Huayra Roadster, 2018
2.370.000
2
Ferrari 330 GTS, 1967
1.710.000
3
Lamborghini Miura P400 SV, 1971
1.391.000
4
Mercedes-Benz 300 SL Gullwing, 1955
1.270.000
5
Cadillac V-16 Sport Phaeton, 1930
1.105.000
6
2008 Bugatti Veyron 16.4, 2008
1.105.000
7
Mercedes-Benz 540 K, 1937
995.000
8
Mercedes-Benz 300 SL Roadster, 1957
973.000
9
Ford GT, 2017
923.500
10
Porsche Carrera GT, 2005
786.000
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Quest'anno si celebrano i 110 anni del marchio Alfa Romeo, tra le ricorrenze del Biscione c'è anche il ventennale dell' Alfa Romeo 147. Lanciata sul mercato italiano nell'ottobre 2000, la nuova compatta si rivela subito vincente e nel 2001 viene insignita del titolo di "Auto dell'anno".
A vent'anni dal lancio, anche l'Alfa Romeo 147 può considerarsi una youngtimer a tutti gli effetti. Apprezzatissima per il suo stile, che tra rètro e moderno reinterpreta gli stilemi tipicamente "Alfa", come da tradizione si fa apprezzare anche al volante, proponendo una gamma di motorizzazioni con potenze comprese tra i 100 e i 250cv. La 147 sostituisce le 145 e 146 debuttando con clamore nell'autunno del 2000: le tinte metallescenti e le maniglie in alluminio mettono in risalto una linea scolpita e sensuale che culmina nel frontale, con il classsico trilobo Alfa Romeo dominato dallo scudetto centrale. Al posteriore troviamo invece una fanaleria allungata e di forma ellissoidale, uno stilema introdotto anche in questo caso dal nuovo "family feeling", lanciato con l'Alfa Romeo 156 nell'autunno 1997."Progetto 937". Tra gli elementi ripresi dalla sorella maggiore 156, l'originale soluzione delle porte posteriori nascoste ed inglobate all'altezza del montante posteriore (modelli 5 porte, disponibili dal 2001). Il disegno è di Wolfgang Egger, su approvazione di Walter de Silva (all'epoca a capo del Centro Stile Alfa Romeo) che firma il progetto. Il pianale utilizzato sull'Alfa Romeo 147 è il telaio Tipo 2 di terza generazione, già adottato sulla Lancia Lybra (1999), ma con la peculiarità di un impianto sospensivo derivato, anche in questo caso, dalla più grande Alfa 156: troviamo quindi il "quadrilatero alto" per l'assale anteriore e lo schema MacPherson al posteriore. Questa soluzione, adottata solitamente su modelli di segmento superiore, pur rivelandosi costosa, garantiva il tipico piacere di guida Alfa Romeo anche su vetture a trazione anteriore. Un punto fermo, quest'ultimo, definito sin da principio per il piano di rilancio dell'Alfa Romeo introdotto dalla 156 (1997). Inizialmente i motori a benzina sono 3, tutti Twin Spark e 16V. Il modello d'accesso è il 1.6 da 105 cv, disponibile anche con variatore di fase che ne incrementa la potenza a 120 cavalli: migliorano sia la fluidità che le prestazioni. Al vertice troviamo il 2.0 da 150 cavalli. Quest'ultimo poteva essere equipaggiato con il cambio robotizzato Selespeed. La piacevolezza di guida era rimarcata in tutti i motori (con le dovute differenze in termini di prestazioni) dalla doppia accensione a due candele per cilindro e dalla curva della coppia che si traduceva in un'erogazione molto favorevole, fin dai regimi più bassi. A fine 2002 debutta il modello più sportivo della gamma: la 147 GTA spinta dal 3.2 "Busso" con 6 cilindri a V. Le motorizzazioni a gasolio, erano tutte common rail, nei primissimi mesi di produzione l'unica unità disponibile era il 1.9 JTD 8 valvole "Unijet" da 110 cavalli, portato subito dopo a 115 cavalli. Fino al 2002 viene proposto anche un 1.9 JTD 8V, depotenziato a 100 cavalli. Questa unità, disponibile solo negli allestimenti di base rappresenta il modello d'ingresso alla gamma 147. Nel novembre 2002 viene introdotto il performante 1.9 JTD 16V da 140 cavalli.
Secondo tempo. In occasione del restyling, nel 2004, il frontale dell'Alfa Romeo 147 viene ridisegnato: i fari anteriori diventano più grandi e le donano un'espressione più aggressiva; anche sul retro la fanaleria si fa più allungata e compare una scalfitura orizzontale sulla parte inferiore del portellone. A livello propulsivo aumenta la potenza dei motori turbodiesel in quanto viene introdotto il nuovo sistema di iniezione "Multijet" (qui denominato JTDm), il 1.9 16V raggiunge così quota 150 cavalli, il 1.9 8V da 115 cavalli passa a 120 cavalli. Entrambi i motori rispettano la normativa Euro 4, esce di produzione il 1.9 JTD da 115 cv (Euro 3). I tre motori a benzina rimasero invariati. Il 1.9 JTDm 150 CV è disponibile anche con il differenziale Torsen Q2 che migliora la trazione in ogni condizione di guida. Da fine 2007 entra a listino una nuova versione del 1.9 JTDm 16V con 170 cavalli e differenziale Q2 di serie. Il modello di punta della gamma diesel è proposto inizialmente come edizione speciale "Ducati Corse". In seguito questo motore è stato reso disponibile anche sulla 147 Q2 "Sport Pack". Con il restyling sono state apportate importanti modifiche anche al telaio per rendere l'auto più sicura negli impatti frontali: barre di rinforzo nelle portiere, serrature rinforzate e nel longherone in acciaio sotto il pianale, lato guidatore. I tenici Fiat corsero quindi ai ripari dopo che le prove d'impatto Euro NCAP (effettuate per la prima volta nel 2001) avevano evidenziato un risultato scarso nel test di impatto frontale, in cui gli occupanti erano esposti a seri rischi di infortunio, totalizzando un punteggio di 3 stelle su 5.
La prova di Quattroruote. L'Alfa Romeo 147, prodotta tra il 2000 e il 2010 è stata oggetto di varie prove su Quattroruote: nel novembre 2000 (test-a-test tra 147 1.6 Twin Spark 120 cv e 2.0 Selespeed), nel dicembre 2002 (147 GTA) e nel marzo 2007 (147 1.9 JTDm). In tutte le prove si evince l'efficacia dell'assale anteriore MacPherson che garantisce una risposta rapida dello sterzo e un'elevatissima stabilità. Promossa anche per la posizione di guida, definita sportiva, con i pedali ben spaziati. Il 1.6 da 120 cv "piace" per la grinta e la progressione: dà il meglio agli alti regimi, tra i 5 e i 7 mila giri, ma sconta un cambio un pò contrastato e dalla spaziatura eccessiva tra 1a e 2a marcia. Il 2.0 150 cv della Selespeed è più elestico e si fa apprezzare per l'ottima ripresa, il cambio robotizzato, di contro, assorbe un pò di potenza penalizzando l'accelerazione. Sempre quest'ultimo è imputabile per il tipico ronzio che accompagna l'apertura della porta del guidatore: azionando la solida maniglia in alluminio, la pompa idraulica del Selespeed inizia ad accumulare pressione, assicurando il precaricamento degli attuatori idraulici e l'innesto rapido del rapporto alla messa in moto. La 147 GTA, è "veloce e divertente su strada", ma perde terreno in pista dove sconta la trazione anteriore e uno sterzo fin troppo rapido, che richiede molto impegno per via delle continue correzioni alla traiettoria e agli indurimenti in uscita di curva. Questo unitamente ad un controllo di stabilità (VDC) non disinseribile, che pur non essendo brusco negli interventi, impone di tracciare traiettorie pulite. Sulla "Q2", l'equilibrio dinamico dell'Alfa Romeo 147 trova compimento grazie al differenziale Torsen, che si rivela vincente anche sui fondi a bassa aderenza, migliorando ulteriormente la risposta e la precisione dello sterzo. Su tutti i modelli viene contestata l'abitabilità posteriore, compromessa dal tetto discendente e dal poco spazio per le ginocchia; anche il bagagliaio non è particolarmente capiente e non manca qualche lacuna nelle finiture, che culmina con la scarsa insonorizzazione, causa di un'eccessiva rumorosità.
Instant classic. Nel novembre 2002 fa il suo debutto la versione sportiva "GTA", equipaggiata con il mitico motore 3.2 V6 "Busso" da 250 cv, lo stesso montato anche sulle sorelle 156 GTA. L'inconfondibile sonorità del Busso aggiunge non poco fascino all'esperienza di guida, che tuttavia si rivela meno affilata rispetto alla versioni più tranquille, per via di un maggior peso all'anteriore e di un impianto frenante sottodimensionato. Il V6 delle GTA ama girare alto e questo si traduce in consumi impegnativi, del resto il Busso ha già diversi lustri alle spalle quando viene installato sulla 147... Nonostante queste sbavature la 147 diventa subito un'instant classic: con quella linea e il canto del V6 tutto diventa più sopportabile. A partire dai tre allestimenti "ordinari", Impression, Progression e Distintive, l'Alfa Romeo 147 è stata proposta in diverse versioni: Cup, Connect e Plug In (tra il 2001 e il 2008), TI (2003 - 2008), Exclusive (2004-2008), BlackLine (2006-2008) ,Q2 (2007-2010), Moving e New Progression (2009-2010). A queste si aggiungono le serie limitate: Ducati Corse, 500 esemplari; la Murphy&Nye e la C'N'C Costume National, presentata al Salone di Francoforte nel 2007 e prodotta in 1000 esemplari. L'Alfa Romeo 147 un'auto ancora piacevole e interessante, che possibilità optional da auto contemporanea come il climatizzatore automatico, i fari allo xeno, i sensori di parcheggio e il navigatore satellitare con info traffic "Connect" (all'epoca una primizia) oltre al corredo di ausili alla guida. Il fascino della 147 viene accentuato dalle particolari tinte perlate e dagli interni in Pelle Pieno Fiore. Magari ci si può anche imbattere in qualche (raro) esemplare con volante in legno... un accessorio che consente di respirare quell'atmosfera magica che si prova solo alla guida delle vecchie glorie del Biscione.
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Automotoretrò apre le danze della stagione dedicata agli eventi del motorismo storico, una rassegna che si terrà al Lingotto Fiere di Torino dal prossimo 31 gennaio al 2 febbraio. Capitale del motorismo storico, Torino ospita la sede istituzionale dell’Automotoclub Storico Italiano e della FIVA (Fédération International des Véhicules Anciens).
ASI celebrerà i 90 anni della Pininfarina, un brand divenuto ambasciatore dello stile e del design italiano in tutto il mondo. Quest’anno la “regina” dell’esposizione è la Cisitalia 202 Coupé del 1947, definita “scultura in movimento” da Arthur Drexleche, è stata prima vettura al mondo a far parte della collezione permanente di un museo d’arte moderna, il MoMA di New York. Sul fronte motociclistico, ASI annuncia una e Yamaha per festeggiano i successi nelle competizioni. Saranno esposte la Yamaha-Bimota 350 GP usata di Giuseppe Consalvi (mondiale 1978) e la Yamaha XTZ 750 Super Ténére protagonista della Parigi-Dakar 1992. ASI e il marchio giapponese hanno confermato la partnership per la tradizionale rassegna “ASI MotoShow” dedicata alla storia della moto, che giunta alla sua 19° edizione, è in programma dall’8 al 10 maggio all’Autodromo di Varano de’ Melegari (Parma).
Tanti eventi in programma. Lo stand ASI ospiterà inontri e conferenze, riportiamo i principali: “Torino Automotive Heritage: il manifesto di una nuova iniziativa” (venerdì 31 gennaio alle ore 15.00); “I motori tra passato e futuro: passione e mobilità possono convivere grazie all’uso corretto e consapevole dei veicoli storici certificati” (sabato 1° febbraio, ore 10.00); “I veicoli storici come beni culturali” (sabato 1° febbraio, ore 11.00); “Motorismo storico: tutele, non privilegi; libertà di circolazione e sgravi fiscali servono a salvaguardare un patrimonio che appartiene a tutta la comunità” (sabato 1° febbraio, ore 14.30); “Torino città dei carrozzieri e dello stile” (domenica 2 febbraio, ore 11.00). Sabato 1° febbraio, alle 12.30, ci sarà anche l’anteprima del nuovo libro “Alfa Romeo GTA” con gli autori Vladimir Pajevic e Gian Luigi Picchi, ex pilota ufficiale Alfa. Alle 15.30 Cesare Fiorio e Sergio Limone parleranno della Lancia Rally 037, immortalata nel nuovo quadro realizzato dall’artista Massimo Beretta.
Le Torinesi a Parigi. La rassegna parigina “Retromobile” avrà inizio subito dopo Automotoretrò (dal 5 al 9 febbraio nel polo espositivo di Porte de Versailles) con una mostra tematica sullo stile Bertone. L’Automotoclub Storico Italiano, che dal 2015 ha rilevato l’intera collezione Bertone esporrà 10 straordinarie showcar realizzate tra il 1969 e il 2001: l’Autobianchi Runabout (1969), la Suzuki Go (1972), la Citroën Camargue (1972), la Ferrari Rainbow (1976), la Volvo Tundra (1979), la Chevrolet Ramarro (1984), la Citroën Zabrus (1986), la Lamborghini Genesis (1988), la BMW Pickster (1998) e la Opel Filo (2001). Le vetture, dal valore complessivo di circa 2 milioni di Euro, hanno ottenuto uno speciale nulla osta da parte del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, necessario per l’uscita temporanea dai confini di Stato di una collezione con una tale valenza storica ed una rilevanza a livello mondiale.
ASI celebra il design italiano - 1RuoteclassicheASI celebra il design italiano - 2Ruoteclassiche
L’Associazione Automoto d’Epoca Sardegna di Cagliari ha preparato un programma 2020 ricco di iniziative. Tante manifestazioni a due e quattro ruote. Fiore all’occhiello la Coppa Gentlemen Sardi giunta alla quattordicesima edizione.
Scaldate i motori e siate pronti a partire! Il club di Cagliari si presenta con un ricco programma di iniziative legate al motorismo storico confermando di essere tra i più attivi nel panorama nazionale. Il tutto all’insegna della valorizzazione del territorio con la sua storia e le sue tradizioni cercando al tempo stesso di tramandare ai giovani la passione per il rombo antico.Sarebbe un peccato non esserci. Giunta alla quattordicesima edizione la “Coppa Gentlemen Sardi” si presenta ricca di novità evidenziando ancora una volta la bontà del territorio ospitante e la passione per le auto storiche intese come patrimonio da salvaguardare. L’evento organizzato dall’infaticabile staff dell’Associazione Automoto d’Epoca Sardegna (A.A.E.S.) si svolgerà dall’8 al 10 maggio. Quest’anno, la manifestazione prenderà il via da Tortoli (OG) e snoderà attraverso le strade dell’Ogliastra passando da Villagrande Strisaili, Baunei, Girasole, Tertenia e Muravera fino all’arrivo a Cagliari. Promette paesaggi, sapori e profumi di rara bellezza, con quel qualcosa in più che è la passione che lega gli amanti delle auto storiche. La chiusura delle iscrizioni è prevista per il 22 aprile 2020.
Un po’ di storia. La “Coppa Gentlemen Sardi” parte dal lontano 1922 quando ebbe luogo la prima corsa automobilistica in Sardegna. Caduta nell’oblio, è stata riscoperta grazie al certosino lavoro di ricostruzione storica di alcuni soci che, tramite gli archivi dell’epoca, hanno riproposto l’evento nel 2007 e da allora è sempre stato un successo in ascesa, ampiamente premiato con numerosi riconoscimenti pubblici e privati.
Presenze confermate. Anche per l’edizione 2020 è confermata la presenza della Gazzella dei Carabinieri di Roma e della Pantera della Polizia di Stato di Padova, che contribuiranno ad arricchire il parterre dei partecipanti, aprendo e chiudendo la carovana delle vetture.
Gli altri appuntamenti. La stagione inizierà ufficialmente il 22 marzo a Cagliari con la manifestazione di regolarità “Col Cronometro fra i denti”. Il 6 giugno, ” presso Museo delle Ferrovie a Cagliari verrà allestita una Mostra Statica di auto storiche in occasione del ventennale Associazione “Sardegna a Vapore. Le moto avranno il loro momento di gloria il 14 giugno con il raduno “Moto storiche in Pista” a Sestu. Dopo le vacanze estive l’attività riprenderà il 25-27 settembre con la manifestazione turistico culturale “alla scoperta della Riviera del Corallo” ad Alghero. Il 15 novembre è invece prevista la manifestazione di regolarità “10° Coppa del Gerrei” con visita alle “Cantine di Dolianova”. Ultimo appuntamento dell’anno sarà la conferenza “L’Auto Sportiva Italiana” in calendario il 26 novembre presso la Facoltà d’Ingegneria di Cagliari.
La Fiat Tempra compie 30 anni: presentata nel febbraio 1990, uscì di produzione nel 1997. Secondo modello del progetto “Tipo3”, condivideva il pianale con gli altri modelli di fascia intermedia del gruppo Fiat come la Lancia Dedra e l'Alfa Romeo 155.
La Fiat Tempra venne annunciata ufficialmente nel novembre 1989, in un momento storico cruciale: se la caduta di Berlino segnava una svolta per il futuro dell’Europa (e non solo…), la nuova berlina media rappresenta per Fiat un nuovo modo di intendere la progettazione e la produzione di autovetture. Infatti dopo il primo passo verso la produzione in “joint venture” con altri marchi per la “Tipo 4”, la Tempra Fiat avvia un processo di sinergie ancora più ampio: la linea venne affidata a I.D.E.A. Institute, mentre la produzione prevedeva impianti a Cassino (Fr), Betim (Brasile), Bursa (Turchia) e Ho Chi Minh (Vietnam), uno dei primi esempi di "World car" Fiat.Sobrietà vincente. La Fiat Tempra proposta sia con carrozzeria berlina (3 volumi classica, 4 porte) che familiare, Tempra S.W., si inserisce in quello che, nei primi anni 90, era il segmento più combattuto del mercato automobilistico: quello delle berline di fascia media e medio-alta. La Tempra riscuote un buon successo grazie alle dotazioni e alla comodità da berlina di classe superiore, proposte a un prezzo concorrenziale. Lo stile sobrio, vagamente formale, richiamava l’immagine moderna della “sorella minore” Tipo, soprattutto nel frontale e negli interni. L’ottima abitabilità, superiore a tutte le auto concorrenti, e una capacità di carico da record decretarono ottimi risultati di vendita sia per la berlina che per la familiare. Come altre familiari Fiat, anche la Tempra S.W. offriva la comoda ribaltina per agevolare le operazioni di carico del bagagliaio (550/1600 litri). I propulsori della Fiat Tempra erano in condivisione con la Tipo e la Dedra, ma al contrario della "cugina" Lancia, la Tempre montava anche motori a carburatore: i modelli di accesso, 1.4 e 1.6, (ripettivamente da 1372 cc e 1581 cc), usciti di scena nel 1993 con l'entrata in vigore della normativa anti-inquinamento Euro 1. Fino al 1992 i motori a carburatore 1.4 e 1.6 erano affiancati dalle versioni a iniezione elettronica Singlepoint. I motori a carburatore però erano più potenti, ad esempio la 1.6 carburatore erogava 86 cv contro i 75 della 1.6 i.e. . La trasmissione era manuale a 5 rapporti su tutte le versioni. A richiesta, due trasmissioni automatiche: un cambio a variazione continua equipaggiava la "Tempra 1.6 Selecta" , (già sperimentato su Fiat Uno, Panda, Ritmo e Tipo), mentre per le 2.0 era disponibile un tradizionale cambio automatico con convertitore di coppia.
Nuovi contenuti. Al Salone di Ginevra del 1992 venne presentata la versione 4x4 della Fiat Tempra S.w. . La dotazione di serie era molto ricca, e dalla 1.6 in su, tutti gli allestimenti offrivano servosterzo e alzacristalli elettrici anteriori. Solo sulla 1.4 base, il servosterzo era optional. La lunga lista degli accessori opzionali era confacente a una berlina del segmento superiore: alzacristalli elettrici posteriori, fendinebbia, tergilunotto, cerchi in lega, climatizzatore (anche a controllo elettronico) e computer di bordo. Curiosamente, Fiat aveva sviluppato tre tipi di ABS: il primo destinato ai modelli meno performanti (1.4 e 1.6), agiva solo sulle ruote anteriori; l’altro, disponibile su 1.8, 2.0 e 1.9 TD interveniva su tutte le ruote, mentre per la Tempra 4x4 era di serie uno speciale impianto ABS a 6 sensori, derivato dalla Delta Integrale. La dotazione di sicurezza, solo sulla 4x4, era accompagnata da una scocca ad assorbimento a deformazione programmata, piantone snodabile collassabile e barre d'acciaio di rinforzo nelle portiere anteriori. Le dotazioni di sicurezza, prerogativa della 4x4 vennero estese a tutta la gamma nel 1993, in ocasione del restyling. Alcuni optional, come il climatizzatore vennero integrati nella dotazione di serie delle versioni di punta della gamma come le 1.8 SLX e le 2.0 "Suite". Sull’allestimento intermedio “SX” era disponibile la strumentazione digitale, proposta inizialmente sulla Tipo, risultò molto apprezzata anche sulla Tempra. Di nuova progettazione il volante ad assorbimento d'urto, che può essere abbinato all’airbag. Importante l'introduzione dell' iniezione Multipoint sul motore 1.6 i.e. che raggiunge i 90 v. Per l'occasione viene presentato l'allestimento "Liberty", proposto fino al 1996. Nel 1994, Fiat introdusse su Tempra, Tipo e Punto anche lo speciale allestimento HSD (High Safety Drive) che pone l'accento sulla sicurezza. Su questi modelli, oggi rarissimi, troviamo: ABS a quattro canali, airbag lato guida, pretensionatori per le cinture di sicurezza anteriori, poggiatesta sia anteriori che posteriori e correttore dell’assetto fari. La commercializzazione in Europa della Fiat Tempra cessò nella primavera del 1997, sostituita dalla Fiat Marea. (Quest’ultima ereditava pianale e parte della meccanica della Tempra). In Turchia, Brasile ed Egitto, la Tempra è stata prodotta fino al 2001.
La prova di Quattroruote. La Fiat Tempra si presentò subito come un'auto parsimoniosa e affidabile. Il 1.4 e il 1.6 i.e. erano capaci di lunghe percorrenze con un consumo ridotto, favorito anche da un serbatoio molto capiente: 63 litri per la berlina e 70 litri per la Station Wagon. L'autonomia media della 1.6 i.e. da 75 cavalli si aggirava intorno ai 920 km (circa 14 km/l). Questo era possibile anche per via di un'aerodinamica favorevole (Cx di 0,297) che si traduceva in un assorbimento di soli 17,2 cv a 100 km/h. Tra le berline dell'epoca il miglior risultato in assoluto. Nella prima prova su strada di Quattroruote (marzo 1990) la Tempra, motorizzata col 1.6 a acarburatore da 84 cv raggiunge i 177 km/h di velocità massima, un risultato molto buono considerata la stazza dell'auto e la potenza limitata del motore. L'auto evidenzia una tenuta di strada sicura improntata al comfort, che si evince da un sottosterzo marcato, questo tuttavia risulta gestibile facilmente anche sul bagnato. Lo sterzo, leggero in manovra perde precisione in velocità e richiede spesso correzioni. Il motore garantisce prestazioni adeguate, coadiuvato dalla coppia disponibile sin dai bassi regimi e dalla giusta spaziatura delle marce, accompagnate da un cambio con innesti morbidi. La frenata è modulabile e garantisce spazio d'arresto corretti, ma la resistenza è migliorabile. L'assorbimento delle sospensioni è apprezzabile, mentre lo smorzamento degli ammortizzatori risente delle oscillazioni del corpo vettura sulle ondulazioni. Il rollio è piuttosto accentuato, e l'auto nei bruschi rilasci dell'acceleratore può innescare allargamenti della traiettoria, complice un riallineamento tardivo del volante.
La Tempra brasiliana. In Europa il motore più potente disponibile sulla Fiat Tempra era il 1995 cc da 113 CV che, che in linea con il carattere del modello, era tutto fuorchè sportivo. Contrariamente alle concorrenti, sulla Tempra non venne mai proposta una versione ad alte prestazioni, magari sulla falsariga della Tipo 1.8 16v o GT. Per il Brasile, invece, la Fiat Tempra era proposta con motori e allestimenti inediti, oltre alla 2.0 i.e. 8v, era disponibile la variante 16v, poi denominata HLX. Quest’ultima era spinta da un motore 2.0 16v da 136 cv derivato dalla Fiat Croma. Il modello più interessante, in questo caso, è la “Tempra Turbo”. Il modello di punta della produzione brasiliana proponeva una formula non più utilizzata in Europa: berlina 3 volumi con sole 2 porte. Il motore era il 2.0 Turbo 8v da 165 CV della Dedra Turbo, sovralimentato da un turbocompressore Garrett, che consentivano di accelerare da 0 a 100 km/h in 8 secondi, con una velocità massima di 200 km/h. Rispetto al modello europeo, troviamo quindi una carrozzeria diversa per tipologia e dettagli: i retrovisori esterni sono simili a quelli della Lancia Thema 1ª serie, i fendinebbia più vicini, la mascherina anteriore simile a quella della Tipo 2ª serie e la serratura del cofano bagagli posta al di sopra della targa, anziché sotto. A completamento del corredo, i cerchi in lega e lo spoilerino posteriore; per quanto riguarda il telaio, l’aggiornamento principale consisteva in una sospensione posteriore simile a quella adottata dalla Lancia Prisma.
Fiat Tempra: 30 candeline anche per lei. - 1RuoteclassicheFiat Tempra: 30 candeline anche per lei. - 2RuoteclassicheFiat Tempra: 30 candeline anche per lei. - 3RuoteclassicheFiat Tempra: 30 candeline anche per lei. - 4RuoteclassicheFiat Tempra: 30 candeline anche per lei. - 5RuoteclassicheFiat Tempra: 30 candeline anche per lei. - 6RuoteclassicheFiat Tempra: 30 candeline anche per lei. - 7RuoteclassicheFiat Tempra: 30 candeline anche per lei. - 8RuoteclassicheFiat Tempra: 30 candeline anche per lei. - 9RuoteclassicheFiat Tempra: 30 candeline anche per lei. - 10RuoteclassicheFiat Tempra: 30 candeline anche per lei. - 11RuoteclassicheFiat Tempra: 30 candeline anche per lei. - 12RuoteclassicheFiat Tempra: 30 candeline anche per lei. - 13RuoteclassicheFiat Tempra: 30 candeline anche per lei. - 14RuoteclassicheFiat Tempra: 30 candeline anche per lei. - 15RuoteclassicheFiat Tempra: 30 candeline anche per lei. - 16RuoteclassicheFiat Tempra: 30 candeline anche per lei. - 17RuoteclassicheFiat Tempra: 30 candeline anche per lei. - 18RuoteclassicheFiat Tempra: 30 candeline anche per lei. - 19RuoteclassicheFiat Tempra: 30 candeline anche per lei. - 20RuoteclassicheFiat Tempra: 30 candeline anche per lei. - 21RuoteclassicheFiat Tempra: 30 candeline anche per lei. - 22RuoteclassicheFiat Tempra: 30 candeline anche per lei. - 23Ruoteclassiche
Forse potrebbe essere la volta buona: la DeLorean ha rivelato i piani per una produzione limitata dell’iconica coupé ad ali di gabbiano, in serie limitata e aggiornata. Ma le difficoltà burocratiche potrebbero essere così complicate da scoraggiare anche Doc Brown.
Ritorno al passato, indietro nel futuro? C’è da sbattere la testa sul cofano. Però è vero, la DeLorean DMC-12 potrebbe tornare presto, in pochi esemplari e aggiornata dal punto di vista tecnologico. James Espey, vicepresidente della DeLorean Motor Company, ha svelato che i piani per una serie limitata dell’iconica coupé ad ali di gabbiano ci sono. Questa l’avevate già sentita, vero? È un po’ come l’ultimo tour dei Rolling Stones: dura da tre anni e non finisce mai.Incognita. Il ritorno della DMC era stato annunciato nel 2016 grazie al Low Volume Motor Vehicle Manufacturers Act, la legge federale che agevola i piccoli Costruttori. Le lungaggini burocratiche hanno fatto rifluire la notizia nello scetticismo e nel dimenticatoio, ma a quanto pare l’auto americana più iconica degli anni Ottanta ha puntato la macchina del tempo nel futuro. Quando? L’anno buono potrebbe essere il 2024. Molto dipenderà dall’applicazione della legge che consente alle piccole aziende automobilistiche di costruire un massimo di 325 auto Made in the USA all’anno. Espey ha raffreddato gli entusiasmi dicendo che la produzione non eccederebbe le due auto alla settimana. Le ordinazioni non sono ancora state aperte, le incognite legate alla burocrazia per far viaggiare la nuova DMC-12 nel futuro prossimo venturo sono più complicate di quelle affrontate da Doc Brown.
Incognita elettrica. La nuova DeLorean potrebbe valere l’attesa. Sarà ricavata da un mischione di parti NOS e nuove. Il new old stock non è un problema: nei suoi magazzini di Humble, Texas, la DeLorean dispone di circa tre milioni e mezzi di ricambi. Traduzione: il 96,7 per cento delle parti originali è già disponibile per completare o ricostruire un’auto. Il nuovo propulsore dovrebbe garantire 350 cavalli e sarà fornito da un altro Costruttore, in regola con la legislazione ambientale EPA e CARB. Vista da fuori, la DMC sarà molto vicina all’originale del 1981, fanaleria a parte. Manterrebbe naturalmente le porte ad ali di gabbiano, mentre gli interni saranno dotati di piccoli lussi oggi necessari e di un sistema di infotainment e connettività che nel 1985, l’anno di uscita di “Ritorno al futuro”, erano fantascienza pura. Per non parlare di ABS e controllo di trazione considerando che la DMC-12 originale non aveva neppure il servosterzo…. Non le si richiederà di bruciare l’asfalto, solo di essere una daily driver spettacolare e insieme affidabile e rispettosa dei limiti sulle emissioni. E in questo potrebbe essere considerata anche l’opzione elettrica, per saltare un passaggio. Quante ne venderanno? Difficile dirlo: si dice che la nuova DMC-12 costerà attorno ai centomila dollari. E non si può restare Marty McFly per tutta lavita.
Tra Europa e America. L’impresa sarà facile come viaggiare nel tempo, nessuno se lo nasconde a Humble, in Texas, dove la DeLorean Company ha sede. Fu fondata dall’inglese Stephen Wynne nel 1995 per il restauro e l’assistenza alle “vecchie” DeLorean circolanti dai punti di assistenza in California, Texas, Florida e Illinois. Originario di Liverpool, Wynne acquistò il marchio insieme con il grande magazzino di ricambi. È stato stimato che delle circa novemila DMC-12 costruite in Texas e in Irlanda del Nord fra il 1981 e l’83 e quasi tutte vendute negli Stati Uniti, ne siano rimaste in circolazione fra le seimila e le 6.500. Molte sono utilizzate come daily driver. Il motore originale è un V6 Peugeot-Renault-Volvo da 2.9 litri e 130 cv. La linea era stata disegnata da Giorgetto Giugiaro sullo slancio della Lotus Esprit, con carrozzeria in acciaio inox a vista secondo il concetto dell’Alfa Romeo Iguana. L’enorme popolarità di “Ritorno al futuro” ha trasformato un’auto per pochi in un’icona pop, immediatamente riconoscibile ancora oggi. È curioso notare che all’uscita del film, la DeLorean aveva già chiuso i battenti da qualche mese. Nonostante l’enorme pubblicità acquisita, fu impossibile costruire altre DMC-12.
Le (altre) pellicole. L’attenzione alla rocambolesca vicenda personale di John DeLorean è ancora vivissima. Il Costruttore fu accusato ingiustamente di traffico di cocaina e quando fu discolpato nel 1984, non riuscì a evitare il fallimento della sua azienda l’anno successivo. Non rientrò più nel business automotive e morì nel 2005. L’anno scorso negli Stati Uniti è uscito “Framing John DeLorean” (Incastrare JDL), un docudrama con Alec Baldwin nel ruolo del protagonista e lo stesso DeLorean che appare in filmati di archivio. Il 16 agosto è stata annunciata l’uscita di “Driven”, diretto da Nick Hamm e con l’attore Lee Pace (“Lo Hobbit”, “Guardiani della Galassia”, “Captain Marvel”) nel ruolo del costruttore.
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La casa d’aste californiana sbarca per la prima volta in Europa e il primo aprile terrà un incanto a Londra destinato a passare alla storia. In vendite 16 auto della famosa collezione del belga Hubert Fabri.
L’idea di allargare la sua attività attraversando l’Oceano Atlantico David Gooding, fondatore e presidente di una delle più famose case d’asta americane, sostiene di averla avuta sin da quando ha avviato la sua attività in proprio, nel 2003 (prima è stato per 11 anni responsabile del dipartimento auto di Christie's e successivamente presidente di RM Auctions). Ha atteso così tanto, sostiene, solo perché fino a oggi non ha avuto a disposizione un numero di auto davvero eccezionali da proporre.
Una location d’eccezione. Bisogna dire che è stato di parola: le sedici auto che offrirà il primo aprile nell’asta titolata “Passion of a Lifetime” che si terrà nella Somerset House, in pieno centro londinese, sono sicuramente all’altezza dei suoi desiderata. Appartengono infatti a una delle più rinomate e autorevoli collezioni mondiali e tutte rappresentano lo stato dell’arte dei rispettivi modelli.
Una vita per il collezionismo. Come tutti i grandi collezionisti, Huber Fabri ha impiegato decenni per raccogliere i suoi gioielli aspettando sempre il momento giusto per acquistare gli esemplari più rari e, soprattutto, quelli qualitativamente più rappresentativi. Non solo, molte di queste vetture sono offerte per la prima volta in un’asta pubblica, argomento che associato agli altri e alla reputazione della Casa d’aste rende questo evento sicuramente di caratura storica.
Queste le auto in vendita:
- Aston Martin DB4 GT Zagato del 1961 (stima: £ 7.000.000 - £ 9.000.000)
Una delle più desiderabili Aston Martin di sempre a cui Zagato ha aggiunto fascino e personalità. Solo 19 gli esemplari costruiti. Questa ha il telaio 0176/R, ed è l’unico esemplare verniciato in Peony Red. È considerata una delle DB4 GT Zagato migliori e più originali esistenti.
- Aston Martin DB3S del 1955 (stima: £ 3.000.000 - £ 4.000.000)
La DB3S/102 Venne ordinata dalla Kangaroo Stable, una scuderia australiana, e utilizzata per gareggiare in tutto il mondo fino al 1960. In particolare, questo esemplare, nel 1957 stabilì il record di velocità in Australia con una media di 143,19 mph (poco più di 230 km/h). Accuratamente restaurata, è ancora dotata del suo motore originale.
- Aston Martin Ulster del 1935 (stima: £ 1.600.000 - £ 2.200.000)
Solo 21 esemplari prodotti. Questo in particolare fu consegnato nuovo al principe Bira che lo utilizzò nel Tourist Trophy del 1935. Due soli proprietari dal 1949. Motore e carrozzeria sono originali.
- Bentley R Continental Fastback del 1952 (stima: £ 1.500.000 - £ 2.000.000)
All’epoca della presentazione questo modello poteva vantare il record auto di produzione più costosa al mondo in assoluto, nonché la quattro posti più veloce (193 km/h). L’esemplare in vendita è uno dei cinque costruiti su ordinazione per Alfred Momo, capo della squadra corse di Briggs Cunningham.
È considerata una delle Bentley da 4 1/4 litri più desiderabili. Huber Fabri l’ha riverniciata in due tonalità di blu per renderla ancora più bella esteticamente.
- Bentley 3 Litre Speed Model Sports Tourer del 1927 (stima: £ 350.000 - £ 450.000)
Il primo modello prodotto da W.O. Bentley, presentato all’Olympia Motor Show del 1919. Dispone di un quattro cilindri in linea con camere di combustione emisferiche, doppia accensione, albero a camme in testa, quattro valvole per cilindro. Questo esemplare è un modello Speed Red originale con carrozzeria Vanden Plas Sports. È stata per 30 anni in possesso di George W. Bennet, membro fondatore del Bentley Drivers Club.
- Bugatti Type 59 Sport ex-re Leopoldo III del 1934 (stima: oltre £ 10.000.000)
La Type 59 Sport è considerata dagli storici la migliore Bugatti da Gran Premio costruita, nonché la più elegante auto da corsa prebellica. Questa vettura (telaio 57248) faceva inizialmente parte del team Grand Prix di Bugatti con il quale ottenne la vittoria assoluta al Grand Prix del Belgio e un terzo posto al GP di Monaco. Negli anni in cui ha gareggiato è stata guidata da Robert Benoist, Louis Chiron, René Dreyfus, Piero Taruffi, Achille Varzi e Jean-Pierre Wimille. Nel 1938, la vettura fu ridipinta di nero dalla fabbrica e venduta a Re Leopoldo III del Belgio. È rimasta fino a oggi in condizioni di originalità eccezionali, mai restaurata.
- Bugatti Type 57S Atalante del 1937 (stima: oltre £ 7.000.000)
Uno dei soli 17 esemplari costruiti con la carrozzeria Atalante disegnata da Jean Bugatti. Fu consegnata nuova al famoso pilota britannico e appassionato di Bugatti Earl Howe. Recentemente è stata sottoposta a un particolareggiato restauro.
- Bugatti Grand Prix Type 35C del 1928 (stima: oltre £ 3.000.000)
Il telaio 4871 fu originariamente costruito dalla Casa per la Targa Florio del 1928. In seguito questa vettura partecipò a numerose gare in tutta Europa. Alla guida del suo primo proprietario privato, Jannine Jennky, vinse l'inaugurale Coupe de Bourgogne. Conservata in condizioni di originalità uniche, mai restaurata, dal 1932 ha avuto solo quattro proprietari.
Solo 150 le P400 costruite. Questa in particolare fu realizzata su ordinazione dell'industriale francese Jacques Dembiermont con requisiti meccanici specifici.
Uno dei 130 esemplari costruiti. Il telaio 0226 è stato venduto inizialmente a Genova e da oltre 20 anni fa parte della collezione di Hubert Fabri.
- Lancia Aurelia B24S Spider America del 1955 (stima: £ 700.000 - £ 900.000)
Solo tre proprietari fino a oggi. L’ultimo, Huber Fabri, la possiede dal 2013 e in questi anni l’ha fatta restaurare nella carrozzeria da Dino Cognolato.
- Lancia Flaminia 2500 Sport del 1959 (Stima: £400.000 – £500.000)
Il perfetto livello di conservazione è il suo biglietto da visita. Il resto è dato dalla rarità: solo 99 esemplari costruiti da Zagato.
- Lancia Lambda III Serie Torpédo del 1924 (stima: £ 320.000 - £ 400.000)
Posseduta da alcuni noti appassionati di Lancia come Anthony MacLean e Lukas Hüni, è stata poi sottoposta a un restauro che ha però preservato, ove possibile, dettagli e finiture originali.
- Rolls-Royce 40/50 HP Silver Ghost Alpine Eagle Tourer del 1919 (stima: £ 1.000.000 - £ 1.400.000)
Una vita passata in giro per il mondo presso alcune collezioni di prestigio e un restauro perfetto ne fanno una delle Silver Ghost più attraenti.
Complessivamente sono 313 gli esemplari costruiti con il telaio OE rivisitato, 12 dei quali con carrozzeria sportiva Wensum. Questo pare sia il miglior esemplare sopravvissuto.
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Musica dance anni ’90 e urban syle, per un’insolito reportage “on the road” dedicato alla Fiat Panda Young 1.1 di un giovane appassionato.
E’ un freddo sabato sera d’inverno in provincia, mi appoggio sulla Fiat Panda Young 1.1 del mio amico Salvatore: “Andiamo a Milano a fare due foto?”, propongo, “Certo!” replica lui senza indugi. Oggetto del nostro reportage urbano è proprio la sua Panda Young, datata 2003: uno degli ultimi esemplari (4,5 milioni in tutto) del modello originale, per capirci, quello disegnato da un tale Giorgetto Giugiaro nel 1980.Indietro nel tempo. “You want my love” dei Paps’n Skar parte esattamente nel momento in cui svoltiamo da Via Mac Mahon su Viale Monte Ceneri: la scena è quasi surreale, in una Milano lontana dalle atmosfere glamour dei locali “fighetti”, ci ritroviamo qui tra la musica dance e le luci al neon dei locali. Attorno a noi palazzi anonimi di periferia, con il ponte della Ghisolfa che si erge tra la nebbia… Tutto questo sembra riportarci indietro di almeno 20 anni. Inizia così il nostro sabato sera “alternativo”, avventurandoci per la città per immortalare la nostra beneamata Panda Young.
Le luci della città. Arriviamo con due auto: lui con la Fiat Panda Young 1.1, una delle ultime prodotte (2003) e io con la mia “Caroline”, una Mercedes-Benz CLK W208 prima serie, in allestimento Sport (1999). Entrambi appassionati di auto e di tutto ciò che riguarda gli anni ’90, ci immergiamo nelle suggestioni della vecchia Milano operaia concentrandoci su Ghisolfa e Portello. Purtroppo del glorioso impianto del Portello dove si costruivano le Alfa Romeo e di quel passato industriale rimane poco e niente. “Non avevate di meglio da fare?” Penseranno in molti… Ebbene, No. Volevamo inserire la Panda in uno scenario verace e fortemente caratterizzato come può essere un quartiere periferico. Del resto, solo qui riusciamo a ritrovare il mix perfetto per un’ambientazione urbana che evochi la “nostra” decade di riferimento.
A muso duro. Inutile dire che la Panda si integra perfettamente nel contesto, mentre i riflessi e luci colorate si “spalmano” sulle sue linee squadrate, quasi fossero catturate dalla sua carrozzeria amaranto. Nella penombra gelida, le frecce arancioni aggiungono una nota cromatica più calda alla predominanza di tinte cupe circostante. Ci spostiamo lungo Corso Monte Ceneri collezionando un po' di scatti, tra i più irriverenti (perché alla fine, il nostro spirito è questo…), quello davanti alla concessionaria Lamborghini.
Dalle stelle alle… Panda! La Panda, piazzata lì di fronte alle muscolose sportive di Sant’Agata, sembrava quasi dire: “Fate poco le splendide, il ‘Compasso d’oro’ l’ho vinto io!” ma non finisce qui… Non contenti, ci dirigiamo all’hotel Principe di Savoia. Qui incrociamo un giovane padre di famiglia alla guida di una Mercedes Classe E Station Wagon (serie precedente) con targa straniera: accenna a un sorriso vedendo la Panda immortalata da due giovanotti che le ruotano attorno vorticosamente, manco fosse una delle supercar di qualche illustre ospite della struttura. Qualora non si fosse capito, la Panda ha la faccia tosta e non teme di approdare in un ambiente così chic. Non sarà un caso che un numero sempre crescente di “viveur”, raggiunga le località più esclusive a bordo del “pandino”. Noi possiamo forse essere da meno? Neanche per sogno.
Dopo la prima grand bouffe dell’anno che si è svolta in gennaio in Arizona il termometro del mercato delle vetture da collezione si sposta ora in Europa, a Parigi, dove tra il 5 e il 7 febbraio andranno all’asta 337 lotti di auto di grande prestigio. A offrirle tre delle più importanti Case d’asta internazionali: Artcurial, Bonhams e RM Sotheby’s.
Punte di diamante di questa sessione di aste saranno una imponente Mercedes-Benz 710 SS 27/140/200 HP Sport Tourer del 1929, con carrozzeria attribuita alla francese Fernandez & Darrin, per la quale Artcurial chiede da 6,0 a 8,0 milioni di euro; e una Bugatti Type 55 Two-Seat Supersport carrozzata da Figoni nel 1931, guidata alla 24 Ore di Le Mans da due icone dello sport automobilistico francese come Guy Bouriat Quintart e il futuro campione Louis Chiron, da 56 anni di proprietà della stessa persona, valutata da Bonhams tra i 4,0 e i 7,0 milioni di euro.
Le altre dive. A loro si aggiungono diverse altre vetture multimilionarie. Tra queste spiccano una Jaguar D-Type del 1955 (stimata tra i 5,9 e i 6,4 milioni di euro); una Lamborghini Veneno Roadster del 2015 (4,5 – 5,5 milioni di euro); una Ferrari 365 GTS/4-A Daytona Spider del 1972 (2,4 – 2,6 milioni di euro); e una Bmw 507 Roadster II Serie del 1958 (1,75 – 2,25 milioni di euro), tutte offerte da RM Sotheby’s. Oppure una Mercedes-Benz 500K Cabriolet A del 1935 proposta da Bonhams a 1,5 – 2,0 milioni di euro; così come una Ferrari 275 GTB 6 carburatori del 1965 offerta da Artcurial a 2,0 – 3,0 milioni di euro.
Menzione d'onore. Su tutte però un particolare interesse lo riveste la Ferrari Dino 206S/SP Sports Prototype del 1966 (telaio e motore 022), una delle Ferrari più rare, con un palmares invidiabile (tra cui un secondo posto di classe alla Targa Florio del 1970, e la vittoria del Campionato italiano del 1970). Bonhams, che la propone il 6 febbraio, non ne ha rivelato la stima, ma sicuramente non sarà alla portata di molti.
Tra le vetture in vendita degne di interesse sono anche altre rarità. Eccone alcune qui di seguito:
- Serenissima 3000SP Prototipo del 1967. Una rarità assoluta, quarta vettura di questo marchio nato per volontà del conte Volpi di Misurata ad essere venduto all’asta da Artcurial, che lo scorso anno ne ha proposte ben tre. Questa è una delle ultime vetture prodotte dalla Serenissima su cui però non fu completato pienamente lo sviluppo. Un modello unico, splendidamente conservato, bello anche stilisticamente, che Artcurial ha stimato tra 1,0 e 1,4 milioni di euro.
- BMW-Glas 3000 V8 Fastback Prototype del 1967. One-off realizzata da Pietro Frua ed esposta in vari Saloni dell’auto europei, tra cui Francoforte e Parigi nel 1967, Ginevra nel 1968 e Barcellona nel 1969. Nota per la produzione della micro-car Goggomobil, la piccola azienda di Hans Glas aveva tentato un allargamento della produzione con una coupé GT nel 1963 su progetto di Pietro Frua. Operazione che non ebbe molto successo e provocò la crisi della Glas. Tanto che nel 1966 l'azienda fu acquisita dalla BMW. Glas continuò a produrre i suoi coupé BMW-Glas per un altro anno, tra i quali il modello più importante montava un V8 da 3 litri da 160 CV. Frua propose questa nuova versione che però non fu mai prodotta. E che oggi rappresenta un pezzo unico della storia Bmw. Per averlo Bonhams chiede dai 250.000 ai 350.000 euro.
- Abarth 695 SS del 1966. RM Sotheby’s che la mette all’asta con una stima di 50.000 – 60.000 euro, la presenta come una delle Abarth 695 SS più originali e autentiche disponibili in qualsiasi parte del mondo. Una delle 1.000 prodotte. Le condizioni di conservazione molto trascurate farebbero pensare a un quasi relitto, in realtà la vettura viene dichiarata funzionante e con una storia documentatissima. Tanto che pur necessitando di un restauro completo e profondo viene stimata a valori record.
- Isotta Fraschini Tipo 8A Landaulet by Carrozzeria Sala del 1924. La prima Tipo 8A conosciuta. Il milanese Cesare Sala fu uno dei primi carrozzieri italiani a lavorare in stretto contatto con la Casa di via Di Breme. L’auto è stata acquistata dall’attuale proprietario, il secondo della sua storia, nel 2017 e sottoposta a un profondo restauro meccanico e a una lucidatura della carrozzeria. RM Sotheby’s la propone a un prezzo tra i 400.000 e i 500.000 euro.
- Lancia Delta S4 Stradale del 1988. Una delle circa 80 esistenti, ma, soprattutto, con una percorrenza di solo 3.300 chilometri da nuova. E con solo due proprietari in 32 anni. La vettura è proposta da Bonhams con una stima tra i 550.000 e i 650.000 euro.
Qui l’elenco di tutti i lotti in vendita a Parigi:
Artcurial – 7 febbraio
Bonhams – 6 febbraio
RM Sotheby’s – 5 febbraio
Aste Parigi: 337 gioielli in mostra. - 1RuoteclassicheAste Parigi: 337 gioielli in mostra. - 2RuoteclassicheAste Parigi: 337 gioielli in mostra. - 3RuoteclassicheAste Parigi: 337 gioielli in mostra. - 4RuoteclassicheAste Parigi: 337 gioielli in mostra. - 5RuoteclassicheAste Parigi: 337 gioielli in mostra. - 6RuoteclassicheAste Parigi: 337 gioielli in mostra. - 7RuoteclassicheAste Parigi: 337 gioielli in mostra. - 8RuoteclassicheAste Parigi: 337 gioielli in mostra. - 9RuoteclassicheAste Parigi: 337 gioielli in mostra. - 10RuoteclassicheAste Parigi: 337 gioielli in mostra. - 11RuoteclassicheAste Parigi: 337 gioielli in mostra. - 12RuoteclassicheAste Parigi: 337 gioielli in mostra. - 13RuoteclassicheAste Parigi: 337 gioielli in mostra. - 14RuoteclassicheAste Parigi: 337 gioielli in mostra. - 15RuoteclassicheAste Parigi: 337 gioielli in mostra. - 16RuoteclassicheAste Parigi: 337 gioielli in mostra. - 17RuoteclassicheAste Parigi: 337 gioielli in mostra. - 18RuoteclassicheAste Parigi: 337 gioielli in mostra. - 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La Lotus Exige compie 20 anni. Proposta come versione hardcore della Elise, rispecchia pienamente la visione di Colin Chapman, patron della Lotus, secondo cui: "Aggiungere potenza fa correre forte in rettilineo, togliere peso ti rende veloce ovunque".
La Lotus Exige è essenzialmente la versione chiusa della Elise, dotata di un “cappello” in materiale plastico avvitato sulla testa del pilota. Presentata ufficialmente nel 2000, la Exige è un instant classic: poche auto possono regalare un’esperienza di guida simile, e per questo viene idolatrata sin da subito da fitte schiere di appassionati in tutto il mondo. La Exige ricalca fedelmente lo schema delle Lotus che l'hanno preceduta, tutte caratterizzate dalla leggerezza e dalla purezza di guida, gli ingredienti essenziali per ogni auto che voglia essere realmente sportiva.Corsaiola. La Lotus Exige si configurava come la versione coupé ad alte prestazioni della Elise roadster: in relatà non è la prima variante "chiusa" della Elise, in quanto esisteva una Elise dotata di hardtop fisso pensata esclusivamente per le corse e prodotta a partire dal 1996, chiamata Sport Elise; la Exige, invece, era omologata per la circolazione su strada. Esattamente come le Elise, le prime Lotus Exige sono equipaggiate con i motori MG Rover da 1.8l aspirati“Serie K” VHPD (Very High Performance Derivative), in questo caso da 177 cv, mentre nella versione da pista, la potenza sale a 193 cv. La Lotus Exige ostenta con fierezza la sua origine corsaiola: a differenza sella Elise, troviamo infatti un grande spoiler posteriore che ne ottimizza l’aerodinamica generando 80 kg di spinta verso il basso a 160 km/h. Il peso è ripartito in una percentuale 40-60 tra anteriore e posteriore, con le masse principali raccolte vicino al baricentro al fine di ridurre al minimo il momento d'inerzia, aumentando così la maneggevolezza. Un'altra fra le peculiarità tecniche della prima Lotus Exige "S1” (anche in questo caso ripresa dalla Elise), riguarda gli speciali freni a matrice metallica composita (MMC) in alluminio speciale al carburo di silicio, realizzati dall’americana Lanxide Corp che garantivano un'efficacia formidabile e un “peso piuma”, in linea con lo spirito dell'auto. Questa soluzione verrà abbandonata sulla seconda serie, in favore di dischi convenzionali... La Exige si rivolge quindi a un target molto più “tecnico” della sorella Elise, in quanto è dedicata espressamente a chi intende usare spesso l’auto in pista. La prima serie della Lotus Exige è stata prodotta tra il 2000 e il 2001 in 604 di esemplari.
Evoluzione continua. La seconda generazione della Lotus Exige viene lanciata sul mercato nel 2004, e per l'occasione riceve gli stessi aggiornamenti stilistici della Elise seconda serie (2002): nuova fanaleria allungata e nuovi colori. Nuovi anche i motori di origine Toyota, che sviluppati con Yamaha, portano la potenza a quota 192 cv. L’offerta si amplia nel 2006 con la Exige S, che dotata di compressore (2ZZ-GE) raggiunge i 221 cv. A questa si aggiunse anche la speciale Lotus Exige 240R da ben 247 cv. Le prestazioni? 250 km/h e uno 0-100 in 4 secondi. Entrambe le generazioni condividevano il telaio in alluminio e la carrozzeria in vetroresina rinforzata, ma sulla seconda serie le soglie d’accesso più basse migliorano (di poco) l’accessibilità a bordo. L’adozione di materiali leggeri contiene il peso della Lotus Exige nell'ordine dei 900 chilogrammi: un dato che può sembrare persino “eccessivo” considerando i soli 732 kg della prima serie dell’Elise (S1). Parallelamente all’adozione dei motori Toyota viene introdotto un nuovo cambio a 6 marce, che pur più preciso del precedente, manifesta comunque qualche impuntamento nelle cambiate più brusche. Una nuova messa a punto delle sospensioni evidenzia anche uno sterzo leggermente più pesante e un pelino meno rapido, un comando dal feeling cristallino che resta superiore a quello della stragrande maggioranza delle auto in commercio.
La prova di Quattroruote. "Più la si spinge, meglio risponde" potrebbe essere questa la sintesi della prova di Quattroruote della Lotus Exige (giugno 2001). La Exige va oltre il concetto di automobile, avvicinandosi idealmente al mondo motociclistico per la purezza delle reazioni e per il mero scopo "ludico" per il quale è stata progettata. Il motore si ravviva a partire dai 3 mila giri, con un'ottima ripresa 70-130 km/h in 13,5s. Buono il cambio per innesti e manovrabilità, meno appagante la spaziatura dei rapporti. La dotazione di serie comprende solo ciò che è propedeutico alla guida. Gli optional sono in contraddizione con lo spirito dell'auto: radio, interni in pelle e climatizzatore, ne diluiscono l'essenzialità assoluta. Sufficienti le finiture, ma è consigliabile indossare un impermeabile in caso di maltempo, perchè l'auto non è a tenuta stagna... Il bagagliaio è inesistente, mentre la pedaliera molto ravvicinata necessita di scarpe da pilota. Su strada la visibilità è precaria, la situazione migliora notevolmente nel suo habitat naturale: la pista. Eccellente lo sterzo (senza servoassistenza), preciso e diretto, è un comando dalla direzionalità impressionante. Eccezionale anche l'accelerazione laterale: 1,26g. Nessuna auto provata ha fatto segnare valori migliori. 5 stelle anche per la stabilità, con cambi di direzione fulminei e rollio nullo. I consumi? Circa 5,5 km/l... Sul verdetto finale troviamo una riflessione interessante: "L'Exige non è un'auto per tutti in quanto richiede una buona dose di passione, sensibilità e cultura (anche storica) della'auto."
Il mito Exige. La Lotus Exige è ancora in produzione, in questi 20 anni si sono susseguiti aggiornamenti e innumerevoli versioni a tiratura limitata che differiscono principalmente per potenze e livree, ecco le principali: Exige Cup, Cup 240, Cup 255, British GT, Club Racer, Cup 260. Interessante anche la Lotus Exige 265E , che può essere alimentata a Etanolo E85. Nel 2012 la Lotus Exige viene sottoposta a un pesante retsyling che introduce la terza generazione: esteticamente risaltano subito il frontale completamente ridisegnato e il layout posteriore. Rivoluzione anche per quanto riguarda il motore, che adesso è un 3.5 V6 da 345 cv preso in prestito dalla Lotus Evora S. Con un peso stimato di 1176 kg e il motore 6 cilindri, è la prima Exige che supera "il limite" della tonnellata. La Lotus Exige si avvicina così al mondo delle granturismo più estreme, senza che ne venga compromessa l'indole dichiaratamente pistaiola. Attualmente i modelli Exige sono 3: Exige Sport 350 e 410 (da 350 e 416 cv rispettivamente) e la Cup 430 da ben 436 cv… Dati impressionanti se pensiamo che 20 anni fa, con meno della metà dei cavalli (177), la Exige era già capace di regalare performance eccezionali e una guida a dir poco emozionante. Il bello delle “leggende” è proprio questo, riuscire sempre a superare sé stesse rimanendo fedeli al concetto d’origine.